//Dare voce alle emozioni

Dare voce alle emozioni

di | 2020-04-08T16:27:32+02:00 8-4-2020 16:26|Alboscuole|0 Commenti
        di Elisabetta Lezzi-

…Mamma mi ha insegnato cose importanti. Per esempio, che non devo essere avara di parole…

Gabriella Santini, Ragazza di vento

———- Si può essere avari di sentimenti e di parole, avere un animo arido e non incline ad emozionarsi: questo, di solito, accade non per colpa propria ma, sicuramente, come conseguenza “dell’aria che si è respirata” in famiglia. Avarizia è sinonimo di chiusura, di possesso,  mentre le sensazioni e le emozioni, in genere, nascono spontaneamente, lasciando il cuore  libero di ascoltare se stesso e gli altri. Io, per fortuna, ho dei genitori per niente “avari di parole”. Mia madre, con cui trascorro la maggior parte del  tempo, è una persona che ha sempre il sorriso sulle labbra, è spontanea, ha un animo buono, sensibile ma, nello stesso tempo, forte. E’ sempre pronta ad ascoltare gli altri e a donare tutta se stessa, per aiutare chiunque sia in difficoltà, che sia essere umano o animale.  Certo, le “batoste” le prende spesso, perché dimentica che non tutte le persone sono come lei e, nonostante ciò,  non impara mai. Sebbene abbia queste “doti” di generosità e altruismo,  mi ha sempre detto che non avrebbe mai potuto scegliere, ad esempio, di svolgere il lavoro di infermiera, crocerossina o dottoressa: avrebbe sicuramente fatto suoi tutti i dolori e le sofferenze degli ammalati. Però, pensandoci bene, in effetti, nella sua professione, lei  è una vera e propria “crocerossina” ed educatrice dei suoi alunni. Sa essere dura al momento giusto  ma, allo stesso tempo, è sempre pronta ad ascoltarli e a calarsi nei panni di ognuno di loro, e ad utilizzare le strategie più adatte per creare, nella classe, un clima di serenità, collaborazione,  sintonia, fiducia e stima reciproca. La scuola, me lo dice sempre, è “palestra di vita”:  per questo, ogni giorno, mi racconta tutto quello che accade nelle sue classi, di come spesso guidi i suoi alunni, specialmente quelli in difficoltà, ad acquisire una maggiore stima in se stessi, anche soltanto con una semplice  parola di conforto o di gratificazione.  La sua solarità, la sua ricchezza interiore, oltre alla passione per il suo lavoro, sono tutte  “armi” che usa per accendere l’interesse dei ragazzi e sollecitarli ad aprirsi al dialogo e ad esprimersi spontaneamente. Ogni giorno cerca di calarsi dentro il loro “tempo”, dentro il loro “universo” fatto, com’è naturale in un adolescente,  di sentimenti diversi e contrastanti, di ribellioni e di facili entusiasmi. Non lo dico perché si tratta di mia madre, ma lei è veramente una figura  carismatica: va a scuola con piacere, ama i ragazzi e sa come “prenderli”, coglie qualsiasi occasione per educarli alla solidarietà e all’aiuto reciproco. E’ proprio ciò che mi insegna ogni giorno e che poi io, nel mio piccolo, riesco a prendere come esempio. Nella mia classe, infatti,  ho un compagno diversamente abile, che purtroppo non può parlare.  Tra me e  lui, fin da subito, è nato un legame particolare, una vera sintonia: le mie parole, i miei gesti, tutto ciò che uso per comunicare con lui, lo calmano, servono a farlo stare tranquillo e a sentirsi considerato. A volte, mi capita di sorprendere mia madre a parlare anche con gli animali, è una scena veramente molto simpatica, oltre che da pelle d’oca: queste creature la ricambiano, dandole dei baci e facendole le feste, anche loro avvertono che è una persona speciale. Lei, ogni giorno, mi insegna ad essere aperta, a raccontare le esperienze positive e negative vissute durante la giornata e, soprattutto, ad ascoltare e a comprendere gli altri, a partire da mio fratello. Spesso, infatti, quando lei non c’è, faccio io le sue veci: lo aiuto a svolgere i compiti, calandomi nei suoi panni di bambino di quarta elementare. Ho imparato a confrontarmi con il suo mondo, che è stato anche il mio non molti anni fa, e a guidarlo con pazienza, con un dialogo fatto di consigli e di comprensione. Mia madre da sempre mi ha spronato a rispettare le insegnanti, ad accettare i loro rimproveri  e a fare tesoro dei loro consigli; ad analizzare me stessa, nei pregi e nei difetti, per evitare di considerarmi “superiore” ai miei compagni, infine ad usare sempre il dialogo come soluzione dei problemi.