//Capitolo 3 di “Omicidio nella notte a Parigi”

Capitolo 3 di “Omicidio nella notte a Parigi”

di | 2020-04-17T16:50:02+02:00 17-4-2020 16:50|Alboscuole|0 Commenti
  Quel manifesto mi incuteva paura. E se fossi stato io il mostro? Quella notte mi legai al letto (si fa per dire, ho solo stretto di più le logore lenzuola che mi ritrovo come coperta). Con i soldi che guadagnerò vendendo la birra comprerò delle nuove lenzuola di seta cinese per me e per tutti gli altri monaci. “AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH”. Un urlo mi svegliò nel cuore della notte. Stavo sognando che il signorino della carrozza veniva investito da quest’ultima, tra il dispiacere dei presenti. Come tutti i monaci, mi recai nel luogo da cui proveniva l’urlo, la stanza di frate Anselmo: lo trovammo sgozzato nel suo letto. Aveva un coltello infilzato nello stomaco ed un biglietto su cui c’era scritto: “Questo è il primo di una lunga serie di omicidi: preparatevi al peggio, perché il prossimo potrebbe essere uno di voi”. Il biglietto fu subito portato via dai primi arrivati per non far spaventare i più giovani, ma il guaio è che quelli già arrivati si spaventarono e non poco, urlando a tutti l’accaduto. Quella settimana metà dei monaci se ne andò, giurando di non tornare più al monastero. Comunque sia, omicidio a parte, in questi giorni personalmente mi sentivo molto meglio: avevo capito che avevo un disturbo del controllo della rabbia e che non ero impossessato da demoni cattivi. Così presi un altro libro per imparare a mantenere la calma (quando i soldi mi basteranno, comprerò una bella libreria per mettere insieme tutti i miei tomi). Ormai la bibliotecaria ed io siamo quasi amici: ogni volta mi chiede cosa è stato scoperto in più sull’omicidio del monaco. Credo che mi abbia detto che sta cercando informazioni per una prosa che sta scrivendo lei stessa, ma quando sono là le presto pochissima attenzione, rispondendole: “Ah” oppure “Credo di sì”. L’episodio del monaco morto fu definito da tutti “l’omicidio perpetuo”. E non a caso. Infatti si ripeté svariate volte, tutte all’interno del monastero e con lo stesso modus operandi. Questo mi spaventava, quindi portavo sempre con me un pugnalino di ferro. Il giorno in cui ci fu l’ultimo omicidio ho visto un’ombra, molto magra e agile che mi ricordava qualcuno. Feci allora degli esperimenti: alla stessa ora dell’avvistamento, mi misi nella stessa posizione dell’oscura sagoma, per vedere se l’ombra era alta più o meno quanto la metà del muro. La mia  arrivava a 50 cm. E’ stato confortante, almeno ero sicuro che quell’ombra non mi apparteneva e quindi sapevo di non essere stato io. Continuai a cercare il modo per scoprire a chi appartenesse quell’ombra e grazie a dei calcoli riuscii a risalire all’altezza del colpevole: circa 1.60 m. Non potendo andare in giro con il metro a misurare le persone, chiesi ad un collega alto più o meno quanto “l’uomo nero” (l’ho soprannominato così) di venire in giro per il monastero insieme a me in cerca di qualcuno alto come lui. Fino a quando non ci siamo accorti che … Ci vediamo al prossimo episodio! Giacomo Ozzino, 2^H