//Il violino di Auschwiz – 27 gennaio per non dimenticare

Il violino di Auschwiz – 27 gennaio per non dimenticare

di | 2020-01-26T20:26:24+01:00 26-1-2020 20:26|Alboscuole|0 Commenti
– di Daniela Scarpa  II B-
Il
27 gennaio
è il giorno della memoria, per non dimenticare gli orrori dello sterminio degli
ebrei.
Questa che sto per raccontare è la vera storia di una vita giovane, innocente, spezzata dalla
violenza e dalla crudeltà delle leggi razziali.
Tutto ha inizio negli anni Trenta, in un negozio di un liutaio, a Torino, quando si presenta un
signore elegante che cerca un violino per la figlia.
L’uomo sceglie lo strumento più bello presente in bottega e a casa, la figlia Eva Maria Levy,
detta “Cicci”, lo prova subito con entusiasmo, suonando “il cigno” di Saint-Saens.
Aiutata dal fratello Enzo, si esercita con passione e dedizione.Appare così brava che
sembra poter intraprendere con successo la carriera di violinista. Sfortunatamente, nel 1938,
quando la ragazza ha 17 anni, vengono promulgate le leggi “a difesa di razza”.
Per gli ebrei la vita non è più la stessa, vengono esclusi dalla società, allontanati dalle scuole
e dall’istruzione, non possono più svolgere la professione di insegnante, medico, musicista,
avvocato, ferroviere…vengono allontanati per via dell’odio, dell’ignoranza, della banalità
del male.
E poi inizia la guerra…
L’8 settembre 1943,con la proclamazione dell’armistizio,si scatena il caos. La caccia agli
ebrei diventa sempre più dura,facendo scatenare il panico anche in Italia. Scappano tutti,
anche la famiglia dei Levy. Vogliono andare via da Torino con la speranza di raggiungere
Londra attraverso la Svizzera. Ma in provincia di Varese vengono arrestati.
Nell’interminabile viaggio verso Auschwiz, su un vagone bestiame, dove non si sente altro
che il pianto disperato della gente e si respira aria di paura, Eva Maria porta con se’ il
violino, il suo unico conforto, l’unico ogetto che le fa ricordare di avere una passione per cui
vivere. Nel luogo in cui approdano come deportati, sul cancello che li accoglie, campeggia
la scritta:”Arbeit macht frei”, cioè:”il lavoro rende liberi”.
E comincia l’ orrore.
Le famiglie vengono divise, le persone si disperano, ma non c’è nulla da fare. La ragazza
viene condotta a Birkenau, dove viene inserita in un orchestra, per dilettare gli aguzzini. Il
fratello finisce a Monowitz. Quando riescono finalmente a mettersi in contatto, Enzo le fa
arrivare su un pezzo di carta il disegno di un rigo musicale, con una breve melodia e una
scritta:”Der Musik macht frei”, cioè:”La musica rende liberi”.
Eva Maria lo incolla all’interno della cassa armonica del suo strumento con sopra incisa una
stella di Davide. Ma un giorno, accade il disastro. Il violino si rompe e la ragazza viene
rimandata con le detenute comuni. Senza più la musica, costretta a lavori forzati e a una vita
troppo brutta per essere vissuta, Eva Maria si lascia morire e, il 6 giugno 1944, il suo
cadavere viene bruciato nei forni crematori, insieme a quello di altre centinaia di persone
esauste, senza più neanche una scintilla di speranza. Il fratello invece si salva e recupera il
violino tanto amato dalla sorella. Dopo tanto tempo,egli torna a casa e lo affida ad un liutaio
per farlo riparare, ma non torna mai a riprenderlo. Dall’oblio lo recupera nel 2014 un
collezionista di strumenti musicali, l’ingegnere Carlo Alberto Carutti. Lo trova a Torino, in
un vecchio negozio di antiquariato. Lo strumento è talmente bello da sembrare finto, con la
sua stella di Davide incisa sopra, il biglietto ancora nella cassa armonica, quel
pentagramma, quella frase musicale e quel numero di matricola, 168007, che Enzo Levy
portava sul braccio, il numero infame della prigionia, del progetto di sterminio.
Il suo suono è reso ancora più struggente dalla sua storia e da quella della sua giovane
proprietaria. Ma come questa vicenda ci insegna, ci sono alcuni amori, alcune passioni,
come quello della musica, che ti accendono una luce dentro, l’ultima scintilla di speranza in
un mare di orrore. Ed è così che si riesce a sopravvivere, ritrovando un orizzonte anche nel
buio della notte.
L’importante è
NON DIMENTICARE
.