PALERMO – “Le guerre non si dichiarano più e si eternizzano, così come non si sa più quale e dove sia quello che un tempo si chiamava ‘campo di battaglia’… nel mio caso le guerre le ho proprio soltanto viste, nella velocità istantanea dell’ubiquità mediatica”. Prende spunto proprio da “questa comune esperienza da spettatrice attraverso gli schermi” Guerre che ho (solo) visto, Moretti & Vitali Bergamo 2025, saggio di Rosella Prezzo, filosofa, saggista e traduttrice: centocinquanta pagine preziose e assai dense che analizzano acutamente la guerra di ieri, ma soprattutto quella di oggi. E invitano a ‘pensare l’impensato della pace’ alla luce, ad esempio, del pensiero di Simone Weil, Virginia Woolf e Maria Zambrano.

Rosella Prezzo
Emblematici i titoli di due dei capitoli che compongono la prima parte del libro: Dal corpo eroico al corpo osceno del guerriero e alla guerra postumana e Reduci, sopravvissuti/e, profughe/i.
L’autrice sottolinea infatti che, nel passato “Il corpo del guerriero è stato a lungo al centro di una vasta strategia narrativa e simbolica… Attraverso la figura del guerriero, insieme alla retorica del discorso sui caduti in battaglia, si è espressa per secoli l’esemplare virtù civica e politica”. “La rivoluzione francese è il momento in cui il soldato e il cittadino si fondono: il cittadino è tale perché imbraccia le armi per difendere le proprie conquiste rivoluzionarie”. Anche oggi purtroppo “L’implicito nesso tra attestazione di piena cittadinanza e prova fornita in guerra rimane sottotraccia nel discorso politico pubblico”.
Ma, negli ultimi decenni “Si è introdotto un nuovo orizzonte di senso insieme a un nuovo racconto, dove il fronte è diventato globale (privo di spazio e tempo definiti) e soprattutto asimmetrico e iper-tecnologizzato. Alla base sta quello che i teorici del Pentagono hanno battezzato come Information Warfare (IW) o Revolution in Military Affairs (RMA), animata da un vero e proprio millenarismo tecnologico e dalla filosofia della guerra a ‘zero morti’ (ovviamente nelle proprie file).” “Il conflitto armato ad alta tecnologia – annota ancora la studiosa – implica controllo e gestione a distanza del teatro bellico con il minor impegno possibile della variabile umana ma con un’aumentata potenza distruttiva”.
Siamo nel pieno della ‘guerra post-umana, fatta con i droni e l’Intelligenza artificiale, guerra che aumenta a dismisura il fossato tra sé stessi e le vittime, rendendo sempre più aleatoria la responsabilità individuale.

La presentazione a Palermo con l’autrice (seconda da sinistra)
Di contro, con una progressione costante e numeri impressionanti, le vittime delle guerre sono sempre di più i civili (si pensi al massacro odierno di civili palestinesi) e, con loro, le crescenti ondate di profughi: così, evidenzia l’autrice “tornano inevitabilmente a mostrarsi i corpi: corpi non combattenti, sfiniti, violati, intrappolati, annichiliti, soprattutto di donne, insieme a bambini e a vecchi. (…) Corpi in fuga, senza luogo, spostati, braccati: ‘comparse’, ammutolite dalla paura e dal dolore, che vengono a occupare l’intera scena della tragedia bellica…”.
Da dove ripartire per ripensare e progettare la pace? “Pensare e dire la pace significa anzitutto pensare l’impensato della pace…” “Ci troviamo di fronte a un vuoto teorico e di visione. Basti pensare che non è mai stata sfiorata nemmeno l’idea di un Ministero della pace, come se fosse un ideale non politico”.

Simone Weil
Rosella Prezzo ripropone il pensiero di alcune donne del Novecento, che hanno avanzato un’idea diversa di Europa e della convivenza umana. A partire da Simone Weil, che ha sottolineato, tra l’altro, la necessità di una nuova etica verso i bisogni dell’anima: perché, ammoniva Weil, la lotta contro Hitler o il cattivo di turno non mette automaticamente dalla parte dei giusti, ma occorre uno sforzo collettivo «per ricominciare a pensare il destino del mondo», rifiutando «una concezione insufficiente della democrazia», «il male periodico della guerra totale», «la manipolazione più brutale della materia umana».
Nel 1940, in un rifugio antiaereo, mentre gli aerei tedeschi gettavano bombe su Londra, Virginia Woolf scriveva Pensieri di pace durante un’incursione aerea, chiedendosi cosa potessero fare le donne in guerra e contro la guerra: Fight with the mind, combattere con la mente… Le donne non devono smettere di pensare e lottare attraverso la mente, fabbricando idee nuove.

Virginia Woolf
Luminose poi le pagine della filosofa spagnola Maria Zambrano: “La pace, dice in sintesi la pensatrice «è un modo di vivere, di abitare il pianeta, di essere umano», «un’intima rivoluzione» che non mira ad occupare il potere per sé stessi, ma muove ciascuno/a a superare una soglia, quella che separa la «storia sacrificale», fatta di idoli e di vittime, per entrare in un processo di umanizzazione della storia. Un processo che non ha bisogno di armi, di parole d’ordine o «ornate di maiuscole» (per usare un’espressione di Simone Weil), ma di parole che fanno riflettere e insegnano a pensare, parole terrestri e alate”, sottolinea Rosella Prezzo.

Maria Zambrano
Il testo, presentato l’otto giugno a Palermo alla rassegna Una marina di libri, propone anche una ricca antologia di scritti riguardanti la guerra e la pace: pagine che spaziano da Tolstoj a Svetlana Aleksiević, da Bertrand Russell e Albert Einstein alle poetesse Ingeborg Bachmann e Wislawa Szymborska, da Cesare Pavese a Maria Zambrano.
Allora, ci esorta infine l’autrice: “Quando vaghiamo come persi in un labirinto di specchi, privi di orizzonte, in un mondo in cui gli eventi sembrano caderci addosso ineluttabili, il pensiero deve servire da guida’ affinché in quel labirinto e in quel buio non ci smarriamo, aprendoci un varco lì dove non sembra esserci alcun passaggio, alcuna via d’uscita. Proprio allora, come ci invita a fare Maria Zambrano, «occorre cambiare atteggiamento: invece di essere divorati in un processo metafisico di distruzione, levarsi a pensare. Non subire la metafisica, ma farla».
Maria D’Asaro
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