//GLI INDESCRIVIBILI PROFUMI CHE TROVANO ESPRESSIONE IN UN LINGUAGGIO Valentina Pani 3DB (Linguistico-spagnolo)

GLI INDESCRIVIBILI PROFUMI CHE TROVANO ESPRESSIONE IN UN LINGUAGGIO Valentina Pani 3DB (Linguistico-spagnolo)

di | 2024-04-21T01:19:57+02:00 21-4-2024 1:19|Alboscuole|0 Commenti
Nella nostra vita quotidiana abbiamo la possibilità di percepire diversi odori o profumi. Alcuni possono essere particolarmente apprezzati o al contrario detestati dalle persone, come quello dell’erba fresca tagliata. Tra questi vi è anche il profumo della pioggia estiva che nell’immaginario collettivo viene associato all'”asfalto bagnato”. L’odore che emanano le strade dopo un acquazzone estivo, per molti sembra avere un effetto rilassante e rievocativo della bella stagione. Tuttavia non ci poniamo mai la domanda sul perché siamo portati ad associare immagini ad odori e non a comuni parole. La risposta è semplice: non esistono, nel nostro linguaggio, parole che possano descrivere questi ultimi. Descrivendo gli odori tramite similitudini con oggetti fisici cerchiamo di comunicare esperienze olfattive altrimenti inenarrabili solo con parole. Questo approccio descrittivo presenta dei limiti nel trasmettere compiutamente la complessità delle sensazioni olfattive, ma non in Malesia. Di fatto, nella penisola malese, specialmente grazie agli studi della psicologa Asifa Majid e del linguista Niclas Burenhult, sono state trovate prove riguardanti il “linguaggio degli odori” tratto direttamente dalla lingua jahai. Il vocabolario olfattivo del popolo Jahai risulta molto dettagliato e permette di distinguere varie sfumature nelle percezioni olfattive. Ad esempio, la parola “itpit” viene utilizzata per indicare il profumo di alcuni fiori, frutti maturi, legno di aquilaria e un animale chiamato binturong, l’orso gatto. Un’altra parola tratta da questo linguaggio degli odori è cŋɛs, utilizzata dagli esperti per descrivere in modo specifico e tecnico l’odore di benzina, fumo, escrementi e tane di pipistrello, alcune specie di millepiedi e le radici dello zenzero selvatico. Anche i nativi della Thailandia, i Maniq, possiedono un ampio vocabolario di termini specifici per descrivere gli odori. Grazie a questo ricco lessico sono in grado di comunicare con precisione le diverse sfumature olfattive, elemento importante nella loro cultura. Lo affermò il giornalista Ed Yong dimostrando la sua tesi. Queste affascinanti popolazioni utilizzano terminologie astratte in egual modo a quelle che si riferiscono ai colori che noi tutti conosciamo; verde, viola, azzurro… Avendo tali prove si presuppone che codeste popolazioni posseggano le giuste capacità per descrivere i colori. Così si dimostrò, successivamente ad un esperimento messo in atto da diversi scienziati. Hanno sottoposto ad un gruppo di soggetti che parlano tale lingua una serie di stimoli olfattivi e cromatici, gli stessi presentati anche ad un gruppo di controllo di parlanti nativi dell’inglese. Il risultato fu prevedibile. Di fatto, le popolazioni jahai diedero risposte coerenti e lineari rispetto a quelle inglesi che tendevano ad attribuire agli odori immagini a loro ricorrenti, senza però ottenere un’apparente risposta. In conclusione, la difficoltà nell’attribuire un nome agli odori deriva da una combinazione di fattori culturali e biologici. A livello culturale non esiste una terminologia condivisa per descrivere le diverse percezioni olfattive, a differenza di quanto accade per altri sensi come la vista o l’udito. Biologicamente il sistema olfattivo umano è in grado di distinguere migliaia di odori diversi, ma il nostro vocabolario è limitato nel dar loro un’etichetta precisa. Questa discrepanza rende complesso il compito di comunicare ed etichettare in modo univoco le sensazioni olfattive attraverso il linguaggio.