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“Belli” a tutti i costi: una vera patologia

di | 2021-07-18T10:34:21+02:00 18-7-2021 8:15|Attualità, Sezione 4|1 Comment

ROMA – Essere “fighi o fighe” significava un tempo anche essere non omologati, diversi, originali e fregarsene del giudizio altrui. E’ vero, tuttavia, che i canoni di bellezza nel tempo ci sono sempre stati e sono pure cambiati assecondando mode o traendo ispirazione da personaggi visti un po’ come simboli di un’epoca o di un modo di pensare. Essere gradevoli all’aspetto, però, non era mai stato un obiettivo da vivere con morbosità fino a diventare patologico come oggi. Faceva semplicemente parte della vita e del gusto di ognuno.

Con l’avvento dei social media, invece, la nostra mentalità ha subito un contraccolpo trovandosi, nel giro di un decennio, a competere con modelli estetici a dir poco irraggiungibili che hanno provocato un crollo dell’autostima a livello quasi globale: essere perfetti come le foto postate sui social soprattutto dagli influencer è veramente impossibile e quindi stress, preoccupazione, calo dell’umore e depressione sono sempre in agguato. Queste sono le conseguenze che si manifestano in chi vive la pubblicazione di foto come una performance, un esame da superare: così c’è rischio vada a finire se, come risulta alla Società italiana di medicina estetica, il 40 per cento dei giovani tra i 18 e i 29 anni ricorre a interventi per modificare naso, labbra, palpebre e zigomi. Va bene che ci è sempre piaciuto presentarci al meglio e in forma ma il fatto è che le aspettative estetiche riposte in questi escamotage stanno dando troppi frutti negativi. Il fenomeno si chiama dismorfismo corporeo e in Italia ne è affetto tra il 10 e il 15 per cento di chi si rivolge al chirurgo estetico non accettando il difetto fisico che lo ossessiona, lo fa sentire osservato e giudicato, in pratica rende la sua vita impossibile.

In definitiva, con i social stiamo assistendo al dramma collettivo dell’umanità che stenta a riconoscersi se non in una immagine filtrata, in un selfie ritoccato quando non in un volto completamente nuovo, quasi reso irriconoscibile dal bisturi. Un fenomeno dilagante cui il Parlamento norvegese nei giorni scorsi ha tentato di porre un argine con una legge che impone la segnalazione di eventuali ritocchi alla forma, alla dimensione del corpo e del viso nonché al colore della pelle nelle foto di influencer e aziende affinchè i più giovani sappiano che quelle immagini non rappresentano la realtà e quindi non possono essere prese come modelli. Nel logo dovrà essere esplicitato quale particolare è stato modificato, pena una sanzione pecuniaria.

Il provvedimento non metterà certo fine di colpo all’ossessiva ricerca della perfezione presente sui social ma almeno rappresenta un tentativo di rendere meno invasivo quel canone di bellezza effimero che sta mandando in tilt tante generazioni cui non è ben chiaro quanto il coraggio di mostrarsi per quello che si è sia l’unico antidoto alla vergogna. E non è chiaro neanche che quest’ultima è l’unico impedimento alla libertà delle nostre azioni.

L’iniziativa della Norvegia fa seguito all’attività di alcuni influencer che hanno iniziato già da tempo ad “esporre” i propri difetti valorizzandoli, anzi, evidenziandoli come elementi distintivi della personalità. Tra questi Danae Mercer che ogni giorno posta immagini che la ritraggono con e senza cellulite e smagliature, con occhiaie e borse che spariscono magicamente con i filtri, con rotoli di ciccia trasformati in massa tonica grazie a pose più ardite. Oppure Rory McGuire, un bel ragazzone scozzese, che con la sua evidente voglia facciale sul volto deturpato, è seguito da 13mila followers nella sua campagna per l’uguaglianza.

A loro ogni giorno racconta la sua storia e risponde ai numerosi messaggi dimostrando che essere “fighi” si può, anche non essendo uguale a nessun altro. Anzi, è più facile.

Gloria Zarletti

One Comment

  1. Maurizio 19 luglio 2021 at 18:37 - Reply

    Articolo veramente figo

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