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Rosalia, la garibaldina tradita dal compagno e dagli storici

di | 2025-10-03T19:24:56+02:00 5-10-2025 0:20|Sezione 5, Storie|0 Commenti

PERUGIA – All’impresa dei Mille hanno preso parte – non tutti ne sono a conoscenza – anche le donne. Di cinque di loro i resoconti dell’epoca riportano i nomi: la veneta Antonia Masanello, l’anglo-italiana Jessie Withe Mario, la piemontese Rose “Rosalia” Montmasson, la romana Marzia e la palermitana Lia (delle ultime due non si conoscono le generalità complete). Tutte si aggregarono una volta che Garibaldi ed i suoi sbarcarono in Sicilia. Solo una, invece, si imbarcò alla partenza: la Montmasson. L’eroe dei due mondi aveva diramato un comando esplicito e preciso, cioè che nessuna rappresentante del genere femminile dovesse salire sui battelli “Piemonte” e “Lombardo”, requisiti per l’impresa. Tanto che la duchessa Felicita Bevilacqua, moglie di un dei generali delle “camicie rosse”, era stata respinta. Ma la Montmasson vinse la resistenza del generale forte del fatto che era appena rientrata da una missione segreta, da 007 in gonnella, svolta in Sicilia ed a Malta dove aveva contattato i patrioti locali. “Io li conosco uno per uno. Nei volti e per nome. Con me – spiegò a Garibaldi – non correrete il rischio che spie nemiche possano infiltrarsi nei nostri ranghi…”. Il generale non potette non convenirne. “Verrete, ma a vostro rischio e pericolo”, sibilò.

Rose “Rosalia” Montmasson

Rose Montmasson (1823-1904), che da maggiorenne adottò il nome di Rosalia, risulta la “camicia rossa” numero 338 nell’elenco dei partecipanti alla mitica spedizione. Raccontano che sulla “Piemonte” indossasse una divisa maschile e che non abbia mai chiuso gli occhi. Rosalia veniva da una famiglia contadina della Savoia ed aveva svolto umili lavori di lavandaia e stiratrice a Marsiglia, nell’azienda di uno zio emigrato. Proprio in Francia aveva conosciuto un esule (altre fonti riportano che l’incontro tra i due sarebbe avvenuto a Torino, dove il giovane era finito nel carcere di Palazzo Madama quale rivoltoso) ed aveva finito per sposarlo: il siciliano Francesco Nitti, che poi ebbe una carriera politica di primissimo piano a livello nazionale. Lei si rivelò, sul campo di battaglia, una figura volitiva e capace. Non solo quale crocerossina (come le altre donne), ma persino imbracciando il fucile.

Durante la battaglia di Calatafimi, comunque, si distinse nel compito di infermiera. Narrano che, finite le bende per curare i feriti, Rosalia strappasse, via via, i propri stessi vestiti, tanto da restare quasi nuda. Nel paesino di Vita, vicino al luogo dello scontro e alle rovine dell’antica Segesta, dove la Montmasson arrivò con 200 garibaldini feriti, i religiosi della chiesa di San Francesco, in cui i sopravvissuti furono ricoverati, le fornirono gli abiti… La storia d’amore tra i due patrioti andò avanti per una ventina di anni, tra Malta, Parigi, Londra, Firenze, Roma e finì per i ripetuti tradimenti del compagno, un vero “tombeur de femmes” (ebbe un paio di figli al di fuori del matrimonio). L’addio definitivo nel 1875.

Rose “Rosalia” Montmasson

Lo scandalo esplose tre anni più tardi quando il Nitti, allora ministro degli Interni, prese in moglie una nobile pugliese, discendente dei Borboni, Lina Barbagallo. Il ministro venne accusato dagli avversari di bigamia e la stessa regina. fresca di titolo, Margherita di Savoia, di cui la sposa era dama di compagnia ed amica intima, rimase di sasso e, per di più, venne coinvolta nel clamore della scabrosa vicenda. Nitti, abile avvocato, si difese in giudizio sostenendo la tesi che il parroco che aveva celebrato a Malta le sue nozze con Rosalia, in realtà all’epica tisultava sospeso “a divinis” per la sua attività di patriota e che, pertanto, il matrimonio maltese doveva considerarsi nullo.

La Corte accolse l’argomentazione: in realtà, risultò più tardi a sentenze ormai inappellabili, che la sospensione non ci fosse mai stata. La Montmasson, innamorata profondamente del suo uomo (nonostante, che, oltre a lasciarla, avesse persino saltato il fosso, cambiando giubba: dalle fila dei repubblicani era passato a quelle dei monarchici) si spense a Roma, sola e dimenticata ed è sepolta nel cimitero del Verano. Soprattutto è ingiusto che molte fonti non abbiano riportato il suo nome ed il ruolo svolto da questa eroina a favore dell’unità d’Italia.

Elio Clero Bertoldi

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