//Un territorio fragile, profondamente ferito

Un territorio fragile, profondamente ferito

di | 2023-05-20T12:36:18+02:00 21-5-2023 6:00|Punto e Virgola|0 Commenti

Le immagini e i filmati contano molto più delle parole. E ciò che sta avvenendo in questi giorni in Romagna, ma anche nelle Marche e in Emilia, appartiene appunto alla categoria delle tragedie che non hanno bisogno di troppe spiegazioni: una catastrofe di proporzioni enormi. I cui effetti si protrarranno per diverso tempo, tanto più che anche in queste ore le piogge continuano provocando danni ulteriori in un territorio già profondamente ferito e mutilato.

Non è il momento delle polemiche (che pure non sono mancate) e delle colpe da distribuire a destra e a manca, ma in questa nostra Italia, bella e impossibile, non c’è da meravigliarsene: meglio provare a scaricare sugli altri responsabilità e manchevolezze che interrogarsi con onestà su quello che non si è fatto per decenni e su quello che c’è da fare subito per impedire che simili tragedie possano ripetersi o, quanto meno, per cercare di limitarne gli effetti più deleteri.

Si chiama  “manutenzione del territorio”, espressione usata spesso a sproposito e abusata in ogni salsa e in ogni dove da chi invece dovrebbe (deve) mettere da parte vessilli e bandierine, trovare le risorse (ne servono tante, ma se non si comincia…) e affidarsi ai tecnici e agli esperti che ne sanno molto di più e che soprattutto conoscono i problemi e le situazioni che hanno maggiormente di interventi urgenti.

E’ vero, si tratta di un evento naturale peraltro annunciato e previsto, sebbene non nelle dimensioni in cui si è realmente verificato, ma non è che la Natura ha improvvisamente deciso di “punire” quelle terre e quei cittadini, colpevoli di chissà quali peccati. No, ciò che è accaduto ha radici profonde e anche razionali se si pensa a tutto ciò che si sarebbe dovuto fare nel corso degli anni e che non si è fatto. Allarmi motivati da parte della comunità scientifica non sono mai mancati, ma sono rimasti inascoltati confidando nella buona sorte: non succede, ma se succede in qualche modo ce la caviamo…

Invece succede e con effetti devastanti: 14 morti finora (bilancio ancora provvisorio), larghe porzioni di territorio invase dal fango, migliaia di sfollati, attività economiche di ogni tipo cancellate nel giro di poche ore con conseguenze inimmaginabili e di lunghissima durata. Si poteva evitare tutto questo? Nella situazione esistente, probabilmente no: troppa pioggia caduta in un tempo assai ristretto. In pratica, il suolo è stato investito da una quantità d’acqua pari a quella che di solito arriva nell’arco di 7-8 mesi. E quindi non è stato in grado di assorbirla e trattenerla, scaricandola così nei fiumi e nei torrenti (già gonfiati per conto loro) che si sono ingrossati a dismisura e hanno rotto gli argini… Non c’è bisogno di aggiungere altro: il resto lo illustrano le tremende immagini che ci arrivano da quelle zone.

Gli eventi climatici estremi sono sempre più frequenti e violenti. La colpa è sicuramente del riscaldamento globale sul quale, proprio perché fenomeno a livello mondiale, possiamo fare ben poco da soli. Comunque proviamoci nel nostro piccolo. Ciò che però compete all’Uomo è altro e su questi aspetti bisogna intervenire: mettere in sicurezza il terreno su cui viviamo, in primis. E dunque stop all’edificazione selvaggia e senza regole, manutenzione accurata e costante del letto dei fiumi (spesso ostruito da detriti e rifiuti d’ogni genere), creazione di argini capaci di contenere anche le pressioni più potenti, realizzazione di invasi e aree di contenimento che non solo siano in grado di impedire ad acqua e fango di arrivare nelle zone abitate, ma anche di diventare bacini di riserva idrica per gli inevitabili (e anch’essi ormai molto frequenti) periodi di siccità.

Chi scrive è particolarmente affezionato alla Romagna, terra in cui ha mosso i primi passi della carriera giornalistica, e ai suoi abitanti, ai quali è legato da vincoli di profonda e sincera amicizia. A Forlì, Ravenna, Cesena ci sono sì ricordi professionali, ma soprattutto un reticolo di rapporti umani che il tempo non ha cancellato. Gente coraggiosa che affronta la vita a testa alta, rimboccandosi le maniche e andando avanti. Lo faranno anche adesso nelle circostanze più drammatiche e continueranno a cantare Romagna mia insieme ai volontari arrivati da ogni dove, come accadde 57 anni fa per l’alluvione di Firenze. Il resto tocca a chi ha responsabilità ad ogni livello: non c’è più tempo da perdere.

Burdel, ce la farete.

Buona domenica e forza Romagna, Marche, Emilia.

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi