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Il culto per S. Barbara, patrona dei minatori

di | 2022-12-10T18:39:13+01:00 11-12-2022 6:30|Attualità, Sezione 7|0 Commenti

RIETI – Un’agiografia fantasiosa, quella di Santa Barbara, martire cristiana e patrona di geologi, vigili del fuoco, Marina militare, artificieri, artiglieri, genieri, minatori, architetti, campanari e anche ombrellai. Tra le differenti versioni della sua vita (che fanno anche dubitare che sia veramente esistita e, se sì, è incerto pure il periodo), c’è quella che la vede martire a Scandriglia per mano del padre Dioscuro (che subito dopo venne colpito da un fulmine), uomo pagano, contrario alla fede cristiana. Il suo corpo riposa sotto l’altare maggiore della cattedrale di Santa Maria a Rieti, città e Diocesi di cui è patrona (ma anche altre città rivendicano di custodire il suo corpo). Il suo culto è attestato in Umbria e in Sabina intorno all’anno mille.

E’ una Santa ausiliatrice, che viene invocata per scongiurare i pericoli del fulmine e della morte improvvisa e priva di conforti sacramentali. L’associazione Santa Barbara nel mondo, nata nel 1996 per la promozione e valorizzazione culturale, storica, religiosa e civile di Santa Barbara, organizza ogni anno quattro giorni di festeggiamenti e manifestazioni, anche a Roma, con un grande spettacolo pirotecnico, la giornata dei martiri del lavoro, conferimento di premi internazionali: Solidarietà “Nel Fuoco” per opere di salvataggio, Cultura “Come Barbara “ per le opere artistiche che evidenziano la testimonianza dei valori Universali attraverso il Martirio, testimonianza dei valori universali “Brava Barbara” e la suggestiva processione notturna sul fiume Velino con la statua, la croce di fiaccole, i vigili del fuoco e i sommozzatori.

Il comune di Rieti organizza la fiera di Santa Barbara nel centro cittadino. A Corvaro di Borgorose si festeggia la “Santa Barbara dei minatori”, ed è su questo che vale la pena soffermarsi per raccontare una storia importante, che ha cambiato l’economia, la cultura, la storia dei paesi dell’Italia centrale, quando in Abruzzo e in tutto l’Appennino, c’era “la fame a pezzetti”, come ricordano ancora oggi gli anziani. A Corvaro e nella Marsica si iniziò con lo scavo della galleria di San Rocco a Valle Amara (tra Valle del Salto e Tornimparte). A Valle Amara si va in processione alla cappellina della Madonna e di Sant’Antonio. San Rocco è patrono dei corvaresi, è la Chiesa, il pascolo con Prato San Rocco, il Monte San Rocco e la Galleria, a San Rocco a Corvaro erano devoti anche i primi minatori.

Sul profilo Facebook “Corvaro come Cultura” Lucia Gallina, un papà minatore, scrive: “Corvaro si evolse grazie ad una generazione di contadini e pastori che accettò di diventare operaia per le grandi gallerie, San Rocco e Gran Sasso, con sudore e fatica, un lavoro al limite della sopportazione. Nel giorno di Santa Barbara celebriamo il valore di questo lavoro, che ha contribuito all’evoluzione economica e al progresso della comunità. Il lavoro in galleria fa parte della storia di Corvaro, c’è stata una vera affrancazione, il passato prossimo ci parla di arretratezza in tutti i campi, ci fu una presa di coscienza dei doveri di quella generazione, ma soprattutto dei diritti, non a caso grazie alle lotte di questi operai fu approvato lo Statuto dei lavoratori, nel maggio 1970. Santa Barbara è la patrona dei minatori e noi ricordiamo tutti i minatori di Corvaro e i morti sul lavoro. A Santa Barbara era dedicato un altare a Santa Maria Assunta, la chiesa distrutta dal terremoto del 1915, a cui si elevavano preghiere contro i fulmini ed il fuoco”.

A dicembre 2017 a Corvaro la giornata del minatore con la consegna di un attestato di merito alla memoria dei minatori da parte del sindaco Mariano Calisse, il 4 dicembre 2020 la giornata dedicata al lavoro in galleria “per non dimenticare”. Centinaia di corvaresi lavorarono per il traforo di San Rocco e del Gran Sasso, ad Assergi e a San Giacomo sorgevano i villaggi della società Cogefar. Giulio Leonardi ricorda lo scarico per liberare la galleria dalla ‘breccia’ mentre una ruspa spianava per dare la possibilità a tutti gli altri di scaricare “era una corsa perché si potesse preparare il carro ponte dove erano montate le trivelle ad aria compressa che facevano fori di circa tre metri nella roccia per l’avanzamento, mentre dall’altra parte era già avvenuta l’esplosione”. Nella foto in bianco e nero Alberto Ranieri (Berto) mente posizionava un tubo con la gunite “allora altamente pericolosa per le componenti chimiche. Si dava stando sdraiati su uno spazio piccolissimo. Uno dei lavori più duri, pericolosi e inumani di tutti i tempi”.

Minatori furono tanti uomini del Cicolano, già alla fine degli anni ’30, per la realizzazione delle gallerie Salto e Turano per la costruzione della diga. Per la costruzione della diga ci furono 13 vittime, per il Gran Sasso 11. Nel dopoguerra si scelse di privilegiare il trasporto su gomma, anziché su rotaia (lasciando i progetti delle ferrovie trasversali di congiungimento dei paesi e dei due mari, Tirreno e Adriatico). Negli anni ’60 venne costituita un’apposita società per azioni e nel 1963 venne approvata la costruzione del collegamento Roma-Giulianova attraverso L’Aquila e Teramo che prevedeva sin dal principio la realizzazione di una galleria stradale sotto il massiccio del Gran Sasso. Ci furono anche espropri di terreni, che essendo agricoli furono valutati poco.

Il traforo del Gran Sasso (terza galleria stradale, interamente in territorio italiano, dopo il traforo del Frejus e il tunnel del Monte Bianco) è la più lunga galleria stradale a due canne d’Europa (10 chilometri). I lavori iniziarono nel 1968 e di protrassero per 25 anni (un chilometro l’anno, con un costo che sarebbe oggi di 887 milioni di euro). La prima corsia venne inaugurata nel 1984 dal presidente del Consiglio Bettino Craxi, la seconda nel 1993. Nel 1982 iniziò la costruzione dei laboratori sotterranei dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare voluti dal fisico Antonino Zichichi, a circa mille metri di profondità.

Una ‘talpa’ bucò l’enorme serbatoio di acqua a 600 metri: la galleria venne inondata di acqua e fango (siamo sotto al ghiacciaio del Calderone, che alimenta il bacino del Fosso San Nicola), compromesse le falde acquifere, allagata ed evacuata Assergi. Il livello della falda si abbassò, la portata delle sorgenti dimezzata. Nel 2019 la Procura della Repubblica di Teramo ha aperto un’inchiesta chiedendo la chiusura in entrambi i sensi di marcia per un tempo indeterminato, per un presunto inquinamento delle falde acquifere. Per andare da Avezzano, a L’Aquila, Rieti, ci volevano almeno quattro ore, passando per il passo delle Capannelle, a 1300 metri.

Francesca Sammarco

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