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La moglie “contesa” del Perugino

di | 2023-09-22T22:51:38+02:00 24-9-2023 5:00|Arte, Sezione 1|0 Commenti

PERUGIA – Una immagine su tavola di Maria Maddalena sta suscitando un aspro dibattito tra critici d’arte (tanto per cambiare…).
La Santa (tutti sono d’accordo che la modella che ha posato per il dipinto sia la moglie del Perugino, Chiara Fancelli) viene indicata come lavoro di Raffaello Sanzio, che dell’artista umbro era stato allievo. La novità è stata resa nota lo scorso 15 settembre in un convegno (dal titolo “La bellezza ideale – La visione della perfezione di Raffaello Sanzio”) che si è svolto a Pergola, nelle Marche, dalla dottoressa Anna Lisa Di Maria, al cui fianco si sono schierati anche un docente emerito della Sorbona, Jean Charles Pomerol e l’università di Camerino. A sostegno della tesi gli studiosi hanno portato uno studio spettografico, analisi di laboratorio (dalla quale sarebbe emersa “la tecnica dello spolvero” di cui si giovava l’urbinate), ricerche sui materiali – polvere di vetro e lacche usate per gli smalti – impiegati per il dipinto (e definiti “tipicamente raffaelleschi”). I risultati dell’approfondimento verranno pubblicati, a breve, sulla rivista scientifica “Open science, art and science”.

Chiara Fancelli, moglie del Perugino e modella di Raffaello

Di tavole che rappresentano la Santa – e col volto della Fancelli -, ne esistono varie copie. Una, con tanto di firma del Perugino, si trova alla Galleria Palatina ed un’altra, uscita dalla bottega dell’artista umbro, a Villa Borghese. Ora spunta – da un collezionista privato, pare francese – questa nuova versione, sempre su tavola (di pioppo) con le misure 46×34 e che viene indicata, dai ricercatori, come completata nel 1504.
Contro l’attribuzione si sono scagliati altri esperti. Ad alzare più degli altri i toni della discussione è stato Vittorio Sgarbi. “La Stampa” ne riporta un giudizio tranciante: “Nessuna possibilità che il dipinto propagandato come di Raffaello sia del maestro urbinate. È soltanto uno scoop giornalistico, dal momento che si basa su un’opera di collezione privata, con la legittima aspirazione del proprietario di possedere un Raffaello”.

Anna Lisa Di Maria

Nell’attesa che la vivace “querelle” trovi una sua composizione, definitiva e convincente, il dipinto uscito dalle mura di un privato, può fregiarsi, almeno, di un merito: quello di far emergere la figura e la storia di una donna, bellissima e dolce, che nella Firenze di fine Quattrocento aveva raccolto l’eredità di bellezza della “sans par”, cioè la genovese Simonetta Cattaneo in Vespucci, nata nel 1453 e morta di malattia nel 1576, cantata dai poeti della cerchia di Lorenzo de’ Medici (ed anche dallo stesso Magnifico), oltre che musa di numerosi pittori a cominciare da Sandro Filipepi detto il Botticelli, che di lei si sarebbe perdutamente, quanto senza speranza, innamorato. Chiara (nata intorno al 1470 e deceduta nel 1541) aveva una ventina d’anni meno del Perugino. Il quale in gioventù si era dimostrato uno scapestrato dongiovanni, tanto da essere finito in tribunale (e condannato, sia pure in forma lieve) per aver picchiato a sangue, in un agguato notturno, insieme ad uno dei suoi allievi (correva il 1486-87), un macellaio con il quale si contendeva le grazie di una prosperosa fiorentina.

Il professor Jean Charles Pomerol

La Fancelli – figlia dell’architetto Luca, attivo non solo a Firenze, ma anche alla corte dei Gonzaga  a Mantova e dei Visconti a Milano – appariva di tutt’altra pasta, rispetto alle donne concupite dal pittore: seria, riservata, tutta casa e famiglia. Il matrimonio fu celebrato nel 1493 a Fiesole, dove la ragazza viveva con i suoi. E fruttò allo sposo, non solo una moglie giovane, splendida e fedele, ma in aggiunta la rilevante somma di 500 fiorini di dote. Chissà quante chiacchiere intorno a questa cospicua donazione matrimoniale tanto più che Giorgio Vasari descrisse il Perugino non solo come non credente, anzi ateo, ma pure taccagno ed attaccato, oltre misura, al denaro…

Raffaello Sanzio

Già l’anno dopo le nozze, Chiara cominciò a posare come modella per il marito. E le Madonne e Sante con il suo volto (“di soave mestizia”, per dirla con Piero Bargellini), che il Perugino sfornava dalla sua bottega (ne gestiva una in Firenze che era stata di proprietà di Leon Battista Alberti ed una a Perugia) piacquero moltissimo ai fiorentini ed in particolare a Girolamo Savonarola, che spentosi il Magnifico, si era trasformato in pratica da predicatore quale era e priore di un convento importante quale quello di San Marco, in capo di una vera e propria teocrazia, governando con piglio intransigente la città del Giglio.

Il Perugino

Durante l’apprendistato – durato grosso modo sette anni, sia pure forse non continuativi – di Raffaello nella bottega del Perugino, il giovanissimo urbinate ebbe modo di poter contare, anche lui, su una modella della bellezza della Fancelli. Il Sanzio, poi, si trasferì prima a Firenze e successivamente a Roma. Chiara nel frattempo aveva cominciato a dare figli al Perugino: cinque per la precisione (tre maschi e due femmine). Quando il marito, colpito dalla peste, morì a Fontignano, la vedova rientrò a Firenze. L’anno dopo scrisse ad Isabella d’Este duchessa di Mantova (era stata impalmata da un Gonzaga) offrendo in vendita un’opera del marito (“Marte e Venere sorpresi da Vulcano”); ma la nobildonna rifiutò l’acquisto.

La Fancelli sopravvisse al coniuge diciotto anni. Quando si spense volle essere sepolta nella basilica della Santissima Annunziata, una delle chiese più venerate e frequentate di Firenze, nella quale aveva lavorato come architetto, anche suo padre, Luca e dove il Perugino aveva lasciato un discusso (ritenuto “ripetitivo”) dipinto: la Pala dell’Annunziata, l’ultimo lavoro effettuato a Firenze.

Elio Clero Bertoldi

Nell’immagine di copertina, il dipinto attribuito a Raffaello con Chiara Fancelli, moglie del Perugino, come modella

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