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Una clinica mai aperta e usata solo nei film

di | 2020-08-13T19:30:27+02:00 16-8-2020 6:10|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

FONTE NUOVA (Roma) – La chiamano ex clinica ma, in realtà, la sua vocazione sanitaria non l’ha mai assolta o, per essere precisi, lo ha fatto solo nella finzione. Finora, infatti, il suo ruolo è stato solo quello di oggetto di una contesa che non si dirime, nel frattempo complicatasi a causa della divisione del Comune su cui insiste il territorio dove fu costruita, in via Alessandro Manzoni a Fonte Nuova, provincia di Roma. Madonna delle Rose – questo è il suo nome – da quando l’Università “La Sapienza” la concepì, negli anni ’60, come clinica all’avanguardia composta di due edifici su una superficie di 110.016 metri quadri e 37mila metri cubi, non è stata mai frequentata da medici o infermieri, sebbene molti ricordino di quale mobilio e apparecchiature fu inizialmente dotata per costi economici che non è mai stato possibile conoscere. Ha fatto da ospedale, però, in molte scene di film tra cui “ Il secondo tragico Fantozzi”, negli anni ’70, poiché la sua struttura si prestava all’immagine di un pronto soccorso.

Da allora Madonna delle Rose è diventata famosa per un lungo contenzioso tra La Sapienza e il Comune di Mentana sulla cui frazione – Tor Lupara -insisteva il terreno dove fu edificata. Frazione che poi, nel 2000, dopo la secessione, diventò un nuovo comune: Fonte Nuova, fatto che complicò non poco le cose. In breve la questione è questa: quando a Mentana negli anni ’80, nel borgo antico, crollò Palazzo Crescenzio il sindaco allora in carica autorizzò per l’emergenza alcune famiglie che erano state sfollate a stabilirsi nell’ex clinica. Dopo arrivarono anche senza tetto dalla Capitale e, infine, Madonna delle Rose diventò il punto d’arrivo di un continuo flusso migratorio proveniente dall’Albania e dal Magreb. L’ex clinica, così, per una decina d’anni rappresentò un miraggio, un’ancora di salvezza per molti disperati extracomunitari che arrivavano qui dopo odissee interminabili portandosi dietro situazioni di illegalità, degrado e, spesso, anche delinquenza. Per loro Madonna delle Rose, che nel frattempo era diventata famosa nei paesi da cui proveniva il flusso migratorio, era un po’ come il coronamento del sogno di una vita, sogno in cui l’Italia era vista come un paradiso. Ma lì niente luce né servizi, nessuna raccolta di rifiuti, a volte qualche incendio divampato nelle attività notturne degli occupanti, molta sporcizia diffusa sulle migliaia di metri quadri dello stabile.

Eppure lì quella gente ci viveva preoccupando la popolazione per le condizioni igieniche molto più che precarie e questo durò per anni, fino a quando, nel 1994, le autorità eseguirono lo sgombero forzoso. Alle 4 di notte, nel mese di luglio, carabinieri, polizia e vigili urbani fecero uscire gli ultimi disgraziati che ancora non avevano avuto la soffiata o se l’avevano avuta non erano riusciti ad organizzarsi diversamente. Gli stranieri lasciarono con i loro pochi stracci Madonna delle Rose sui cui muri, nelle cui stanze, nei cui corridoi, ormai erano state scritte tante storie di disagio e disperazione. Storie che ancora sono lì, a denunciare l’incuria e lo sperpero di denaro pubblico perché, oltre ad essere nata per nessuno scopo, la cosiddetta ex clinica, poi, non è stata mai riconvertita né destinata con il risultato che, ad oggi, non è più utilizzabile ma andrebbe demolita e ricostruita per sanare tutta l’area. Ci vorrebbero molti soldi e forse anche per l’Università rappresenta un fardello se l’ha messa all’asta più volte senza mai trovare però un acquirente. Dallo sgombero in poi, quindi, dopo tentativi di accordo tra il Comune di Mentana e l’Ateneo romano, ecco la rottura: una richiesta di risarcimento danni per l’occupazione abusiva da parte del secondo al primo, risarcimento motivato dalla perdita e il degrado dei beni mobili per un totale di 12 milioni di euro.

Ma nel frattempo il Comune si era diviso e l’ex clinica, che clinica non lo era stata mai, dal 2000 era ed è su territorio di Fonte Nuova. Dopo la prima sentenza del 2007, quindi, che portò il Comune di Mentana in dissesto e poi i ricorsi al Tar e la richiesta di coinvolgimento di Fonte Nuova, il 20 febbraio scorso è arrivata l’ultima mazzata: il debito c’è e dovrà essere saldato perché La Sapienza ha già notificato il titolo esecutivo. E dopo anni di annunci e smentite, sarà l’amministrazione di Mentana in carica dal 2016, guidata dal sindaco Marco Benedetti, a dover traghettare la comunità verso una via d’uscita da un problema che, a dire il vero, sono stati altri a creare. La sentenza è stata una spada di Damocle su tutte le giunte comunali, finora, ma sarà proprio Benedetti a dover trovare una soluzione. Oltre ai 12 milioni di euro, dunque, l’amministrazione – e quindi i cittadini – dovranno pagare anche la registrazione della sentenza presso l’Agenzia delle Entrate. E si parla di svariate centinaia di migliaia di euro. Una situazione che potrebbe portare al dissesto finanziario il comune in procinto di tornare alle elezioni.

“Secondo me – commenta Francesco Petrocchi, consigliere d’opposizione (Lega) – il problema va risolto con un bilancio in cui siano accantonate cifre che poi serviranno per affrontare questo debito ma bisogna pensarci subito”. E mentre Mentana si appresta a fare i conti nel vero senso della parola e i cittadini si preparano a mettersi le mani in tasca per anni, a Fonte Nuova non andrà meglio. In via Manzoni la struttura fatiscente sta ancora lì a ricordare anni di incuria e di spreco di denaro pubblico e non si intravede una via d’uscita, almeno per ora, anche se di anni ne sono passati tanti. Ma c’è di più. In qualche modo il Comune di Mentana potrebbe rivalersi nei confronti di Fonte Nuova e esigere da questa un contributo per far fronte al risarcimento, così come è stato diviso a metà anche il patrimonio comunale dopo la scissione. Insomma, la storia è ancora lunga e complicata ma una soluzione dovrà essere trovata in tempi brevi. In tutto questo, a guadagnarci qualcosa, sono stati e saranno solo gli avvocati e a perderci soldi solo i cittadini di entrambi i comuni. A Fonte Nuova, oltre il danno, anche la beffa di vedersi sul territorio un monumento alla cattiva gestione della cosa pubblica.

Gloria Zarletti

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