//Una minima infelicità (Neri Pozza – Bloom)

Una minima infelicità (Neri Pozza – Bloom)

di | 2024-04-12T08:59:53+02:00 12-4-2024 8:59|Alboscuole|0 Commenti
                                                               di Fabiola Napolitano “Il silenzio che regnava adesso nella casa, un silenzio pieno di intimità e reciproca compassione, non aveva nulla a che vedere con quello che c’era stato tra me e mia madre, carico solamente d’incertezza”. Queste alcune delle parole dell’esordio letterario di Carmen Verde intitolato “Una minima infelicità”, libro candidato al premio Strega 2023 che nella sua minimalità risulta al contempo spiazzante. La storia è incentrata sulla prima forma d’amore che l’essere umano conosce: l’amore incantato di una figlia in miniatura per una madre che appare ai suoi occhi come un monumento infallibile, come una bellezza inafferrabile (mia madre credeva nell’amore come altri credono in Dio, ma in lei l’amore non aveva mai creduto).Annetta e sua madre, Sofia Vivier, sono due donne che sembrano destinate ad essere come due rette parallele, destinate a non incontrarsi mai, eppure un legame nasce quando in casa arriva una domestica esigente, Clara Bigi, capace di imporre regole rigide e insensate, perfino ad un padre che non si era mai reso presente. Un legame, questo, che durerà poco, poichè l’uscita di scena di questo personaggio, riporta le due protagoniste alla minima infelicità. Un’infelicità che dura giorni, che dura anni, senza mai esplodere, senza mai concedere una vana ostentazione della sua antitesi. Il romanzo è raccontato dalla protagonista adulta che rivive i suoi ricordi attraverso fotografie, ed è lei che arriva addirittura a pensare di essere la causa dell’infelicità di sua madre. Questa non smette mai di essere presente anche quando non c’è più, perché non smette mai di rivivere nella memoria di Annetta (infatti l’anagramma di Vivier è proprio rivivere). Ciò che appare essere minima è la lingua. Minimo è l’inchiostro sulle pagine “Continuavano a piacermi le poesie, il loro andare volontario, senza giungere alla fine del rigo. Giunto ad un certo punto il verso si interrompe. È quello il suo limite. Le labbra allora sperimentano il silenzio”. I capitoli del libro sono brevi e ricchi di spazi bianchi che forse servono ancor di più a sottolineare l’esistenza di uno spazio vuoto, di un vuoto esistente tra le vite delle due protagoniste. Insomma, quello di Carmen Verde è un libro che dovrebbe parlare di una minima Felicità, ma è più giusto saper parlare di infelicità, perché la possiamo conoscere. L’infelicità la sentiamo, la viviamo. Ed è più facile dire “ho conosciuto l’infelicità” che poter dire “ho conosciuto cos’è veramente la felicità”. Ma questo ce l’aveva anticipato anche Orazio e Carmen Verde ne delinea perfettamente i particolari poi per sfociare nel generale.