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Sinner e Alcaraz, due autentici giganti

di | 2025-06-13T19:00:15+02:00 15-6-2025 0:30|Sezione 7, Sport|0 Commenti

PERUGIA – Cinque ore e 29 minuti: tanto è durato il match del Roland Garros (mai un incontro era andato avanti così a lungo sulla terra rossa del “tempio” parigino del tennis). Più che una partita tra tennisti, una… maratona. L’alloro della vittoria se lo è calato in testa lo spagnolo Carlos Alcaraz (2003, numero 2 delle classifiche mondiali), ma lo sconfitto, l’italiano Jannik Sinner (2001, numero 1 in graduatoria) non gli è stato da meno: nel conteggio dei punti il “nostro” ha conquistato una lunghezza in più del suo altrettanto valoroso “competitor” (193 contro 192).

Un incontro epico. Vengono in mente gli eroi omerici Achille ed Ettore: sotto le mura di Troia il primo, il più forte guerriero del campo acheo, spense la vita dell’alfiere del trono di Priamo, ma solo grazie all’aiuto ricevuto da una dea, Atena. In quei 329 minuti di gioco si sono condensate emozioni e colpi di scena. Jannik, che si è imposto nei primi due set ha avuto anche la possibilità di chiuderla al terzo, ma non è riuscito a sfruttare il vantaggio e Carlos, che ha talento e potenza muscolare da vendere, è riuscito a rimontare ed a imporsi. Forse Sinner – è una notazione, non la ricerca di un alibi per la sconfitta – ha pagato i tre mesi di stop che gli sono stati inflitti e che gli hanno impedito una continuità di forma e di tenuta fisico-atletica.

I due “millennium” meritano, entrambi, il titolo di “giganti” per come si sono comportati in campo e per le giocate che hanno mostrato. Tra l’altro va rimarcata la signorilità e l’onestà che i due giocatori, impegnati in uno scontro così importante, hanno sfoggiato, riconoscendo, rispettivamente, il punto giocato a favore dell’avversario, sebbene il “verdetto” dell’arbitro fosse stato diverso. Giù il cappello di fronte a tanta sportività. Se sugli spalti hanno resistito sino all’ultimo grandi personaggi di livello internazionale (Dustin Hoffman, Spike Lee, Natalie Portman ed ancora l’ex tennista André Agassi, i cestisti Tony Parker e James Harden, il rugbista Antoine Dupont, il pilota George Russel), anche i telespettatori hanno via via gioito, sofferto, sudato – sì, anche in poltrona si può “faticare” a star dietro a quei due assi – nel seguire la spettacolare esibizione dei contendenti che, secondo gli esperti, segneranno i prossimi due lustri dello sport della racchetta internazionale.

E anche le due madri – Siglinde per Jannik e Virginia per Carlos – hanno patito, sbuffato, chiuso gli occhi, coperto il volto con le mani, persino pregato (almeno l’altoatesina) per i loro rampolli. La madre di Sinner non ha resistito fino all’ultimo: nella fase conclusiva del match si è alzata dalla sedia in tribuna e si è allontanata.

Ci sarà ora chi analizzerà la partita al microscopio per cercare di capire come si può vincere o perdere una partita. Lasciateli fare: è un lavoro da esperti o se si vuole, da anatomopatologi della racchetta. Lo sport è come la vita, basta un nulla per cambiare le carte in tavola. Ricordare il “clinamen” di Epicuro? Ecco, appunto: non serve ricercare le cause. È successo. E nulla può essere mutato. Jannik e Carlos avranno – si spera – altre occasioni per misurare la loro classe, il loro valore, il loro orgoglio.

Elio Clero Bertoldi

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