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Cambiamenti climatici, scompaiono le api

di | 2023-05-07T06:17:08+02:00 7-5-2023 6:17|Attualità, Sezione 6|0 Commenti

MILANO – Nello scorso mese di aprile un apicoltore ha deciso di spostare in barca due milioni di api con le loro arnie per evitarne la morte dalle falde dell’Etna all’Isola di Portopalo di Capo Passero, punta meridionale estrema della Sicilia. L’inverno particolarmente mite e con picchi decisamente anomali delle temperature ha impedito il letargo ai suoi insetti, ma essi nelle perlustrazioni non hanno trovato fiori da impollinare rischiando così di estinguersi in uno stretto arco di tempo. L’allevatore ha specificato che non si tratta del nomadismo classico per implementare la produzione di miele, ma di “nomadismo etico”, da quando il cambiamento climatico costituisce un’ulteriore grave causa della cosiddetta sindrome dello spopolamento degli alveari “Colony collapse disorder” (Ccd).

Uno studio condotto dal Centro di Ricerca di Bioclimatologia dell’Università di Milano ha confermato che le variazioni del clima determinano una modifica sul servizio ecosistemico dell’impollinazione ed uno stress aggiuntivo per la salute degli insetti. L’ape, al contrario, in tutti i periodi storici e presso tutte le civiltà, ha sempre avuto un valore sacrale e l’utilizzo del miele, sino alla scoperta dell’America, è stato multisettoriale. Simbolicamente essa è per antonomasia il simbolo della laboriosità, della bellezza e della purezza tanto che, per questa connotazione quasi divina, ha rappresentato talvolta l’anima. Parimenti l’organizzazione degli alveari è da sempre considerata un modello ideale di società, in cui una comunità perfettamente organizzata rispetta con operosità e fedeltà l’ordine gerarchico ed ubbidisce ad un’unica autorità.

L’esemplare più antico della specie Apis è stato trovato nel Myanmar, all’interno di un’ambra datata circa cento milioni di anni e del resto dall’estremo Oriente, al Mediterraneo e fino al Nord dell’Europa non c’è civiltà che non abbia elaborato miti e celebrato riti con valenza positiva riferiti alle api. Impossibile citarli tutti ma, per l’affinità dei loro caratteri generali, basti ricordare che in India Visnù, Krishna e Indra sono tuttora chiamati Madhava (nati dal nettare) e sono spesso raffigurati con l’insetto sacro posato su un fiore  di loto; nell’antico Egitto le lacrime di Ra, dio del Sole, si trasformavano in api; nella cultura greca lo stesso Zeus (tra i suoi epiteti anche Melisseo ovvero uomo-ape) da piccolo era stato nutrito con il miele e con il latte della capra Amaltea; in periodo medievale la narrazione di San Giovanni Crisostomo (dalla bocca d’oro) tramanda che fosse nato con uno sciame che gli volteggiava intorno alla bocca a simboleggiare la dolcezza della sua predicazione.

Anche il miele si riteneva che fosse un cibo donato dagli dei all’uomo e derivasse da un pulviscolo con proprietà magiche che vagava nell’aria; per questo era usato nelle cerimonie di propiziazione e magia, soprattutto in quelle legate alla prosperità, alla fertilità ed all’amore oltre che in quelli di purificazione. Per i Druidi, ad esempio, costituiva un componente insostituibile per i filtri medicinali e per l’idromele. Il miele è stato il più importante dolcificante dell’antichità utilizzato per la conservazione della frutta, per confezionare marmellate, per aromatizzare il vino o come condimento su pietanze sia dolci che salate. Era anche apprezzato per le sue capacità terapeutiche, usato nella cosmesi e perfino per imbalsamare i corpi; secondo il racconto, in verità poco attendibile scientificamente, di Svetonio e Stazio, Alessandro Magno fu sepolto in un sarcofago pieno di miele e tre secoli dopo Augusto riuscì ad intravedere le fattezze del leggendario condottiero.

A sancire la centralità dell’ape nell’economia ed a proporre il suo modus vivendi come modello, contribuì sicuramente il poeta latino Virgilio (70 a.C. – 19 a.C.) che dedicò l’intero quarto libro delle “Georgiche” (Georgica) alle api, di cui scrive che “che hanno parte della mente divina”. L’opera è in linea con la propaganda augustea, tanto che l’autore stesso ammette “i duri ordini” (haud mollia iussa) ricevuti da Mecenate, che ne sollecitava la redazione per celebrare il periodo di restaurazione dopo le guerre civili. La pax augustea contrapponeva alla logica di guerra, alla figura del militare (miles) quella del contadino (pius colonus) ed auspicava il ritorno ai campi, abbandonati e devastati dalla furia bellica, in nome di una rinnovata etica del lavoro ispirata al modello delle arnie e supportata dalla autorevolezza degli antichi costumi (Mos Maiorum). Nel IV libro viene enunciata altresì la teoria della Bugonia (βοῦς/Bus bue e γονή /goné progenie), tramite il racconto della fabula di Aristeo. Il giovane apicoltore, figlio di Apollo e della ninfa Cirene, aveva insidiato Euridice promessa sposa di Orfeo, causandone l’accidentale morte. Per questo era stato punito con la moria di tutte le api del suo allevamento; pentitosi, su consiglio della madre, aveva offerto in sacrificio quattro tori e quattro giovenche dalle cui carcasse in putrefazione erano nate, secondo appunto la Bugonia, le api.

La scienza dice che in realtà si tratta degli adulti di alcuni ditteri Sirfidi simili ai maschi del genere Apis e noti come “drone fly,” le cui larve si nutrono di carogne. L’estratto, di valore solo antropologico, rileva il tema della Bugonia, presente in molte culture, ovvero della generazione spontanea della vita da altri elementi naturali (le api dai buoi), oltre che la percezione non violenta della sessualità propria di Virgilio (la riproduzione asessuata delle api). Triste dover oggi registrare le “emigrazioni forzate” dell’operoso animaletto, già minacciato dagli elevati indici di inquinamento e dall’uso dei pesticidi.

L’olfatto di tutti gli insetti impollinatori, ridotto da un raggio di 1200 metri ad uno di 200/300, è in parte già compromesso; eppure essi restano strategici per la conservazione della flora ed il mantenimento della biodiversità. Dovrebbe, pertanto, farci riflettere e decisamente “cambiare rotta” il dato da cui si evince che circa l’84% delle specie di piante e l’80% della produzione alimentare in Europa dipendono in larga misura dall’opera degli insetti pronubi. Per il momento solo poche certezze restano salde: le gioiose note “della gialla e nera ape Maia che vola gaia su un prato verde come il mare”, la celebrazione annuale de “La giornata mondiale dell’ape” (20 maggio) e la scelta di molti genitori di dare ai propri figli il nome di Debora e Melissa che significano ape, rispettivamente in ebraico e in greco.

Adele Reale

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