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San Gennaro, si rinnova il miracolo dell’amore

di | 2025-09-19T14:05:29+02:00 21-9-2025 0:15|Attualità, Sezione 4|0 Commenti

NAPOLI – Sono più di 700 anni che si venera la figura di San Gennaro. Dopo un periodo di ingiustificato silenzio, intorno al 1340 si ritrovano notizie di venerazione del santo, vescovo di Benevento. Un giorno, mentre Sosio leggeva il Vangelo nella chiesa, il Vescovo vide scintillare sopra il suo capo una fiamma che conobbe essere preannunzio del martirio. Pieno di giubilo per tanta grazia, baciò il capo di colui che doveva patire per amore di Gesù Cristo e ne rese grazie al Signore, rimanendo in attesa che si compisse la volontà di Dio. Infatti, poco dopo, per ordine del giudice Draconzio, il santo diacono fu chiuso in prigione.

Ciò saputo Gennaro andò a visitarlo, ed entrato nel carcere esclamò: «Perché quest’uomo di Dio è tenuto prigioniero senza alcun motivo?». Riferite queste parole a Timoteo, prefetto della Campania, questi fece arrestare anche Gennaro. Il nostro Santo, gettato in una fornace ardente, ne uscì illeso. Pertanto il prefetto preso da sdegno, ordinò che il Martire assieme ad un altro diacono, Sisto, ed il lettore Desiderio, fu preso e incatenati furono trascinati fino a Pozzuoli e gettati nella medesima prigione ove erano detenuti Sosio e Proculo ed i cristiani Eutiche e Ponzio già condannati alle belve. Qui Gennaro fu decapitato dopo essere uscito illeso dal tentativo di farlo sbranare da belve feroci.

Nel 313, pochi anni dopo il martirio di Gennaro, l’imperatore Costantino emanò l’editto di Milano, che legalizzava il cristianesimo, e alcuni decenni dopo, nel 380, Teodosio ne fece la religione ufficiale dell’impero. Tra i fedeli si sviluppò il culto dei martiri, cioè dei cristiani che erano stati uccisi a causa della loro fede e Gennaro divenne presto oggetto di venerazione. Nel V secolo il vescovo di Napoli ordinò che il corpo del santo fosse traslato nella città partenopea. Le spoglie furono seppellite nelle catacombe, che da allora divennero note come catacombe di San Gennaro”.

La storia di San Gennaro è straordinaria perché è la storia di un popolo, di un’amicizia, di un cristianesimo vero perché fatto di storie umane concrete, di un abbraccio e di una condivisione fatta di carne. “La Chiesa non l’hanno portata avanti grandi organizzazioni, grandi partiti politici, grandi istituzioni… No. La Chiesa è stata portata avanti dai santi. E al giorno d’oggi saranno i santi a portarla avanti, non noi, neppure il Papa. No, i santi. Loro fanno strada davanti a noi”. Così si pronunciò Papa Francesco davanti ad un gruppo di ragazzi francesi che chiedevano come poter servire la Chiesa. È l’esperienza degli ultimi due santi proclamati tali da Papa Leone XIV, Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati, due giovani vite dedicate interamente alla bellezza di ciò che il cristianesimo offre: fede, dedizione, amore per il prossimo, sacrificio, gioia.

Niente moralismi, nessun paletto bigotto, nessuna forma pregiudiziale. Solo apertura e amore. La Chiesa è questa. Di sicuro già ai tempi di San Gennaro delle storture si sono manifestate, quante, tante. Troppo spesso in contesti specifici dove la storia dell’uomo si mescolava a torbide situazioni geografiche. Ancora oggi tanti errori, tante sbavature ma che evidenziano una sola cosa: la Chiesa, che permane da più di duemila anni, non è retta su opere umane. In seguito al Concilio Vaticano II, che tra le altre cose cercò di mettere un freno ad alcune delle forme più folkloristiche e popolari di venerazione, San Gennaro fu rimosso dal calendario dei Santi e la sua “memoria”, come si dice in gergo, venne resa facoltativa al di fuori dell’arcidiocesi di Napoli. Lo scioglimento del sangue venne definito un “fatto prodigioso” e non un miracolo che impegna la fede di tutti i cattolici. La venerazione popolare dello scioglimento è consentita, ma non è riconosciuta. La reliquia e il resto del tesoro di San Gennaro sono gestiti dalla Deputazione della Cappella del tesoro di San Gennaro, un organo laico che esiste dal 1601 e di cui fanno parte, oltre al sindaco di Napoli, i discendenti di tutte le principali famiglie nobiliari napoletane.

La Deputazione non ha mai consentito approfonditi esami scientifici sulla reliquia, ma – come racconta un articolo del CICAP – la spiegazione della liquefazione ha probabilmente a che fare con un fenomeno chiamato “tissotropia”. Tale fenomeno, però, riproposto con il sangue di una persona “normale” è durato solo due anni. Chissà perché. San Gennaro è espressione ancora oggi di un Bene, di un’apertura di cui bisognerebbe prenderne esempio. Umanità estrema, amicizia, legame forte con i suoi amici tanto da darne la vita. La questione vera è, come ha detto Papa Francesco, che “si tratta di seguire Gesù, non seguire le conseguenze di Gesù. Non le conseguenze sociali: se è grande la chiesa o se è piccola…, no, ma Gesù. Seguirlo nei momenti tranquilli, quando la Chiesa fiorisce e seguirlo nel momento in cui la Chiesa è in crisi. E al giorno d’oggi saranno i santi a portarla avanti, non noi, neppure il Papa. No, i santi. Loro fanno strada davanti a noi. E perché i santi? Perché seguono Gesù. La fede non è una idea: è un incontro con Gesù”.

La storia di San Gennaro è una grande provocazione per il nostro quotidiano. La questione, in fondo, non è neanche se credere o meno a ciò che accade, ma porre l’attenzione ad una realtà, dare fiducia a ciò che normalmente scartiamo a priori. Uscire dai meandri della nostra pochezza e aprirsi all’incomprensibile, al mistero che si fa quotidianità. La sfida in fondo è solo questa: quanta apertura abbiamo verso ciò che accade? Quanta fiducia diamo ad un dato di fatto? Quanto riusciamo ad uscire dal nostro borghesismo interiore? Abbiamo oggi più che mai bisogno della bellezza, di un avvenimento “eccezionale” che ci restituisca lo stupore dell’esperienza, il miracolo della realtà, la bellezza del vivere oltre ogni catastrofismo quotidiano.

Innocenzo Calzone

Giornalista pubblicista, architetto e insegnante di Arte e Immagine alla Scuola Secondaria di I grado presso l’Istituto Comprensivo “A. Ristori” di Napoli. Ha condotto per più di 13 anni il giornale d’Istituto “Ristoriamoci”. Partecipa e promuove attività culturali con l’associazione “Giovanni Marco Calzone” organizzando incontri e iniziative a carattere sociale e di solidarietà. Svolge attività di volontariato nel centro storico di Napoli con attività di doposcuola per ragazzi bisognosi; collabora con il Banco Alimentare per sostenere famiglie in difficoltà. Appassionato di arte, calcio e musica rock.

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