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Autismo, il dramma dei genitori e dei figli

di | 2023-04-09T01:16:36+02:00 9-4-2023 6:10|Cultura, Sezione 3|0 Commenti

MILANO – La Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo (WAAD, World Autism Awareness Day), istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale dell’ONU, è stata celebrata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella con l’inaugurazione a Monza del ristorante inclusivo PizzAut, gestito da ragazzi autistici con il supporto di professionisti della ristorazione e di esperti educatori. Tanti i momenti commoventi della cerimonia: dall’Inno alla gioia eseguito con il violino da Andrea alla citazione di Nico dall’articolo primo della Costituzione, con una significativa modifica “L’Italia è una Repubblica, fondata anche sul nostro lavoro”; l’iniziativa ha l’intento di offrire così a questi ragazzi un presente fatto di dignità e lavoro per la realizzazione delle loro speranze e dei loro sogni.

I disturbi dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorders, ASD) sono molto diversi tra loro sia per gravità (distinta in tre livelli) che per i consequenziali comportamenti; in genere essi si caratterizzano per una compromissione qualitativa nelle aree dell’interazione sociale e della comunicazione e per l’assunzione di modelli ripetitivi e stereotipati di comportamento, interessi e attività. I dati dell’Osservatorio Nazionale del Ministero della Salute in Italia riportano che un bambino su 77 (età 7-9 anni) presenta un disturbo dello spettro autistico. Altrettanto diversificati i modi di accettazione e corrispondenza nei confronti delle persone autistiche da parte dei cosiddetti normali, anche se ogni modalità di approccio alla diversità non dovrebbe passare attraverso la patologizzazione, che induce inevitabilmente alla percezione delle differenze come difetti da curare e guarire.

Significative due opere del panorama letterario più recente: “Se ti abbraccio, non aver paura” di Fulvio Ervas (2012) e “Fame d’aria” di Daniele Mencarelli (2023), che raccontano le storie di due padri apparentemente distanti, ma profondamente simili. Alla base di entrambe il difficile percorso genitoriale con figli autistici ed un viaggio, in qualche modo, sempre risolutore. Nel primo romanzo l’autore narra la storia vera di Franco, un padre cinquantenne, che decide di sovvertire i ritmi della quotidianità con un viaggio verso le Americhe insieme al figlio Andrea. Il ragazzo ha sempre voglia di abbracciare e toccare la pancia di tutti, provocando immediate reazioni, anche di rifiuto e stizza, negli sconosciuti; ma questo è il suo modo di relazionarsi con gli altri, difficile per lui farlo con le parole, poiché il suo lessico è elementare e quasi privo di sintassi.

Il suo è un mondo lontano, chiuso in una sorta di iperuranio inaccessibile ai più, ma grazie al lungo viaggio verso l’America, Brasile, Messico e Guatemala l’epifania si manifesta, pur tra innumerevoli difficoltà e pericoli. Abbandonata la normalità di una routine consolidata, Andrea non è più soltanto il figlio autistico, ma un adolescente che vive la vita come gli altri, pur guardando la realtà in modo “altro”. Alla fine l’esperienza, che avrebbe potuto causare un pericoloso sradicamento, rinsalda la sintonia con il padre “non c’è bisogno di altro, come quando senti l’amore che si diffonde e ha il sapore di un liquido dolce”.

Naturalmente non mancano i momenti negativi, quelli dello sconforto, del perdersi estraniato di Andrea, della diffidenza degli altri; ma anche quelli, in cui sembra impossibile trovare qualsiasi varco, lasciano il posto alla fiducia, alla speranza. Lungo tutto il racconto emerge l’amore di Fausto per suo figlio, raccontato da Fulvio Ervas con logica semplicità espositiva, sempre pregna di speranza e positività che lascia trasparire le emozioni della vita vera e mai romanzata. Il regista Gabriele Salvatores si è liberamente ispirato al libro per il suo film” Tutto il mio folle amore” (2019) che, pur nella diversità del linguaggio cinematografico e della variazione di alcuni contenuti, sottolinea la grande forza dei sentimenti ed un modo particolarmente attento di confrontarsi con la diversità ed il disagio. Ben a ragione la critica ha recensito questo road movie, definendolo “girato con grazia ed empatia, felicemente, a briglia sciolta”.

Lo scrittore Fulvio Ervas

Altro stile, altra rabbia, altro registro espositivo in “Fame d’aria” di Daniele Mencarelli che presenta la storia toccante di Pietro e di suo figlio Jacopo, affetto da autismo a basso funzionamento, una forma rara e molto grave. Mentre sono in viaggio per raggiungere Marina di Ginosa (Puglia), ufficialmente per festeggiare l’anniversario delle nozze (la storia rivelerà altri risvolti) sono obbligati ad una sosta nel piccolo paesino di Sant’Anna del Sannio (Molise) per un guasto alla vecchia Golf. Pietro, a differenza della moglie, non ha mai accettato completamente né rielaborato la condizione di Jacopo che non è autosufficiente, deambula male, si esprime con un unico suono “Mmmm” e viene scosso da stereotipie delle mani e movimenti scomposti e violenti quando è solo anche per pochi minuti.

Nel paese spopolato “un presepio impolverato e buttato in cantina” trovano alloggio nell’unica locanda “Da Arturo”, punto di ritrovo dei paesani, umanità semplice e intrisa di sofferenza e rassegnazione che si rapporta con Iacopo con empatia ed innesca in Pietro un altro viaggio, quello nella sua interiorità. Tutto ciò gli consentirà di attenuare le tinte fosche della sua visione di vita, basata su un’assoluta e rabbiosa indifferenza verso tutto e tutti e di una sorta di disamore perfino per il figlio, che chiama con amaro sarcasmo Scrondo. Gli pesa, inoltre, la sua condizione economica che gli fa rasentare la povertà, “non essendoci alcuna forma di sostegno dello Stato per le terapie; la normalità è una lotteria, e la malattia di un figlio, tanto più se hai un solo reddito, diventa una maledizione”.

Caduta miseramente ogni speranza di guarigione, desertificata la capacità di provare sentimenti, egli non scorge alcun barlume di luce neppure in Dio, spesso si chiede chi “ci sia lassù” e che cosa abbia fatto per meritarsi un figlio “estraneo pure a se stesso”, quasi fosse solo una macchina. In seguito ad un evento inaspettato, Pietro intravede la possibilità di poter “respirare”, ma l’assenza di un finale tradizionale lascia intenso un senso di soffocamento, di persistente ed insaziabile “fame d’aria”, che accompagna la narrazione sin dall’incipit.

Daniele Mencarelli

Daniele Mencarelli col suo stile franto, diretto, duro racconta senza alcun orpello di speranzosa retorica gli eventi, contestualizzati in un plumbeo mondo di disperazione ed alla fine la storia rimane aperta, per così dire senza guarigione proprio come per l’autismo.

Oggi in campo scientifico alcuni progressi sono stati conseguiti, ma resta ancora tanto da fare nel settore della ricerca sull’autismo. Nel frattempo la letteratura senza sbandierare soluzioni, certezze o verità assolute può servire a mediare attraverso le sue pagine un messaggio per migliorare, riflettere, amare.

Adele Reale

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