//IL FILM “LA ZONA DI INTERESSE” DI JONATHAN GLAZER: OSCAR 2024 PER IL MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE E MIGLIOR SONORO E GRAN PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA DEL FESTIVAL DI CANNES 2023.

IL FILM “LA ZONA DI INTERESSE” DI JONATHAN GLAZER: OSCAR 2024 PER IL MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE E MIGLIOR SONORO E GRAN PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA DEL FESTIVAL DI CANNES 2023.

di | 2024-03-17T10:09:52+01:00 17-3-2024 10:09|Alboscuole|0 Commenti
di Giovanni Malvestio, Classe 2^ A.  –  Cari lettori e Care lettrici del ‘Foscarini News’ oggi vorrei segnalarvi un film che è uscito nelle sale italiane di recente e precisamente il 22 febbraio 2024, il quale ha vinto numerosi e prestigiosi premi che consiglierei di vedere anche a tutti noi ragazzi della Scuola Secondaria di 1° grado. Il film in questione è “La zona d’interesse” tratto dal libro omonimo del 2014 di Martin Amis. La cosiddetta zona d’interesse era l’area di circa 25 miglia che si estendeva attorno al campo di concentramento di Auschwitz. Il film è ambientato nel 1943; il protagonista Rudolf Hoss è comandante di Auschwitz e vive in una casa adiacente a quel campo di sterminio con sua moglie Hedwig, i loro 5 figli e gli inservienti. La particolarità di questo film è che l’orrore dell’Olocausto non viene mai apertamente mostrato, ma è solo descritto attraverso gli apporti audio. In tutto il film c’è un sottofondo di urla, latrati di cani, spari, locomotive, crepitio dei forni crematori, mentre nella villetta di Hoss, posta al di là del muro di Auschwitz, la vita scorre serena tra gite in riva al fiume, feste in piscina e visite di parenti e amici; tutto ciò è vissuto nella più totale indifferenza. Il personaggio che mi ha colpito di più è Hoss, che in alcune scene di “nomale” vita quotidiana, sembra quasi un bravo padre, ma alla fine il suo unico scopo è quello di sterminare più ebrei possibili, che gli affiora nella mente anche durante una festa quando questo suo pensiero ossessivo è racchiuso nella frase “come posso gasarli tutti”. In una scena è proprio lui che parla con grande freddezza e impassibilità con alcuni esperti di un nuovo progetto: un forno crematorio circolare capace di funzionare a getto continuo che avrebbe velocizzato le operazioni di sterminio. Un altro personaggio altrettanto sconvolgente è la moglie: Hedwig Hoss, la quale desidera soltanto vivere in una bella villa con giardino da sfoggiare ad amici e parenti, poco importa dove sia, a lei andrebbe bene anche dentro Auschwitz. Hedwig si impossessa di molte cose preziose delle ormai inermi donne ebree destinate ad essere vittime del genocidio, quali: pellicce, cosmetici e gioielli, la quale regala alle domestiche mutande e canottiere. Ad un certo punto arriva la madre di Hedwig, alla quale, sua figlia, mostra la bellezza della casa e autoproclamandosi la regina di Auschwitz. L’anziana madre fa i complimenti alla figlia ma di notte guarda sconvolta le fiamme del forno crematorio, visibili dalla finestra della camera in cui dorme, così il giorno dopo fugge senza salutare nessuno. Questo è uno dei pochi punti del film dove qualcuno si rende conto di cosa succede al di là del muro e dove tutti fanno finta di non vedere. Ora qualche elemento storico: Rudolf Hoss, nato a Baden-Baden nel 1901 e morto ad Auschwitz nel 1947, è stato un militare e criminale di guerra, membro delle SS e primo comandante di Auschwitz. A lui si deve l’impiego del gas Zyklon B nelle ‘camere a gas’ per semplificare e velocizzare le uccisioni. Processato a Norimberga fu giudicato colpevole di crimini contro l’umanità. Venne impiccato nel cortile del campo di Auschwitz proprio sul portone dove aveva fatto attaccare il celebre motto “il lavoro rende liberi”. Hoss era sposato con Hedwig, la quale dopo la cattura del marito, scappò col figlio e venne catturata dall’esercito britannico. Probabilmente fu proprio lei che, per essere liberata, rivelò che suo marito cercava di evitare la cattura lavorando come bracciante agricolo sotto il falso nome di Franz Lang. Dopo la cattura di Hoss, Hedwig si risposò e si trasferì in America dove visse fino alla sua morte. I figli di Rudolf ed Hedwig negarono per tutta la vita le atrocità commesse ad Auschwitz, con la seguente argomentazione: “Come fanno a dire che sono morti in tanti, se ci sono stati così tanti sopravvissuti?”. Pochi giorni prima di essere giustiziato Hoss scrisse una lettera di addio al primogenito Klaus in cui lo esortava a conservare il suo buon cuore e a diventare una persona che si lascia guidare da un’umanità calda e sensibile, che pensa e giudica autonomamente, senza credere acriticamente a ciò che viene detto dall’alto, e lo invita nella vita ad ascoltare non solo la ragione, ma anche la voce del suo cuore.