/, Sezione 2/Torgiano, rivive l’antica arte etrusca dell’oro

Torgiano, rivive l’antica arte etrusca dell’oro

di | 2025-05-25T09:56:39+02:00 25-5-2025 0:05|Arte, Sezione 2|0 Commenti

PERUGIA – Granulazione. Il termine indica una antichissima tecnica di lavorazione dell’oro che affonda nella notte dei tempi e che ha lasciato tracce nell’oreficeria assiro-babilonese, egizia e, attraverso i secoli, tra gli etruschi. Gli esperti sostengono che proprio in Etruria questa tecnica abbia toccato i vertici della perfezione. Oggi sulla sponda destra del Tevere, a Torgiano (sulla sinistra del fiume sacro alla Roma antica, in territorio degli Umbri, gens antiquissima, si erano affermate Todi, Vettona-Bettona, Arna) opera (da un trentennio ed oltre) Ulderico Giuseppe Pettirossi, un artigiano che si avvale proprio di quel sistema di cui gli etruschi erano diventati maestri.

Come è nata questa idea dell’oreficeria archeologica?

“Io, per l’attività svolta da mio padre, anche lui artigiano, sono nato tra i metalli. Ed ho studiato all’Istituto d’arte orafa di San Sepolcro, città di origine di mia madre. Siccome coltivavo anche una passione per l’archeologia, mi sono immerso nello studio delle antiche tecniche orafe. In particolare mi ha intrigato la granulazione per cui da un lato ho iniziato ad approfondire l’argomento su pubblicazioni specifiche, allora molto rare, e poi sperimentando in laboratorio”.

Insomma “provando e riprovando”, il “cimento” secondo gli insegnamenti di Galileo Galilei…

Ulderico Giuseppe Pettirossi

“Proprio così. Si trattava di verificare il modo in cui i granuli d’oro, piccoli fino ad un decimo di millimetro, venissero saldati sul fondo di una lamina dello stesso metallo. Nel corso delle ricerche mi imbattei in quella che Plinio il Vecchio nella Naturalis historia, definisce, ‘santerna’ o crisocolla. Lo scrittore romano, morto durante l’eruzione del Vesuvio del 79 dC, mentre era comandante della flotta imperiale del Miseno, parlava di una sorta di miscela composta da una pietra verde, la malachite, dal ‘nitrum’ o salnitro e dall’urina di un giovanetto. Il tutto pestato in un mortaio di rame”.

Lei ha riprodotto alla lettera le indicazioni di Plinio il Vecchio?

“No, sinceramente. Con i miei esperimenti ho utilizzato il verderame, anche il solfato di rame, oppure l’ossido di rame, un minimo di ammoniaca ed un poco di acqua. Inoltre ho utilizzato un forno elettrico, non a carbone come gli etruschi. Ho portato la temperatura a 900-920 gradi. Una ricetta, la mia, molto efficace e raffinata. Chiaramente non posso renderla nota: resta un segreto tutto mio”.

E per riprodurre gli oggetti antichi quale strada ha scelto?

Un gioiello creato con la tecnica degli Etruschi

“Guardando le foto dei reperti archeologici ed andando anche a vederli da vicino, dal vivo. Al Museo Archeologico Nazionale di Perugia ho avuto modo di ammirarli e studiarli bene. Ho conservato anche una fibula ed un orecchino a disco, fatti da me, i cui originali sono esposti la prima al Museo di Rhode Island e il secondo al Metropolitan di New York”.

Sulla fibula sono rappresentati numerosissimi animali…

“È vero: 28, per la precisione. Siamo nel periodo orientalizzante e gli artisti etruschi utilizzavano la granulazione per raffigurare molti animali ma soprattutto pantere, grifi, chimere, delfini, cavalli, capre…”.

Anche gli strumenti sono gli stessi utilizzati dagli etruschi?

“Certo. Alcuni li ho ricostruiti a mano da solo. Pinzette, mollette, punteruoli, bulini a taglio, scalpellini. Per fare un esempio le lime gli etruschi non le usavano ed io non le utilizzo durante la lavorazione di un oggetto”.

Cosa chiedono i suoi clienti?

“Intanto preciso che quelle che escono dal mio laboratorio non sono copie: preferisco definirle ricostruzioni. Alla fine degli anni Novanta i collezionisti apprezzavano particolarmente, per fare un regalo alle mogli, alle compagne, alle figlie o per tenersi per sé, i monili ammirati nelle teche dei musei. Le richieste mi arrivavano non solo dall’Italia, ma persino dall’estero. Oggi, per la precisione a partire dal 2008, questo tipo di clientela è sparito. Purtroppo. Una sorta di discesa nell’Ade, negli Inferi per noi orafi”.

Colpa del cambiamento dei gusti o dell’economia?

“Probabilmente la crisi economica ha rivestito un fattore di importanza centrale. Ma si è anche formata, nella società, pure una idea diversa del gioiello: la maggior parte si indirizza verso la firma, la marca di grido”.

I ricchi dell’antichità come Trimalcione e sua moglie Fortunata indossavano per ostentare la propria opulenza monili appariscenti…

“Ci sono anche oggi soggetti di questo tipo, ma in genere la moda attuale risulta più minimalista…”.

Cosa viene richiesto, più di frequente?

“Collane, anelli, bracciali, orecchini, grosso modo quello che chiedevano le matrone etrusche”.

A che numero assommano in Italia gli artigiani che ricorrono davvero alla tecnica della granulazione?

“Siamo decisamente pochi. Conosco di persona un artigiano di Montepulciano ed uno di Bologna. Un altro mi pare lavori nel Grossetano. in altre zone d’Italia non mi risulta operino orafi che utilizzino questa tecnica”.

Benvenuto Cellini accenna nella sua autobiografia alla granulazione, ma non ci si è cimentato. Invece nell’Ottocento qualcuno, in Italia, ha riprodotto alla grande i gioielli etruschi…

“Sì. I Castellani, orafi ed antiquari romani. Il padre Fortunato Pio e i due suoi figli, Augusto ed Alessandro. I loro capolavori sono esposti al Museo Etrusco di Villa Giulia. Ebbero modo di osservare e studiare il materiale in deposito giudiziario del Monte di Pietà dopo l’arresto e la condanna del marchese Giovan Pietro Campana, che aveva amministrato male l’istituto che gli era stato affidato ed i tre produssero gioielli splendidi. Più tardi le collezioni furono disperse tra la Francia (vendute a Napoleone III e poi al Louvre), la Russia e l’Inghilterra”.

Elio Clero Bertoldi

Nell’immagine di copertina, l’artigiano Ulderico Giuseppe Pettirossi con alcune delle sue creazioni nel laboratorio orafo di Torgiano

IL PROFILO Ulderico Giuseppe Pettirossi ha 54 anni e vive e lavora a Torgiano. Il suo laboratorio – “Oro degli Etruschi” – si trova in corso Vittorio Emanuele a pochi metri dalla chiesa parrocchiale della città. L’artigiano ha studiato oreficeria all’Istituto d’Arte di San Sepolcro. Suo padre Ulderico, ora in pensione, ha frequentato la bottega di Riziero Belia e l’Accademia d’Arte a Perugia, ed è stato un bravissimo forgiatore di metalli (bronzo ed ottone) oltre a produrre oggetti, negli Anni Ottanta, anche per la bigiotteria della “Spagnoli”. Pettirossi è uno dei pochi artigiani in Italia – si contano sulle dita di una mano – che riproducono monili etruschi con la tecnica degli antichi orafi dell’Etruria.

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi