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A Marcetelli il Festival “Mani e Mestieri”

di | 2024-06-21T18:03:31+02:00 23-6-2024 5:10|Cultura, Sezione 3|0 Commenti

MARCETELLI (Rieti) – Si conclude a Marcetelli (nel Reatino) la prima edizione del Festival Mani e Mestieri, dedicato all’artigianato locale. Mostre delle sculture in legno di Felice Ruffini, foto storiche, pitture della Schola di Franco Bellardi, stand gastronomici, laboratori artigianali, visite guidate al centro storico, al museo ‘La bottega del cerchiaro’ e alla chiesa di S. Maria in Villa (con affreschi del ‘500). Marcetelli, borgo medievale ben conservato, è il comune più piccolo del Lazio (e il secondo più piccolo in Italia), a cavallo tra la valle del Turano e la valle del Salto, con una storia importante, che lo lega al comune di Monteflavio, oggi nel Parco dei Monti Lucetili. Ne scrive lo storico Roberto Marinelli nel libro “Il lavoro tra passato e futuro” (ed. Rubettino, pubblicato con i contributi del Dipartimento Scienze Economiche e Sociali dell’Università Politecnica delle Marche), nel capitolo ‘I cerchiari, una comunità in cammino’.

La famiglia Mareri era proprietaria del castello di Marcetelli (XII/XIII secolo), lo persero in seguito a vicende politiche avverse, per poi riprenderlo intorno al 1500. La famiglia baronale, un tempo potente, era ormai in declino (al massimo del suo potere, nel Medio Evo partecipò alla fondazione dell’Aquila) e non era più attenta ai bisogni della popolazione, imponeva oneri fiscali, non manteneva le opere pubbliche. Nel 1578 il cardinale Flavio Orsini, che con il fratello Virgilio era proprietario della tenuta di Montefalco, sito fortificato del XIII secolo, con molte terre incolte, boschi, la pieve di S. Martino per la cura delle anime, chiamò il paese a trasferirsi per partecipare alla fondazione del comune di Monteflavio, chiamato così in onore del cardinale. Con la firma di un Capitolato, conservato nel comune di Monteflavio, venne riconosciuto il nuovo feudo.

“I Marcetellani non fuggivano da guerre o carestie – scrive Marinelli – decisero consapevolmente di farsi coinvolgere in uno di quei fenomeni di sinecismo, che hanno caratterizzato la storia del popolamento in ogni epoca, azzardando di scegliere a quale barone sottomettersi, forti della loro riconosciuta abilità come artigiani del legno, votati soprattutto alla realizzazione di botti e tini”. A Marcetelli restarono quaranta famiglie, trentaquattro firmarono il contratto, che prometteva sgravi fiscali ed esenzioni, lasciando la tirannia fiscale dei Mareri, scegliendo gli Orsini, costruendo le prime casette in legno. La loro fu una vera epopea: i cerchiari di Marcetelli e i “circhjari” di Monteflavio, artigiani per antonomasia, erano richiesti in Sabina, a Rieti, nella Valle del Velino, nel Cicolano, nell’Abruzzo aquilano, Marsica, Marche, Valle dell’Aniene e Campagna Romana. La ricerca di Marinelli si avvale anche delle memorie di Antonio Cipolloni e della collezione di antichi utensili di Severino Cipolloni, originari di Marcetelli.

A metà del ‘600 le proprietà passarono dagli Orsini ai Barberini (incluso Marcetelli) e ci fu una seconda emigrazione, che portò a Monteflavio mano d’opera, contadini e artigiani. A Monteflavio si iniziarono a fabbricare torce, doghe, cerchi per botti. A Marcetelli i cerchiari costruivano botti, tini, mastelli, recipienti di tutte le dimensioni e forme, un’attività che richiede grande precisione, con l’uso di strumenti e scalpelli costruiti da loro stessi, per sagomare il legno, piegarlo, legarlo. Tutti gli attrezzi avevano nomi precisi: lu segaréllu a quattro mani (uno a capo, uno a piedi), la segarola, per realizzare i rocchi (i tronchetti), il coltello delle doghe, quello per dare la svasatura, quello per fare i cerchi, lu cortellu a cuccà, la segarella per i fondi dei tini, la rasora per rifinire l’interno dei recipienti, lu crapulaturu per smussare il fondo del tino e poterlo incastrare con le doghe. Mazzuolo e cuneo servivano per battere i cerchi intorno al recipiente. I manufatti si caricavano sui carri e si andava ai mercati, poi nel periodo della vendemmia c’era il lavoro ambulante, spesso a piedi, caricando i cerchi pronti, la sega piccola, i coltelli, il mazzuolo, compasso e sacca, per riparare tini e botti.

Uno degli ultimi cerchiari

La loro attività artigianale però, non venne mai inserita nella corporazione delle arti, perché la costruzione di botti e tini era considerata strettamente legata all’agricoltura. L’albero di castagno, non innestato, veniva abbattuto dopo il plenilunio di gennaio, segato a luna calante, con il legno di cerro si costruivano le fasce, le doghe venivano piegate e sagomate con il fuoco, tutto si teneva senza chiodi. Il ferro per i cerchi era lavorato nelle ferriere (una era nel vicino comune di Varco Sabino), che nel Cinquecento rifornì di chiodi il cantiere per la costruzione della basilica di S. Pietro. Anche nella Conca reatina c’erano i ‘cerchiari’ (una frazione del comune di Rieti si chiama proprio Cerchiara). Fino al 1961 Marcetelli aveva 590 famiglie, poi la produzione di botti, tini, recipienti in legno diminuì e iniziò lo spopolamento. Nel 1975 erano rimaste due sole ditte individuali di manifatture artigianali. Tuttavia, nell’analisi dell’economia della provincia di Rieti (costituita nel 1927) pubblicata da Nicola Calabrese nel 1933, non vengono menzionate le piccole aziende artigianali di recipienti in legno.

Le due comunità di Marcetelli e Monteflavio non si sono perse di vista, ricostruendo con un gemellaggio il legame con il luogo di origine, organizzando incontri ed eventi. Monteflavio oggi ha più di mille abitanti, Marcetelli non arriva a 100.

Francesca Sammarco

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