//Mostra “Idoli. Il potere dell’immagine” a Palazzo Loredan

Mostra “Idoli. Il potere dell’immagine” a Palazzo Loredan

di | 2019-02-03T09:57:23+01:00 3-2-2019 9:57|Alboscuole|0 Commenti
di  Domitilla Perini 1^ C e Emma Girotto 1^ A. –  Si è chiusa domenica 20 gennaio, registrando oltre 18.000 presenze, una mostra molto interessante allestita a Palazzo Loredan, in Campo Santo Stefano a Venezia.  Tutto il settore della Scuola Secondaria di 1° grado con tutte le otto classi hanno potuto visitare questo terzo atto della mostra organizzato dalla Fondazione Giancarlo Ligabue che ha raccolto straordinari reperti che rappresentavano figure umane tra Occidente e Oriente nell’arco temporale rientrante tra il 4.000 e il 2.000 a. C.  Grazie alla professoressa di Storia dell’Arte Paola Sintini che ha proposto, nei vari Consigli di Classe, di non far perdere questa unica occasione ai ragazzi, e di poter far vedere le opere prodotte dall’uomo nei vari territori racchiusi tra l’Atlantico e l’estremo Oriente, e dopo aver ricevuto consenso unanime, ha provveduto a prenotare le visite delle varie Classi. Noi alunni della 1^ C abbiamo avuto l’opportunità di visitare  perché accompagnati dal professore di Italiano e Storia e dal nostro educatore.   Prima di tutto bisogna dire che nel titolo compare la parola idoli, che deriva dal greco εἲδωλον che significa immagine: infatti nella mostra sono state selezionate ed esposte 100 statuette di materiale vario, appartenenti per lo più a collezioni private aventi caratteristiche originali: antropomorfe, tridimensionali, schematiche o realistiche catalogate tra il tardo neolitico (IV millennio A.C.), il neolitico (V millennio A.C.). A colpirci non sono state soltanto le note figure a forma di violino o i suonatori di arpa, ma soprattutto le raffinate immagini femminili nude, rappresentate nel momento bellissimo dell’attesa di un figlio.  Tutte figure di future mamme, con il pancione più o meno prominente e, a volte, rappresentate con le braccia conserte, per proteggere simbolicamente il loro ventre.   Benché alla mostra fossero esposte in verticale, tali statuette erano pensate per essere collocate in posizione distesa, con le gambe appena piegate e la testa un pò reclinata all’indietro, intente a osservare il cielo.  La guida ci ha detto che le statuine dovevano rappresentare la dea-madre protettrice che aveva il potere di controllare i momenti più importanti della vita dell’uomo come la nascita, ma anche la morte o la malattia, infatti molte di esse sono state rinvenute nelle tombe, probabilmente pensate per la funzione di immagini votive.  Ci è particolarmente rimasta impressa in mente la “Dama dell’Oxus” detta Venere Ligabue, visibile nella copertina del catalogo, chiamata così perché appartiene a una civiltà dell’Asia centrale sviluppatasi durante l’Età del bronzo, lungo il fiume Amu Darya, anticamente chiamato Oxus.  Era collocata in posizione seduta con addosso un mantello che le ricopriva il corpo ci risulta indimenticabile per via dell’acconciatura purtroppo parzialmente danneggiata al di sopra dell’orecchio sinistro che la fa quasi sembrare “rasata” da una parte.  Questa statuina è stata realizzata assemblando materiali di colori diversi, come il calcare chiaro e la clorite scura, creando così un gioco cromatico molto originale.  Visitando questa mostra i miei compagni ed io abbiamo vissuto una bellissima esperienza che ci ha permesso di imparare aspetti significativi legati alla vita quotidiana, religiosa e culturale dei popoli antichi.  Dopo aver terminato la visita guidata tutte le classi, prima di rientrare a scuola, hanno anche svolto presso un’aula al piano terra il laboratorio ‘il corpo che abito’.  Alla presenza di un’esperta, dopo aver riflettuto sui messaggi che gli idoli antichi hanno cercato di trasmettere per la varietà dei modi in cui il corpo umano è stato rappresentato a volte in maniera più realistica a volte più in astratto attraverso forme squadrate, geometriche, rotondeggianti e voluminose, ci si è soffermati sulla certezza che tale immagine porta sempre con sé il significato profondo e simbolico dell’idea di fisicità.  Pertanto, proprio per rafforzare questa affermazione tutte le Classi hanno realizzato manualmente in argilla ‘uno stereotipo’ secondo la visione individuale e che hanno dopo potuto portare in Classe e a casa.