//Il poeta Lauretano maestro della poesia del ‘900

Il poeta Lauretano maestro della poesia del ‘900

di | 2024-02-04T19:43:10+01:00 4-2-2024 19:43|Alboscuole|0 Commenti
di Mattia Pio Cestrone – 5^C –
L’interessante Convegno del professore Lauretano dal titolo La Chiave segreta della poesia del ‘900 , si è tenuto venerdì 12 gennaio 2024, nei pressi del Cinema Corso Seccareccia.
 In quest’occasione così importante il professore ha esordito illustrando la corrente del Decadentismo, che è sorta alla fine del XIX secolo e si è estesa fino al primo decennio del XX secolo. Questo periodo letterario ha agito come un anticorpo nel grande organismo che era l’Europa. Infatti questa era stata ormai presa dalla smania del Positivismo, che prevedeva una totale fiducia nella scienza e il rifiuto di qualsiasi forma di astrattismo. Così, andando in totale contrasto con le idee predominanti del tempo, nacque il Decadentismo e la causa fu proprio il Positivismo con la sua estrema razionalità.
Ci troviamo davanti ad una vera e propria crisi di valori, dove addirittura l’io stesso decade. E’ una questione complessa, simile a ciò che il filosofo Nietzsche intendeva dimostrare agli uomini nella sua opera più celebre: “Così parlò Zarathustra”.
 Quale modo migliore per esprimere la crisi di valori se non la poesia? Tutti i decadenti si dedicarono alla ricerca dell’assoluto, quello stesso assoluto che viene tanto rinnegato dal Positivismo. E in che modo i poeti si relazionarono con l’assoluto? In diversi modi in realtà, ad esempio Pascoli nelle piccole cose e D’annunzio nel superuomo.
Proprio le poesie che il Professore Lauretano ha letto in occasione del convegno dal titolo “La chiave segreta della poesia del ‘900” riflettono questi pensieri e questi desideri, citando vari esempi.
E se si parla di Decadentismo non si può non parlare di Baudelaire, il quale non si limita solo ad accusare tutti gli uomini di una presunta “cecità”, ma la estende anche a lui stesso. Difatti tutti sono ciechi, perché nessuno può sperare di guardare il cielo, avendo gli occhi coperti da questo inganno persistente.
O anche Montale, che cerca il proprio assoluto nel mare. Almeno lui l’assoluto lo percepisce, seppur a “scaglie”, e probabilmente per un breve momento, in quanto citato solo per un paio di versi, come un pensiero che subito scivola via.
Non da meno è Pascoli. Non dovrebbe stupire il fatto che il poeta abbia scelto proprio il tema della nebbia in un testo omonimo, ovvero un elemento comune legato agli eventi atmosferici e naturali (degno del poeta delle piccole cose), che tuttavia cela un significato tutt’altro che semplice. La nebbia può esprimere molti concetti: la confusione, il mistero, l’angoscia. Essa offusca la mente degli uomini e non permette loro di poter vedere ciò che vi è al di là di essa. Può essere qualcosa di positivo o qualcosa di negativo, ma non lo potremo mai sapere. Ovviamente Pascoli riflette se stesso nelle poesie ed è per tale motivo che non perde l’occasione di ricordare i suoi lutti familiari, tema frequente nelle sue liriche.
D’Annunzio segue una strada quasi opposta a Pascoli. Se quest’ultimo era il Poeta delle piccole cose, egli era il poeta del Superuomo. Ma chi è il Superuomo? Etimologicamente è un uomo superiore agli altri. A differenza del Superuomo nietzschiano, superiore agli altri poiché comprende un concetto o un’idea, quello dannunziano si considera allo stesso modo, ma riesce persino a raggiungere le stelle.
Ma cosa attende il Superuomo se non lo stesso destino della Torre di Babele? Il raggiungere le stelle è causa della decadenza o è semplicemente la conseguenza? Possiamo dire che era tutta una maschera. Lo stesso stile di vita di D’annunzio era solo una farsa per nascondere la decadenza dell’io.