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Lana marina e bisso sono forse sinonimi?

di | 2023-05-19T20:47:32+02:00 21-5-2023 5:15|Cultura, Sezione 4|0 Commenti

TARANTO – È opinione comune, assai diffusa, che sin dalla più remota antichità il bisso della Pinna nobilis (in italiano: nacchera; in tarantino: parëceddë; in sardo: macigone), il più grande dei molluschi bivalvi del Mediterraneo, venisse tessuto per realizzare abiti preziosissimi. Come tutte le “opinioni comuni”, anche questa, per essere confermata, deve essere accuratamente analizzata e sottoposta a critiche.

Guanto in bisso

Un testo biblico, forse databile tra il 350 ed il 250 a.C., così riporta: «Davide indossava un manto di bisso, come pure tutti i leviti che portavano l’arca, i cantori e Chenania che dirigeva l’esecuzione. Davide aveva inoltre un efod di lino». (I Cr., 15.27).

Per ottenere un chilo di bisso grezzo, ancora da filare e ritorcere, occorrono circa 3000 esemplari di Pinna, oltre a centinaia di ore di lavoro: è possibile che mille anni prima della nascita di Cristo un numero tanto rilevante di persone (il re Davide, i leviti ed i cantori) vestisse un manto così prezioso? E poi: è credibile che tale manto, così pregiato, venisse occultato, nel caso di Davide, al di sotto dell’efod (paramento sacro)? C’è da dubitarne…

Pinna nobilis

Il termine “bisso” (βύσσος in greco e byssus in latino) non sembra avere radici indo-europee, mentre manifesta correlazioni con le lingue semitiche (ebraico bûṣ, accadico būṣu e fenicio bṣ). Che cosa stava ad indicare? Ciò che intendiamo oggi o qualcos’altro?

A giudicare dai testi più antichi, tale termine stava designare un “tipo” di tessuto più che la sua composizione: un tessuto resistente ma leggerissimo, tanto da risultare trasparente, realizzato con diversi tipi di fibre tessili, animali e vegetali, anche se la materia prima d’elezione era il lino.

Velo della Madonna

Per quanto ne sappiamo, la prima volta che venne utilizzato il termine byssus per indicare la “lanuggine” dei bivalvi fu in un passaggio del volume titolato Universae aquatilium historiae, edito nel 1555, in cui l’autore, Guillaume Rondelet, precisò che «Byssus duplex est, terrenus et marinus» (Ci sono due tipi di bisso: di terra e di mare). Come nacque quest’associazione tra il termine byssus e la Pinna? Forse da un errore.

Un umanista di Bisanzio del XV secolo, Theodorus Gaza, nel tradurre un passo di Aristotele dal greco al latino, ha confuso il sostantivo maschile βυσσός, che significa “fondo del mare”, con quello femminile βύσσος, che indica invece un tessuto sottile e resistente (generalmente, come detto, in lino). Aristotele, infatti, scrive: «Αἱ δὲ πίνναι ὀρθαὶ φύονται ἐκ τοῦ βύσσου ἐν τοῖς ἀμμώδεσι καὶ βορβορώδεσιν» (Le pinne crescono verticalmente dal fondo del mare in luoghi melmosi) e Gaza traduce: «Pinnae erectae locis arenosis coenosisque ex bysso» (Le pinne crescono verticalmente dal loro bisso in luoghi melmosi).

Cuffia in bisso

La traduzione di Gaza della Historia animalium di Aristotele venne pubblicata nel 1476 a Venezia ed ebbe successo immediato, superando per importanza e diffusione tutte le precedenti traduzioni: alla fine del XVI secolo, infatti, aveva già visto più di 40 edizioni. Da allora, probabilmente, l’antico termine “bisso”, che in origine nulla aveva a che vedere con il mare, venne utilizzato per indicare la “lanuggine” dei molluschi bivalvi: Ipse dixit! (L’ha detto lui!..), anche se il povero Aristotele aveva detto tutt’altro.

Naturalmente è possibile che il “ciuffo” della Pinna nobilis fosse filato e tessuto anche nell’antichità, ma non esiste alcuna prova documentale al riguardo. Di certo il materiale era noto, ma era indicato, assai probabilmente, come “lana marina”: tὰ ἐκ τῆς θαλάσσης ἔρια come risulta da un’epistola di Alcifrone (II sec. d.C.) o muscosae lanositates, come tramanda Tertulliano (III sec. d.C.). Nel VI secolo lo storico bizantino Procopio scrive di una «clamide fatta con la lana, non quella che producono le pecore, ma quella che si raccoglie nel mare. L’usanza è di chiamare pinne marine l’animale che fornisce questo tipo di lana». Insomma: anticamente il bisso della Pinna era conosciuto ma era indicato come “lana di mare”; nel periodo alto-medievale, inoltre, veniva effettivamente tessuto.

Bisso in lino

Il più antico reperto archeologico dovrebbe essere un frammento di stoffa risalente al IV secolo d.C., trovato nel 1912 nella tomba di una donna ad Aquincum (l’odierna Budapest). Purtroppo, tanto il frammento quanto i giornali di scavo sono andati smarriti durante la 2a guerra mondiale e non c’è la possibilità, oggi, di verificare la correttezza delle indagini a suo tempo esperite.

Nel mondo, in vari musei, esistono una sessantina di reperti sicuramente realizzati in bisso marino, tutti di fattura italiana e databili tra il XVIII ed il XX secolo: cuffie, colletti, polsini, soprattutto guanti e persino una cravatta. Si tratta di complementi di abbigliamento di modesta dimensione, non certo di abiti! Altri reperti, etichettati “in bisso”, o non sono stati analizzati con criteri scientifici (come la tela di Manoppello raffigurante il Volto Santo), oppure sono risultati essere in seta (come il Velo della Madonna custodito ad Assisi).

Piccoli, insignificanti errori interpretativi, in cui inconsapevolmente cadiamo, possono avere conseguenze inimmaginabili: abundans cautela non nocet (la prudenza non è mai troppa).

Riccardo Della Ricca

Nell’immagine di copertina, preziosi polsini in bisso

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