NAPOLI – A New York, su un grattacielo dell’Union Square, ha fatto la sua comparsa il “Climate Clock”, un giganteco orologio che scandisce  il tempo che manca al collasso ambientale: anni, giorni, ore, minuti e secondi che l’uomo ha ancora a disposizione per limitare le emissioni di CO2. Studi climatici, condotti da esperti dell’Organizzazione delle Nazione Unite  e  dall’MCC, Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change, sostengono che restano ancora  7 anni prima che si raggiunga la soglia di riscaldamento globale.

“The Earth has a deadline” (La Terra ha una scadenza), è l’inquietante messaggio che gli autori dell’opera, Kristin Jones e Andrew Ginzel,  hanno voluto lanciare al mondo intero. La data che segnerà la fine del countdown è il 1° gennaio 2028, quando  gli effetti del riscaldamento globale saranno diventati irreversibili. Lo scenario apocalittico futuro lascia senza speranze: scioglimento delle calotte polari e dei ghiacci perenni, alluvioni, dissesti idrogeologici, inondazioni, tempeste sono alcuni dei fenomeni che avranno un impatto devastante sul nostro pianeta. 

Basterà  un orologio a smuovere le coscienze degli uomini? Basterà a ricordare l’enorme influenza che l’uomo esercita sul clima e sulla variazione della temperatura terrestre? Eppure il lockdown attuato nel mondo, in seguito alla pandemia, ha dimostrato come il blocco delle  attività produttive abbia migliorato le condizioni ambientali, seppure limitatamente al periodo di chiusura. L’obiettivo  è rendere, dunque, quegli effetti transitori, duraturi nel tempo, convertire l’azione sciagurata e devastatrice dell’uomo in consapevolezza e responsabilità civica. Diventa urgente e improrogabile cambiare e migliorare il modo di vivere, a favore di una cultura dell’ambiente che sia in armonia con lo sviluppo industriale. Correre ai ripari in tempi brevi è l’occasione unica, urgente e improrogabile che resta all’uomo. Il futuro è ora.

Amalia Ammirati