//#MajoranaDecameron-3^D- Ricette dell’antica Roma

#MajoranaDecameron-3^D- Ricette dell’antica Roma

di | 2020-03-25T22:15:04+01:00 25-3-2020 0:31|Alboscuole|0 Commenti
Di Giuseppe Pio Di Benedetto-3^D-

PULS DEI SOLDATI

I cereali erano l’alimento base della dieta romana e il cibo più facile da produrre dalla farina di grano (oppure miglio o farro) era il puls, una specie di porridge salato o di polenta, preparato lasciando bollire il grano in acqua finché l’acqua non veniva assorbita. Si aggiungevano poi sale e altri ingredienti a piacere. Il puls più pregiato, quello punico, conteneva anche miele, formaggio e uova. Il puls si diffuse nella società romana grazie ai soldati: nell’esercito romano il cibo veniva preparato nel contubernio, la tenda in cui vivevano, mangiavano e dormivano i soldati (a gruppi di 8/10). Tra questi ultimi, un paio si occupava della cucina, e non avendo a disposizione molto tempo e nemmeno un forno per trasformare la farina in pane, ne faceva una saporita poltiglia (parola che deve proprio a puls la sua etimologia).

PANIS QUADRATUS

Il pane era il cibo più diffuso, soprattutto negli ultimi anni dell’impero, quando la fornitura gratuita di cereali cominciò a essere sostituita da pane già pronto. Il pane veniva prodotto su scala industriale in grandi panifici e la forma standard era il panis quadratus, una pagnotta circolare incisa esternamente in modo da ottenere otto fette. Secondo l’archeologa Farrell Monaco, i solchi venivano fatti con un oggetto somigliante ad una ruota di carro (a otto raggi) in miniatura che veniva impressa sull’impasto. «Gli otto spicchi sulla parte superiore della pagnotta probabilmente erano fatti per essere spezzati più facilmente e usati come “utensili da cucina commestibili” per accompagnare stufati, zuppe e legumi.  A Pompei gli archeologi hanno portato alla luce diversi esempi carbonizzati di panis quadratus e molti affreschi che lo raffigurano. A giudicare dalla documentazione archeologica, il panis quadratus era comunemente consumato in ambienti urbani, dove molte persone preferivano acquistare il cibo piuttosto che prepararlo. Il pane più economico era molto scuro, mentre quello più costoso era anche più leggero, essendo prodotto con farina più fine.

IL GARUM DI PESCE

«Si pongono le interiora dei pesci in un recipiente e si salano; anche piccoli pesci, soprattutto latterini o trigliette o menole o ‘bocche di lupo’, o ciò che sembri piccolo; si sala tutto allo stesso modo e si fanno macerare al sole, girandoli spesso. Quando risultano macerati per effetto del caldo, si estrae da essi il garum…». La ricetta di una salsa a base di interiora di pesce fermentate per mesi (il garum, appunto) oggi potrebbe fare storcere il naso a molti, ma ai tempi dei romani non era così: il garum era anzi una salsa molto apprezzata, ritenuta persino una golosità, se preparata con le interiora dei pesci pregiati e con particolari combinazioni di erbe e spezie. Il segreto però era nella giusta quantità di sale: usandone troppo poco, infatti, si correva il rischio di mandare il pesce in putrefazione; mettendone troppo, invece, si rischiava di interrompere il processo di fermentazione. Secondo Plinio il Vecchio, il miglior garum era quello che si preparava nel sud della Spagna: il garum sociorum.

UN SORSO DI POSCA

Oggi l’Italia è uno dei maggiori esportatori di vino al mondo. Ma quella del vino era un’industria rilevante già nell’antica Roma e, come tutte le industrie, produceva i suoi rifiuti. Il principale prodotto di scarto era il vino andato a male o non invecchiato correttamente, che diventava così aceto o acetone. Ma i Romani erano attenti a riciclare i loro rifiuti e questo aceto veniva destinato a molti usi. La posca era quello principale: una bevanda a base di acqua e aceto diffusa tra le classi inferiori e nell’esercito per la sua disponibilità e il prezzo accessibile e forse anche per il suo potere disinfettante