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Bennu, l’asteroide che colpirà la Terra

di | 2024-01-25T18:11:14+01:00 28-1-2024 5:40|Attualità, Sezione9|0 Commenti

NUORO – Bennu, l’asteroide che colpirà la Terra come 22 bombe atomiche. Bennu (denominazione ufficiale 101955 Bennu) è un asteroide poroso, un cosiddetto “rubble pile”. È un asteroide near-Earth del gruppo Apollo ed è costituito da un agglomerato di detriti tenuti insieme dalla sua debole forza di gravità, che è meno di otto milionesimi della gravità sulla Terra. In origine era identificato con la designazione provvisoria 1999 RQ36, ma nell’aprile 2013, dopo la decisione di porlo come obiettivo della missione Osiris-Rex della Nasa, ha ricevuto la denominazione definitiva con riferimento all’omonima divinità minore egizia consacrata al dio Ra e simbolo della nascita e della risurrezione dopo la morte, quindi, dell’eternità della vita.

 

Osservato da lontano, assomiglia a una grande trottola di 300 metri che galleggia nello spazio. Bennu, secondo gli scienziati della Nasa, rappresenta un possibile rischio per la sicurezza della Terra. La sua orbita, infatti, incrocia quella del nostro pianeta, ed esiste una possibilità, per quanto sia infinitesimale, corrispondendo a 1 su 2.700 circa, che verso la fine del XXII secolo entri in collisione con la Terra. Bennu è stato scoperto nel 1999 da LINEAR, acronimo di Lincoln Near-Earth Asteroid Research, un programma di ricerca del Lincoln Laboratory del MIT, in collaborazione con l’USAF e la NASA, per l’individuazione sistematica dei NEO  (Near Earth Object), tramite un telescopio robotico.

L’asteroide ha una forma sferoidale, con un diametro medio di circa 500 metri ed è stato oggetto di minuziose osservazioni effettuate attraverso i radiotelescopi di Arecibo e di Goldstone. È un asteroide carbonaceo di tipo B, forse un residuo primitivo ricco di componenti volatili del sistema solare primordiale. Gli scienziati ritengono che si sia formato da un asteroide molto più grande e ricco di carbonio in un periodo databile da 700 milioni a due miliardi di anni fa. La sua composizione chimica e mineralogica però potrebbe essere molto più antica e risalire a 10 milioni di anni dopo la formazione dell’intero sistema solare.

La missione Osiris-Rex della Nasa ha avuto inizio nel settembre del 2016 con l’obiettivo di raggiungere l’asteroide Bennu e raccogliere un campione di rocce e detriti dalla sua superficie. Bill Nelson, amministratore della Nasa, ha dichiarato che la missione ha lo scopo di migliorare “la nostra comprensione sull’origine del nostro sistema solare e della sua formazione. Per non parlare poi del fatto che Bennu è un asteroide potenzialmente pericoloso e ciò che impareremo dal campione ci aiuterà a capire meglio i tipi di asteroidi che potrebbero incrociare la nostra strada”. L’asteroide si trova ad un minimo di distanza dalla Terra ogni sei anni, presenta un raggio di circa mezzo chilometro, in poco più di quattro ore completa la rotazione attorno al proprio asse e completa la propria orbita attorno al Sole, da cui dista circa 168 milioni di chilometri, in circa 1-2 anni.

I dati raccolti dalla navicella spaziale Osiris-Rex quando era in orbita hanno rivelato che le particelle che compongono l’esterno di Bennu erano poco compattate. Se una persona dovesse mettere piede sulla sua superficie perciò potrebbe affondare come nelle sabbie mobili. Sebbene molti massi che lo compongono risalgano all’infanzia del sistema solare, esso è in realtà conseguenza di un caos più recente originatosi circa un miliardo di anni fa da una collisione avvenuta nella cintura asteroidale che ha distrutto un oggetto largo circa 100 km. Ciò ha originato una grande quantità di detriti che hanno dato vita a un gruppo di asteroidi più piccoli, compreso Bennu.

