//Sempre più vecchi, sempre meno neonati

Sempre più vecchi, sempre meno neonati

di | 2024-01-06T12:29:35+01:00 7-1-2024 6:00|Punto e Virgola|0 Commenti

In Italia nascono sempre meno bimbi e, contestualmente, siamo in media sempre più vecchi. E’, in estrema sintesi, la “fotografia” scattata dall’Istat nel consueto report “Popolazione residente e dinamica demografica”, pubblicato sul finire dello scorso anno. Innanzitutto i numeri: al 31 dicembre 2022 la popolazione in Italia contava 58.997.201 residenti, con una flessione rispetto al 2021 di 32.932 individui. Ancora in calo la natalità: nel 2022 -1,7% di nascite, con previsioni per il 2023 ugualmente negative.

Senza scendere in analisi dettagliate, in merito alle quali è bene che si pronuncino gli esperti, basta solo un po’ di buonsenso per rendersi conto che da questi primi dati viene fuori l’immagine chiara di un Paese ripiegato su se stesso, con scarsa fiducia nel futuro, più impegnato ad amministrare il presente (e a rimembrare il passato…) che a programmare il futuro. C’è da preoccuparsi di fronte ad una situazione del genere? Sinceramente sì, perché è di facile evidenza notare che l’invecchiamento progressivo della popolazione associato al costante calo delle nascite sono segnali inequivocabili di declino. Sociale, culturale ed anche economico.

La diminuzione del numero dei neonati è in gran parte determinata dal calo della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni), oltre che dalla continua diminuzione della fecondità. Nel 2022 il numero medio di figli per donna è pari a 1,24, valore in lieve calo rispetto all’anno precedente (1,25) e in linea con il trend decrescente in atto dal 2010. L’età media al parto rimane stabile rispetto al 2021 (32,4 anni), mentre l’età media alla nascita del primo figlio si attesta a 31,6 anni. I nati residenti in Italia sono 393mila nel 2022, con un tasso di natalità del 6,7 per mille. Si rilevano quasi 7mila nascite in meno rispetto al 2021 (-1,7%), e ben 183mila in meno (-31,8%) rispetto al 2008, anno in cui il numero dei nati vivi registrò il più alto valore dall’inizio degli anni Duemila. I nati da genitori entrambi stranieri sono 53mila e costituiscono il 13,5% del totale dei nati.

Scendendo di più nel dettaglio, si nota che il 61,3% dei 7.904 comuni italiani (4.843) perde popolazione rispetto all’anno precedente, mentre un leggero incremento si osserva solo in 2.936 Comuni dove risiedono circa 28 milioni 325mila persone, il 48% della popolazione a fine 2022. Il decremento di popolazione interessa soprattutto i piccoli Comuni fino a 5mila abitanti (che rappresentano ben il 70% degli italici Comuni e che costituiscono la vera struttura portante del sistema sociale), i due terzi dei quali perdono popolazione rispetto al Censimento 2021. Seguono i Comuni nella classe 50-100mila abitanti (1,2% del totale), tra i quali la quota che perde popolazione è pari al 58,9%. Di quelli medio-piccoli, con 5-20mila e 20-50mila abitanti (28,3%), perde popolazione poco più della metà (rispettivamente il 51,8% e il 52,8%). Tra i 44 comuni con oltre 100mila abitanti la metà guadagna popolazione (erano solo 5 tra il 2020 e il 2021), mentre tra i restanti 22 il saldo è negativo rispetto al censimento 2021, per un totale di 19.835 residenti in meno.

A fine 2022 l’età media è pari a 46,4 anni per il totale della popolazione (47,8 anni per le donne, 44,9  per gli uomini). Rispetto al 2021, quando l’età media era pari a 46,2 anni si consegue un ulteriore passo in avanti nel processo di invecchiamento della popolazione. Rispetto all’anno precedente diminuisce di poco il peso percentuale degli individui in età 0-9 anni e quello degli individui in età 35-49 anni. Aumenta, invece, di poco quello degli individui in età 55-79 anni.

L’invecchiamento della popolazione è un processo che accomuna tutte le realtà del territorio pur in presenza di una certa variabilità. La Campania, con un’età media di 43,9 anni (era 43,6 nel 2021), continua a essere la Regione più “giovane” mentre la Liguria, con un’età media di 49,5 anni (era 49,4 nel 2021) si conferma quella più “anziana”. Orta di Atella (Caserta) si conferma il comune più ‘giovane’ d’Italia con un’età media di 36,9 anni (era 36,6 nel 2021), mentre Ribordone (in provincia di Torino, con appena 50 abitanti), è quello con l’età media più alta: 65,5. Il progressivo invecchiamento della popolazione è ben evidenziato anche dal diretto confronto tra la numerosità degli anziani e quella dei giovani. Continua, infatti, a crescere l’indice di vecchiaia (che misura il numero persone di 65 anni e più ogni 100 giovani di 0-14 anni) che passa dal 187,6% del 2021 al 193,1% del 2022 (era pari al 148,7% nel 2011). Valori più bassi di tale indicatore afferiscono alla Campania e al Trentino-Alto Adige (rispettivamente 148,6% e 150,8%), mentre il valore più alto si registra in Liguria (270,8%).

Nel 2022 i decessi sono stati 715mila, 342mila (48%) dei quali hanno interessato gli uomini e 373mila le donne (52%), per un tasso di mortalità complessivo pari al 12,1 per mille. Rispetto all’anno precedente il numero dei morti cresce di quasi 14mila unità con un incremento pari al 2%, in linea con l’intrinseca tendenza all’aumento, sottostante il progressivo invecchiamento della popolazione. Il più alto numero di decessi si è avuto durante i mesi più rigidi (gennaio e dicembre) e in quelli più caldi (luglio e agosto).

Di fronte a tanti segni negativi, c’è però anche qualche segnale incoraggiante: nel 2022 sono stati celebrati in Italia 189.140 matrimoni, il 4,8% in più rispetto al 2021 e il 2,7% in più in confronto al 2019, anno precedente la crisi pandemica, durante la quale molte coppie hanno rinviato le nozze. Sono state 2.813 le unioni civili tra coppie dello stesso sesso nel 2022 e mostrano un aumento rispetto all’anno precedente (+31,0%) e un sostanziale incremento anche rispetto al 2019 (+22,5%). Considerando i dati provvisori dei primi otto mesi del 2023 la tendenza all’aumento appare confermata.

Infine, un dato preoccupante e purtroppo tutt’altro che positivo: le condizioni generali di sopravvivenza risultano più favorevoli nel Centro-nord, come testimonia l’indicatore sulla speranza di vita alla nascita. La Provincia autonoma di Trento è l’area del Paese, tra le Regioni, con la più alta speranza di vita alla nascita sia tra gli uomini (82,1 anni) sia tra le donne (86,3). La Campania, con valori della speranza di vita alla nascita di 79 anni per gli uomini e di 83,1 per le donne, resta la Regione dove si vive meno a lungo. Non è affatto casuale che mediamente si viva più a lungo nel Centro-Nord, dove oggettivamente ci sono migliori condizioni di vita per qualità, ad esempio, dell’assistenza sanitaria e, più in generale, delle condizioni socio-economiche.

Questa oggi è la nostra Italia che, complessivamente, appare stanca e affannata, senza particolari prospettive, anche se manifesta in diversi settori punte di eccellenza assoluta a livello mondiale. E magari se i nostri giovani ricercatori fossero pagati meglio e non fossero quasi costretti ad andarsene all’estero, le cose andrebbero sicuramente meglio.

Buona domenica.

 

 

 

 

 

 

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