//La mia adolescenza

La mia adolescenza

di | 2018-12-04T10:42:59+01:00 3-12-2018 15:25|Alboscuole|0 Commenti
di Pietro Condotta (classe 3^A) – Negli ultimi tempi in classe abbiamo letto molti testi legati agli adolescenti. Spesso si parla di noi come ragazzi impassibili e zitti come pietre, delle “pietre” che fanno di tutto per farsi accettare dai compagni. Leggendo quei testi, però, ho compreso che io sono molto diverso dai miei coetanei. Io, infatti, non mi rispecchio nei concetti ribaditi sopra, non sono né taciturno né solitario. Proprio per questo io mi considero uno “che va contro corrente”. Se veniste a casa mia vedreste un ragazzo vestito “normale”, senza capi alla moda o jeans strappati, un ragazzo solare e comico che non perde l’occasione per fare qualche battuta, che usa il cellulare di rado, che gioca a videogiochi come “Super Mario” e non a violenti giochi di guerra e che non ascolta musica moderna, ma quella di gruppi come i “Queen” o gli “Steely Dan”. Ebbene, quel ragazzo sono io. Sinceramente, credo di essere così per diverse ragioni, ma soprattutto perchè non provo ammirazione per i miei compagni, ho detto compagni, non amici. Io sono uno che si fa amico di tutti, ma credo che di amici veri io ne abbia “solo” una decina, questo perchè, dato che ad esempio non ho un telefono, agli occhi degli altri sono “strano” e di conseguenza “diverso”. Quando dico: “non provo ammirazione” intendo dire che non li tratto come imperatori e che senza il loro consenso non posso vivere. Dirò di più, a volte non posso fare a meno di provare disgusto per alcuni di loro. Questo perchè si vogliono dimostrare adulti e spesso e volentieri fanno delle “spassosissime” battute sulla sessualità e sfoggiano un arsenale verbale completo che comprende non solo parolacce, anche vere e proprie blasfemie, che mi hanno convinto ad usare il termine “disgusto”. E se già non fossi abbastanza “diverso”, ci si mette ache la scelta della scuola. Quando dico a qualcuno che voglio fare il liceo classico spalancano la bocca e gli occhi come fossero bambole di porcellana, ma ormai sono abituato anche a questo e trovo che l’unica cosa che posso fare è arricchire la lista di opinioni altrui inutili e superficiali. Voglio dire, non è un discorso di “difficoltà”, ma di “propensione”. Se non si fosse già capito, io sono sempre andato meglio nelle materie umanistiche, e credo di vedere sempre le cose da un punto di vista filosofico: farsi accettare a tutti i costi e considerare solo le cose che vanno di moda comportano lo stesso rischio, ovvero condizionarci e renderci tutti uguali. Entrambi, infatti, sono “fattori” effimeri che non servono a nulla se non ad autoconvincerci che siamo “fichi”, mentre in realtà ci fanno allontanare sempre di più dal nostro io, dale nostre qualità. C’è un ultima cosa che vorrei menzionare perchè è abbastanza strana: mi vengono spesso dette cose come: “Ma perchè non ti fai comprare un telefono? Se fossi in te mi prenderei un Iphone X” come se il fatto che io non abbia il cellular fosse legato ai soldi e … va bene, ci si abitua a tutto, ma la cosa particolare è che in queste situazioni noto somiglianze con la mia canzone preferita, “Going Underground” dei The Jam. Il testo infatti recita: “Some people say that I should strive for more, but I’m so happy that I can’t see the point!” ovvero “Alcuni dicono che dovrei chiedere di più, ma sono così felice che non ne vedo il motivo!”. Trovo che sia tutto questo che mi rende un adolescente particolare, peculiare, unico nel suo genere. Devo dire che dopo tutto questo riflettere è proprio vero che sono diverso. Esatto, senza virgolette, diverso nel vero senso della parola: “estraneo alla comune esperienza”, il mio carattere è diverso! E se è vero che molti dei miei coetanei mi considerano “diverso” perchè non faccio ciò che uno si aspetterebbe, cioè ciò che fanno tutti, ci sono gli amici, quelli veri, pochi amici che mi vedono diverso, ma solo in volto! Hanno compreso che non serve seguire la moda e che bisogna esprimere se stessi senza farsi “accecare”. Questi amici, che non nominerò, li ho descritti in poche parole, ma credo che dicano più di mille parole, sia su di loro che su di me.