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Ma splende veramente “Il sol dell’avvenire”?

di | 2023-05-16T09:54:06+02:00 14-5-2023 5:30|Sezione 7, Spettacolo|0 Commenti

PALERMO – “L’ultimo film di Nanni Moretti è un grande intreccio di storia italiana, di storie personali, della storia del regista, della storia e del senso del cinema e del fare cinema. Tanta roba che a volte sembra sovrabbondare, ma che per lo più trova una straordinaria e semplice armonia. Si ride, si pensa, ci si riflette: un grandissimo film”.

“Faccio parte della minoranza di coloro che considera Il sol dell’avvenire un ‘non film’. (…) E in effetti non si capisce bene cosa sia l’ultima, perdibile, opera del regista eletto a coscienza critica della sinistra. Il mio giudizio nasce proprio in quanto avevo apprezzato tante sue pellicole, da Ecce Bombo a Bianca, da Palombella Rossa al Caimano, da La stanza del figlio ad Habemus Papam. In quei casi la sinistra diventa la lente, lo strumento critico per affrontare la condizione umana, i valori universali. Non parla solo a chi è di sinistra Moretti. Parla a tutti. Così intensi, così preveggenti i suoi film, così capaci di carpire lo spirito del tempo. Ma questo? Questo proprio no. Che cos’ha di un film Il sol dell’avvenire? È semplicemente un insulso ‘patchwork’ (ma io preferisco chiamarlo minestrone) autocelebrativo di riferimenti per cinefili amatoriali, condito dalle solite idiosincrasie, ossessioni, gusti e disgusti morettiani”.

Lette su Facebook, le due valutazioni critiche, diametralmente opposte, scritte da due persone colte e autorevoli (il professor Vincenzo Lima, docente di Filosofia e cinefilo esperto, il dottor Francesco Anfossi, giornalista, già editorialista di ‘Famiglia Cristiana’) attestano quanto l’ultimo film di Nanni Moretti sia divisivo e controverso. Alla scrivente non rimaneva che andare a cinema a vederlo, e farsene una sua opinione.

Il film ha come protagonista Giovanni (Nanni Moretti), un regista che sta girando un film su come, in quel momento storico, reagirono i militanti del Partito Comunista Italiano all’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956. Il film di Giovanni è prodotto da sua moglie Paola (Margherita Buy), e finanziato da un altro produttore, Pierre (Mathieu Amalric). Protagonisti del film in progress sono Ennio (Silvio Orlando), giornalista de L’Unità e responsabile della sezione del partito comunista a Quarticciolo, un quartiere di Roma, e la sua compagna Vera (Barbora Bobulova), sarta e militante convinta del partito.

Invitato dalla sezione di Ennio, nel quartiere romano arriva il circo ungherese ‘Budavari’, proprio nei giorni in cui i carri armati sovietici invadono l’Ungheria. La brutale e violenta repressione sovietica, risposta cruenta alle richieste di cambiamento del popolo ungherese, suscita in Vera e in Ennio un tormentato conflitto tra la fedeltà alla posizione filosovietica dei vertici del partito comunista italiano e il loro desiderio e quello di tanti compagni di schierarsi a fianco del popolo ungherese. Durante le riprese, il sostegno economico di Pierre intanto viene meno perché è coinvolto in un’inchiesta giudiziaria.

Silvio Orlando

E allora le cose si complicano. Paola trova il coraggio di confessare a Giovanni che la loro unione trentennale è in crisi. E una mattina Giovanni occupa materialmente il set del film di un altro regista – film di cui è produttrice sempre la moglie Paola – per contestare l’abusata rappresentazione nei film della violenza fine a sé stessa, senza alcun fine etico e catartico. Ci si ferma qui per non raccontare tutto.

Dalla sala cinematografica (piuttosto vuota, in verità) come ne è uscita la sottoscritta? Né delusa, né entusiasta: era il film ‘morettiano’ che si aspettava di vedere. Il regista, infatti, ha confezionato un film intellettuale e autocelebrativo per quanto si voglia, ma comunque intelligente. Moretti utilizza ancora una volta la metafora del cinema nel cinema e la storia (con riflessi autobiografici) del regista in crisi, in un continuo – e a mio avviso convincente – gioco di rimandi tra dimensione pubblica e privata. Il film è strapieno di citazioni e autocitazioni, ma così esplicite, manifeste e ironiche da essere ‘digerite’. Certo, Il sol dell’avvenire è assolutamente cerebrale e lascia poco spazio al sentimento o alle emozioni: niente a che fare con Caro diario, Mia madre, Aprile, La stanza del figlio…

Ma chi, come la sottoscritta, è ‘boomer’ e appassionata di Storia e di Politica, ama il Cinema e vede con sospetto l’appiattimento culturale provocato dalle serie di Netflix, viste in 190 paesi perché si utilizzano gli algoritmi che catturano lo spettatore, riesce a gustare il film senza annoiarsi più di tanto, con un certo interesse e con sufficiente partecipazione. E talvolta con un sorriso.

E se poi la spettatrice è una donna che in cuor suo spera contro ogni speranza in un qualche ‘sol dell’avvenire’, non può che apprezzare, pensosa e commossa, il colpo d’ala dell’inatteso finale…

Maria D’Asaro

 

Già docente e psicopedagogista, dal 2020 giornalista pubblicista. Cura il blog: Mari da solcare
https://maridasolcare.blogspot.com. Ha scritto il libro ‘Una sedia nell’aldilà’ (Diogene Multimedia, Bologna, 2023)

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