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“Tularù”, dove il pane sa di natura

di | 2025-01-05T01:28:16+01:00 5-1-2025 0:01|Attualità, Sezione 1|0 Commenti

CITTADUCALE (Rieti) – Un nuovo forno di montagna per Tularù, con un crowdfunding (info@tularu.it). “Tularuuu”: nonna Assuntina chiamava così, dal casale ai campi, per dire che il pranzo era pronto: “Era un richiamo a valle verso uno spazio bello di condivisione”, scrivono Alessandra Maculan e Miguel Acebes nel sito tularu.it, della loro azienda agricola, nella fattoria del nonno materno di Miguel, in via Case Sparse a Ponzano di Cittaducale, 60 ettari a 850 mt. tra le valli dei fiumi Salto e Velino, in un ecosistema di boschi, pascoli e seminativo: “Vogliamo che continui ad essere uno spazio di condivisione e che la valle reatina sia la prima Social Valley italiana”.

La coppia, con due figli, ha anni di esperienze lavorative in ambito culturale, teatrale e musicale e dopo aver ben ponderato, ha deciso di scommettere su questo posto immerso nella natura. Nel 2015 Miguel e Alessandra sono stati tra i tre finalisti di RestartApp, un progetto della Fondazione Edoardo Garrone di Genova per l’avvio di imprese nelle zone appenniniche “che ci ha dato la spinta finale”. Quando si trovano amici affiatati che condividono un’idea, le scommesse si vincono: c’è Valeria Galluzzi, architetto specializzata in bio-costruzione, Lorenzo Acebes che aiuta nel fine settimana, Matteo Mancini, che con la ONG Deafal – Agricoltura Organica Rigenerativa dà supporto tecnico, i soci dell’Associazione Social Valley, l’Associazione reatina Postribù e le rispettive famiglie.

Tularù è un Centro di Produzione Sostenibile, che produce energie, cibi e culture con farine, pane, carne (bovini al pascolo, un pascolo razionale, che si rigenera, una cane non grassa, che sa di pascolo ed è sostenibile), ortive e frutta (con tecniche di agricoltura organica rigenerativa e orto sinergico). Tra gli alberi nidi di corde, tre stanze B&B, il campeggio e l’agriturismo aperto nel fine settimana. Il pane è stato fin dall’inizio uno degli elementi cardine nella costruzione di relazioni, a partire dal recupero di alcune varietà locali tradizionali di grani che vengono trasformati anche in pizze e dolci e dall’organizzazione della Festa della Mietitura: nel mese di luglio richiama centinaia di persone e di volontari, celebrando la terra con canti e risate come nella migliore tradizione della civiltà contadina.

Alessandra Maculan e Miguel Acebes

Nella terra dove ha operato Nazareno Strampelli (il “genio del grano”, che nella stazione di granicoltura a Rieti ha selezionato varietà di grani per ogni tipo di clima, salvando dalla fame milioni di persone), Tularù ha creato una vera e propria filiera del grano, Alessandra ha selezionato la miscela di farine locali per il “pane di Francesco”, cotto nei forni di comunità, per le iniziative legate agli 800 anni dal primo presepe nel 2024, workshop con pasta madre, in collaborazione con Le Tre Porte, Cooperativa Sociale e di comunità Campagna Sabina, che a Rieti in via della Verdura 21/25 ha creato in questi anni uno “spazio civico” a disposizione della comunità.

Le farine sono il frutto di una cooperativa di produttori locali, per una economia del territorio, Alessandra e Miguel hanno iniziato con il recupero del seme del grano “Rieti”, nel rispetto dell’ecosistema, quello da cui Strampelli partì con le prime modifiche per arrivare ai grani moderni per l’autosufficienza alimentare. Poi ci sono il Terminillo, il Verna, il Frassineto, la Biancola, che, tranne il Rieti, sono grani di montagna/collina. Queste farine hanno un glutine molto poco tenace, sono poco adatte alla panificazione industriale, perché sono instabili, hanno bisogno di una cura particolare per essere lavorate, ma hanno un sapore e un profumo unici, sono nutrienti e il pane dura a lungo.

Il forno a legna tradizionale è diventato ormai troppo piccolo e dispendioso per sostenere la produzione odierna e l’azienda ha lanciato il crowdfunding (30 mila euro) per un nuovo forno, più capiente, chiamando a raccolta i mercati contadini, i gruppi di acquisto solidali di Terni, Roma, Rieti. Nel sito tularu.it il video con Alessandra e Miguel spiega come partecipare. In cambio del sostegno, Tularù offre farine e prodotti artigianali da portare a casa, masterclass di panificazione per imparare i segreti del lievito, weekend detox, workshop di agricoltura rigenerativa per chi desidera toccare con mano un modo diverso di coltivare. Il nuovo forno, più efficiente, riduce anche le emissioni.

Con i fondi del Pnnr l’azienda sta migliorando le strutture ricettive e ampliando lo spazio dedicato alla formazione di nuove persone, una scuola per imparare i segreti della panificazione con pasta madre e forno a legna, per poter replicare l’esperienza in altri posti delle aree interne. L’Appennino è bello “ma viverci non è facile – sottolineano Alessandra e Miguel – bisogna prendere in considerazione il punto di vista dei giovani che scelgono di restare o che sono costretti a farlo per le poche possibilità economiche. Il nuovo forno significa continuità lavorativa e stabilità di reddito per tutti quei ragazzi tra i 20 e i 30 anni che hanno scelto di lavorare con noi e che una volta laureati, vogliono tornare”.

Tularù dà lavoro a 2 persone per tutto l’anno, più altri stagionali, che fanno parte di un processo partecipato, sono artefici del proprio futuro, perché esiste anche il ‘diritto alla restanza’, insieme si può e come ripete Virginia Raffaele nel film Un mondo a parte: la montagna lo fa. Le aziende agricole aderenti alla Filiera dei Grani Antichi del Reatino, si sono costituite in una cooperativa di 9 soci, con oltre 20 aziende agricole conferitrici in filiera e trasformatori locali: 1 pastificio (Chitarra Antica di Rieti) e 2 forni (“Tularù” e “Panificio Acqua e Farina”).

Tularù propone 3 tipi di pane: a fermentazione naturale del cruschello, un pane in cassetta semintegrale e con i semi misti, un pane in cassetta 100% farro integrale. Per il pascolo, Tularù è partner di un progetto di ricerca (“Voisin”), finanziato dalla Regione Lazio. La carne viene consegnata, su prenotazione, in “pacchi famiglia”.

Francesca Sammarco

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