L’asteroide presenta sulla sua superficie vene minerali primordiali che sono sopravvissute intatte. La più grande tra le vene finora osservate ha una lunghezza di quasi un metro. La navicella spaziale Osiris-Rex ha osservato, inoltre, la presenza di rocce “scoppiettanti”, probabilmente causate dal riscaldamento solare e frammenti di un altro asteroide, Vesta. Gli scienziati hanno mappato circa 1600 massi e 700 crateri e analizzato le varie componenti della luce da essi riflessa avvalendosi delle due camere Ocams a bordo della sonda, MapCam e PolyCam. All’interno del materiale analizzato fino ad ora è stata ritrovata anche una discreta quantità di carbonio, sia in forma di minerali che in forma di molecole organiche.

Gli esperti sottolineano che il lavoro è solo all’inizio e che saranno necessarie ulteriori analisi. Dalle analisi preliminari, comunque, è emerso che il campione di Bennu contiene molecole di acqua inserite in una struttura cristallina di minerali che costituiscono l’asteroide. Questa scoperta è importante perché permette di conoscere come l’acqua è stata incorporata nel materiale solare e, di conseguenza, all’interno dei pianeti. Il materiale raccolto sull’asteroide Bennu consiste in acqua ed elementi base per la vita. Il lavoro di analisi è stato condotto utilizzando tecnologie all’avanguardia come la tomografia computerizzata a raggi X o la microscopia elettronica a scansione. Gli studiosi ritengono che la Terra possieda fiumi, laghi e oceani perché tra 4,5 e 4 miliardi di anni fa il nostro pianeta fu bombardato da una ingente massa di asteroidi che trasportavano acqua ma anche carbonio. Questo l’ha trasformata in un pianeta abitabile anche perché il carbonio forma legami con altri elementi e così produce proteine ed enzimi, nonché gli elementi costitutivi del codice genetico, DNA e RNA.

La sonda Osiris-Rex non è stata la prima a incontrare un asteroide e a riportarne dei campioni da studiare. Il Giappone, nel 2010 e nel 2020, è riuscito nell’impresa due volte, ma ha raccolto però del materiale dagli asteroidi in quantità esigue, corrispondenti a solo 5,4 grammi di polveri. L’asteroide Bennu, secondo la Nasa, è un “artefatto primordiale conservato nel vuoto dello spazio” e ciò lo ha reso un obiettivo attraente per la ricerca. La Nasa ha affermato che conserverà circa il 70 per cento del campione per studi futuri e, come ha affermato Eileen Stansbery, capo della divisione di ricerca sugli astromateriali presso il Johnson Space Center, “i campioni saranno quindi disponibili per nuove domande, nuove tecnologie, nuove strumentazioni disponibili nel lontano futuro”.

L’agenzia spaziale americana ha determinato quale potrebbe essere l’ipotetica data della possibile traiettoria che seguirà Bennu in questi anni. Nel 2135 si avvicinerà molto alla Terra, la data con maggiore probabilità di collisione però sarà il 24 settembre 2182 con 1 probabilità su 2.700, ovvero lo 0,00037%. Come ha spiegato Kelly Fast, capo del programma Nasa di osservazione degli oggetti vicino alla Terra, “la missione di difesa planetaria della Nasa è quella di trovare e monitorare gli asteroidi e le comete che possono avvicinarsi alla Terra e possono costituire un pericolo per il nostro pianeta”.

Sicuramente non abbiamo molto da temere, dato che le probabilità che Bennu diventi una minaccia per noi sono molto basse, comunque la sua orbita continuerà ad essere monitorata essendo questo asteroide uno dei più pericolosi del sistema solare come “1950 DA”, appartenente anch’esso al gruppo Apollo e che ha un’alta probabilità di collidere, un giorno, con la Terra.

Virginia Mariane

Amante del buon cibo, di un libro, della storia, dell’archeologia, dei viaggi e della musica

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