//Una giornata nella bottega di un fabbro medievale

Una giornata nella bottega di un fabbro medievale

di | 2020-05-21T22:18:56+02:00 21-5-2020 22:07|Alboscuole|0 Commenti
di Bianca di Sansebastiano – Era una giornata come le altre nella piccola città di Anglador ed ero andata a fare una passeggiata in piazza. Ad un tratto mi fermai ad ascoltare la musica di alcuni violinisti che stavano suonando canzoni celtiche, quando però girai lo sguardo, vidi una casetta di legno e incuriosita mi avvicinai  per guardarla meglio. Non credevo ai miei occhi, da alcune fessure riuscivo a vedere bene, appese ai muri, delle lame lucenti di spade e arnesi di tutti i tipi. Non sapevo che nella nostra città ci fosse l’officina di un fabbro. Mentre osservavo incantata, attraverso il pertugio, mi sentii due colpetti sulla spalla destra e, quando mi girai, vidi davanti a me un uomo grande e possente, con dei baffi rossi e una folta barba raccolta a treccia: mi spaventai tantissimo, tanto che scappai prima che quel signore potesse aprire bocca. Era chiaramente il fabbro, ma mi aveva fatto davvero tanta paura.  La vista dell’officina mi aveva fatto capire che il mio sogno era fare il fabbro, sogno nato da quando il mio prozio Alfred mi aveva regalato un pugnale forgiato da lui. Ricordo che me lo diede per difendermi in caso mi fossi trovata in difficoltà. La sera, prima di andare a letto, pensai che forse quel signore sarebbe stata la mia opportunità per realizzare il mio sogno: una cosa era certa però, quell’uomo non sarebbe stato molto felice di parlare con una ragazzina, perciò decisi di scrivergli una lettera. “Caro signor fabbro, il mio sogno sarebbe quello di diventare un fabbro, proprio come lei, sarebbe fantastico se potesse accettarmi come sua apprendista”.   La mattina seguente, corsi velocemente verso l’officina e infilai il messaggio sotto la porta. Nei giorni seguenti aspettai, aspettai e aspettai, ma il fabbro non si faceva vivo, cominciai a perdere un po’ le speranze, ma alla fine decisi di tornare da lui. Mi affacciai alla fessura e lo vidi seduto su una sedia mentre piangeva. Non sapevo se entrare o restare fuori, ma scorsi la mia lettera nella sua mano e così entrai. “B-b-buongiorno, sono la ragazza che ha scritto la lettera, la posso aiutare in qualche modo?” – chiesi.  L’omone rispose con la voce singhiozzante: “quando avevo la tua giovane età, anche il mio sogno era quello di diventare ciò che sono. Ti prenderei con piacere, ma i miei aiutanti mi hanno derubato di tutti i risparmi, quindi non saprei come ricompensarti”. Io non avevo bisogno di ricompense e non volevo essere un’aiutante, ma un’apprendista. Gli spiegai meglio le mie intenzioni e finalmente cominciò il mio percorso di apprendimento. Quel fabbro si chiamava Ozack, mi disse che ci sarebbe voluto molto tempo, quasi 4 anni, per diventare un bravo fabbro, ma io non avevo fretta. Mi disse che per prima cosa dovevamo mettere il ferro nell’alto forno da cui si ricava il ferro fuso. Prendemmo poi un grande martello e cominciammo a forgiare le prime lame. Passò molto tempo prima che imparassi le tecniche del fabbro, ma finalmente dopo 4 lunghi anni di apprendistato, riuscii  a diventare operaia qualificata. Purtroppo Ozarck morì poco dopo per vecchiaia, tutti gli attrezzi che avevamo realizzato insieme, spade, pugnali, coltelli, posate, forbici e arnesi di tutti i tipi, vennero comprati da donne o da persone ricche. Tutto sembrava finito, come poteva una ragazzina portare avanti da sola la bottega di un fabbro? Una notte il mio maestro mi venne in sogno, mi disse di aver fiducia nelle mie capacità e di portare avanti l’attività. Fu così che divenni il primo fabbro donna di Anglador e ancora oggi sono qui, nella mia bottega, a fabbricare posate e spade lucenti.