//LA ROCAMBOLESCA FUGA DAI PIOMBI DI GIACOMO CASANOVA

LA ROCAMBOLESCA FUGA DAI PIOMBI DI GIACOMO CASANOVA

di | 2023-11-21T09:09:09+01:00 21-11-2023 9:09|Alboscuole|0 Commenti
di Giovanni Malvestio, Classe 2^ A – All’alba del 26 luglio del 1775, Giacomo Casanova, allora trentenne, venne arrestato e portato alla prigione dei Piombi del sottotetto del Palazzo Ducale. Giacomo Casanova cittadino della Serenissima era nato a Venezia il 2/4/1725 ed è morto a Duchcov il 4/6/1798. E’ stato uno scrittore, poeta, alchimista, esoterista, diplomatico, scienziato, filosofo e agente segreto italiano. È anche conosciuto come avventuriero perché ha avuto una vita amorosa molto movimentata. Nel libro “Fuga dai piombi”, pubblicato nel 1788, Casanova scriveva di non conoscere il motivo e la durata della pena che gli era stata comminata. Ipotizzava che la causa dell’arresto fosse il possesso di libri proibiti dalla Repubblica Serenissima  che trattavano di negromanzia e di esoterismo. Non sapendo quanto sarebbe rimasto rinchiuso, così escogitò un piano per fuggire. Casanova fu condotto al Palazzo Ducale dove c’erano le prigioni: ‘i Pozzi’ si trovavano nel seminterrato, mentre e ‘i Piombi’ nel solaio. I Pozzi erano le prigioni per i poveri e consistevano in cubicoli di pietra, umidi, spogli e senza finestre. Queste celle erano piene di topi e al loro interno, quando la marea saliva, entrava l’acqua. I Piombi erano le prigioni per i ricchi, i nobili e alcuni borghesi con cariche importanti nella Repubblica. Erano rivestite di legno, più grandi e accoglienti dei Pozzi, e i detenuti potevano farsi portare al loro interno dei loro beni come letti, abiti, libri e del denaro. Se il problema dei Pozzi era il freddo e l’umidità, quello dei Piombi era il caldo affissante. Ecco come Casanova descrive la sua cella: “Ero alto cinque piedi e nove pollici e dovetti piegarmi per entrare nella cella. Abbassando il capo, feci il giro della mia spaventevole cella, che non misurava più di cinque piedi e mezzo di altezza. Non trovai né il letto, né sedie, né tavola, né mobile d’alcuna specie. V’era soltanto un arnese per i bisogni fisiologici e un piolo confitto nel muro, a quattro piedi di altezza. V’appesi il mio bel mantello di seta, il mio abito così mal battezzato e il mio cappello ornato di punto di Spagna e d’una piuma bianca. Il caldo era insopportabile. Triste e pensieroso, tornai ad appoggiare i gomiti alla grata: vedevo la luce che entrava e dei topi grossi come conigli, che passeggiavano tranquillamente. Questi schifosi animali di cui non avevo mai potuto sopportare la vista si avvicinavano fin sotto la grata, senza preoccuparsi troppo di me. Chiusi subito lo sportello interno della grata: m’avrebbe gelato il sangue una visita di quelle bestie immonde! E caddi in una meditazione profonda. Con le braccia incrociate sull’appoggio della grata, rimasi così, per otto ore, in silenzio, immobile, senza più muovermi”. Casanova, dando del denaro al carceriere, si fece portare un letto, un tavolo, dei libri e una poltrona. Lo scrittore spiega perché le prigioni si chiamano Piombi: “Le prigioni sono situate nel così detto granaio del gran palazzo. Il suo tetto, che non è coperto da ardesie né tegole ma da pesanti lamine di piombo di tre piedi quadrati di larghezza e dello spessore di un centimetro, conferisce alle prigioni suddette il nome di Piombi.” Casanova non sapendo la durata della pena decise di fuggire e che la sola probabile via di uscita era di scavare un foro nel pavimento che si trovava precisamente al disopra del soffitto della sala degli inquisitori di stato. Visto che Casanova doveva curvarsi per camminare nella sua cella, ottenne dal suo carceriere, in cambio di una piccola somma di denaro, di poter fare una passeggiata nel solaio per mezz’ora al giorno e fu proprio durante queste passeggiate che trovò prima un pezzo di marmo nero e liscio e dopo un lungo catenaccio di ferro di cui si impadronì. Col pezzo di marmo strofinò il ferro trasformandolo in uno stilo appuntito con il quale cominciò a scavare il pavimento sotto il suo letto. Durante il giorno lo spuntone veniva nascosto all’interno dell’imbottitura della poltrona. Si dedicò allo scavo per sette settimane senza interruzioni finché il 23 agosto il buco era finito, ma accadde che: “il giorno venticinque ecco che m’ accadde una cosa che io, pensandovi ancor adesso che lo scrivo, mi sento assalire da un fremito di terrore. A mezzodì preciso, udii stridere i chiavistelli. Il cuore prese a battere e mi fece quasi credere che fosse arrivata la mia ora. Son caduto quasi svenuto sulla mia poltrona”. Entrò il carceriere di nome Lorenzo e disse: “Signore, signore! Vengo a portarvi una buona notizia e me ne felicito con voi!” – “Una buona notizia? Quella forse della mia libertà? Mi vedevo perduto, tutto fra poco sarebbe stato scoperto!” – Lorenzo gli disse che occorreva che lo seguisse e aggiunse: “Non dovrete far altro che passare da questo brutto camerotto dove siete a un altro più luminoso, nuovo nuovo. Vi sono due belle finestre e vi godrete la vista di Venezia. E poi la camera è alta; ci starete in piedi benissimo e poi…”. Inutile dire che Casanova si sentì male e svenne. Dopo il trasferimento nella seconda cella, il buco venne scoperto e la nuova cella veniva controllata ogni giorno dalle guardie per evitare che Casanova provasse di nuovo ad evadere. Tutti i suoi mobili compresa la poltrona gli furono recapitati nella nuova cella e lo spuntone fortunatamente non fu scoperto. Arrivato nella nuova sistemazione fece la conoscenza del suo vicino di cella, il frate Marino Balbi, con il quale ricominciò a organizzare la fuga. Si fece comprare una voluminosa Bibbia nel cui dorso nascose lo spuntone, facendo recapitare il tutto al frate. Il frate, prima fece un buco nel soffitto della sua cella, e poi dalle soffitte creò un passaggio anche per Casanova. Nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre del 1756, i due prima salirono sul tetto e poi rientrarono nel Palazzo Ducale da un abbaino. Un uomo che passava per il cortile li vide e, pensando che fossero due visitatori rimasti bloccati nel palazzo dopo la chiusura, chiamò una guardia per scortarli fuori. Casanova e frate Balbi evasero uscendo dalla Porta della Carta e si allontanarono su di una gondola. Per chi desiderasse conoscere e vedere i luoghi della detenzione e della fuga di Casanova questi possono essere visitati, prenotando una visita agli itinerari Segreti del Palazzo Ducale di Venezia.