//FEMMINICIDIO, STORIE DI VIOLENZA

FEMMINICIDIO, STORIE DI VIOLENZA

di | 2021-04-17T22:36:07+02:00 17-4-2021 22:35|Alboscuole|0 Commenti
di Erika Culcasi – Con il termine femminicidio si intende un tipo di omicidio la cui vittima è una donna. Questa parola esiste nella lingua italiana a partire dal 2001, si diffonde in Italia dal 2008 in quanto fino a quell’anno l’unica parola esistente col significato di uccisione di una donna era uxoricidio. Nella maggior parte dei casi l’uccisione non è dovuta “all’improvvisa” perdita di controllo o alla presenza di patologie psichiatriche da parte dell’uomo, ma è uno dei tanti casi di violenza che la donna subisce sia dal punto di vista psicologico che sessuale, economico e fisico. Tra il 2000 e il 2011 si sono verificati circa 2.061 femminicidi di cui metà sarebbero donne uccise nel nord Italia, circa il 30% di casi nel sud e il 19,4% al centro. Nel 2015 una statistica riguardante tutto il mondo, invece, ha rilevato il 35% di donne che ha subito qualsiasi tipo di violenza. Uno degli elementi che spinge l’uomo a commettere un gesto del genere è l’impulsività, gesto causato dalla paura di perdere qualcuno o qualcosa. La violenza, infatti, è spesso scaturita dal sentimento di minaccia, di abbandono che l’uomo avverte quando si rende conto che la “sua” donna vuole lasciarlo, costruirsi una vita indipendente o con un altro partner. Questo timore produce un senso di disperazione, solitudine, fallimento e quando la situazione non si accetta e quindi non ci si rassegna, in questo caso la paura, la rabbia e l’impulsività portano a comportamenti aggressivi, di attacco e di violenza, a volte anche senza nessun motivo. La differenza con un uomo “sano” è che quest’ultimo accetta l’allontanamento e va avanti anche se sconvolto. Le conseguenze di tali gesti insani sono davvero gravi sia per quanto riguarda la vittima che subisce tali azioni e per i problemi che magari avrà in futuro, sia per colui che mette in atto a volte anche in modo molto elaborato, specifico e dettagliato ciò che fa. Il fenomeno più diffuso è la violenza domestica, secondo me sottovalutato e poco affrontato. Indipendentemente dal luogo o dalla situazione, lui mira al potere, al controllo e alla sottomissione all’interno della relazione, maltrattando, minacciando, sminuendo e ridicolizzando la donna fino ad arrivare a volte all’omicidio. La prima fase è quella in cui il partner attacca verbalmente la donna, poi passa alla violenza fisica sferrandole il primo schiaffo, dopo di che avviene la riappacificazione quando l’uomo cerca di riavvicinarsi alla donna con pentimento, scuse e frasi d’amore raccogliendo infine il perdono. Queste fasi col passare del tempo accadono sempre più volte, con lo stesso meccanismo, ma la durata della riappacificazione diventa sempre più ridotta, poiché la donna capisce e si rende conto di ciò che sta succedendo e che quello non è amore. Un altro fenomeno è il “baby femminicidio”, riguarda le ragazze uccise non più dai familiari, ma dai fidanzati che già ad 11 anni hanno un’ossessione verso la propria “partner”. Una donna riconosce il pericolo, una ragazza nella maggior parte delle volte no, non ragiona e maschera la possessione e la violenza da parte del ragazzo in protezione, convincendosi che ciò che subisce viene fatto per lei e il suo bene; a volte questo atteggiamento è correlato alla crescita adolescenziale che porta a ribellarsi ai genitori e ad essere partecipe di situazioni pericolose e poco convenienti. Questo fenomeno è sempre stato “vivo”, presente e continuerà ad esserlo, continueremo a sentire notizie che ci lasceranno la pelle d’oca,sconvolti e increduli per il fatto che esistono persone che sono capaci di azioni esagerate. A questo argomento è legata una leggenda, “La leggenda di Serisso” legata al nostro territorio di Trapani. Nel Medioevo la città era un vivace centro di commercio, fiorente nei mercati e maestosa nei mari. Nei mari navigava la nave di un forte e rispettato pirata. Questi attaccava le navi dei Mori e li catturava vendendoli come schiavi. Quando non era per mare, faceva ritorno a casa dalla sua bellissima moglie. Un giorno il pirata fece sbarcare dei prigionieri: tra questi, ve ne era uno che sembrava umile e serio, che tenne per sé come servo. Con il tempo, l’intelligente servo entrò nelle grazie della moglie, che gli si concesse carnalmente. Con il passare del tempo, il servo convinse la donna a scappare per tornare con lui nel suo paese. Di notte i due svuotarono il forziere del corsaro e partirono per l’Africa. Giunti a destinazione, il servo portò l’amata nella sua casa, trattandola come schiava. Il corsaro, dopo che scoprì cosa era successo, decise di vendicarsi. Si mise in viaggio verso l’Africa per andare a cercare la traditrice e il servo. Giunse fino a un fiume, dove trovò la giovane turca. L’avvicinò e le chiese di portarlo da sua moglie. La giovane tornò a casa e parlò con la donna, dicendole che il marito era venuto a salvarla. Lei disse alla giovane che era pentita di ciò che aveva fatto e che voleva tornare. La ragazza turca, quindi, portò il corsaro nella casa del Moro e, quando il Moro fu solo, guidò il corsaro nella sua stanza. Questi, con un coltello, lo sgozzò, poi insieme alla moglie svuotò il forziere. A questo punto uccise la moglie, le tagliò la testa e la mise in un sacco. L’oro venne dato alla turca, che venne portata a Trapani dal corsaro. I due si sposarono e la testa della moglie venne messa in bella vista, vicino la loro casa, per dimostrare che l’onore del corsaro era salvo. Quando la testa si decompose, fu messa al suo posto una testa di marmo che, ancora oggi, si trova all’ingresso di via Serisso. Allora è sempre stato così! Pertanto la domanda è: “ Cosa fare per migliorare la situazione?” Si dovrebbe parlare molto di questo argomento soprattutto nelle scuole e cercare di sensibilizzare i ragazzi e renderli consapevoli di quello che succede educandoli  a denunciare tali comportamenti e a non aver paura. Un progetto che ha trasmesso un forte sentimento di realtà, di dolore, ma anche di forza, è stato quello lanciato dalla messicana Elina Chauvet, la quale ha creato un metodo per denunciare ed urlare al mondo l’orrore che il femminicidio compie quasi quotidianamente e la forza di volontà di denunciare per poter rinascere e riprendere in mano la propria vita. Si tratta di “Zapatos Rojas” ovvero Scarpe Rosse, una distesa di scarpe appunto rosse (questo colore indica l’amore,la passione ma anche il sangue versato)in intere piazze che identificano il numero delle violenze, delle morti e dei maltrattamenti che le Donne hanno subito nella loro vita. Ogni paia di scarpe rappresenta una storia di paura, ma caratterizza l’enorme forza di volontà di voler combattere tutta questa paura e questo dolore per far sì che questo orrendo fenomeno sia definitivamente sconfitto, che la Donna sia rispettata per la bellezza del suo essere. Le Donne vanno amate e rispettate sempre. Non solo il 25 novembre (giorno della lotta contro la violenza sulle donne), ma ogni giorno dell’anno. Ormai viviamo in una società che insegna alle donne a difendersi dallo stupro, invece di insegnare agli uomini a non stuprare le Donne.