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La fabbrica di armi che minaccia l’ambiente

di | 2021-02-19T19:01:29+01:00 21-2-2021 6:15|Attualità, Sezione 4|0 Commenti

DOMUSNOVAS (Carbonia-Iglesias) – La fabbrica d’armi RWM è un’azienda del gruppo tedesco Rheinmetall, multinazionale degli armamenti, con sede a Ghedi, in provincia di Brescia, e a Domusnovas, in provincia di Carbonia-Iglesias. Nonostante le continue richieste dei gruppi pacifisti e antimilitaristi isolani è pronta ad ampliare lo stabilimento produttivo in Sardegna. Lo stabilimento, nato principalmente per la produzione di esplosivi per le miniere della zona del Sulcis-Iglesiente, nel 2010 è stato acquistato dall’azienda RWM e convertito in fabbrica di bombe per aereo Mk82. Negli anni la richiesta di armi è aumentata e con essa anche la produzione e i fatturati, passando dai 102 milioni di euro del 2018 agli oltre 114 milioni di euro del 2019, ha avanzato una richiesta di espansione, ignorando le regole che un’industria che ha un enorme impatto sull’umanità e sull’ambiente dovrebbe seguire e di cui dovrebbe tener conto.

L’area industriale si trova nell’isola amministrativa detta “San Marco”, zona nota per la sua importanza naturalistica, archeologica e turistica, e considerata zona “bianca”. Il territorio presenta inoltre molteplici paesaggi, include belle spiagge e splendide scogliere, l’Arcipelago del Sulcis, e l’area delle miniere di carbone, piombo e zinco, abbandonate negli anni ’70 perché esaurite, che oggi costituiscono un’importante testimonianza di archeologia industriale. L’impianto di Domusnovas produce le bombe destinate all’Arabia Saudita per il conflitto che dal marzo 2015 si combatte in Yemen e solo nel 2016 la RWM ha ottenuto dal ministero degli Esteri 45 nuove autorizzazioni alle esportazioni di ordigni bellici. Per questo motivo l’azienda tedesca si è classificata al terzo posto per giro d’affari tra le industrie del settore.

La guerra, iniziata nell’aprile del 2015, vede contrapporsi la coalizione saudita, che appoggia il presidente Abd Rabbin Mansur Hadi, deposto con un colpo di stato nel gennaio 2015, alle milizie Houthi. Questo conflitto non va inquadrato solo come scontro tra sunniti e sciiti, sarebbe riduttivo infatti parlare solamente di lotta religiosa. L’Arabia Saudita e l’Iran sono due tra le principali potenze produttrici di petrolio. Ciò ha implicato la presenza di tanti altri attori internazionali che sono intervenuti nella guerra, e tra questi primeggia purtroppo l’Occidente schierato con l’Arabia Saudita che finanzia la produzione di armamenti su larga scala. L’ampliamento dell’impianto richiesto dalla RWM inciderebbe notevolmente sull’ambiente e sulla salute della popolazione, infatti l’espansione avverrebbe su un’area boschiva all’interno del parco Geominerario, ai margini dell’istituendo parco regionale del Limas-Marganai-Oridda. Se ciò fosse realizzato, il nuovo campo prove potrebbe mettere a rischio flora, fauna e popolazione locale per la possibile contaminazione delle falde acquifere e della terra destinata alle coltivazioni.

Ma la popolazione locale non è del tutto d’accordo con queste posizioni e, anzi, la maggior parte degli abitanti di Domusnovas e dintorni non ha voluto prendere in seria considerazione le ragioni di chi chiede la chiusura della fabbrica. La motivazione principale è che oggi la RWM è una delle poche aziende che offre lavoro ad una regione con tassi di disoccupazione altissimi, sebbene tutti siano consapevoli che le armi prodotte siano le stesse utilizzate dall’Arabia Saudita contro la popolazione civile dello Yemen. Non soddisfatta dei propri profitti, la RWM ha iniziato a vendere armi anche alla Turchia. Oltre 200 bombe da aereo (le Blu109), da 2.000 libbre, oltre 900 chili l’una, per oltre 15 milioni di euro, sono state infatti prodotte dallo stabilimento sardo su richiesta della multinazionale tedesca e vendute al governo di Istanbul su autorizzazione dell’Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), presso la Farnesina. È un paradosso, ma nemmeno la pandemia ha fermato la fabbrica della morte e anzi, durante il lockdown del marzo 2020, la fabbrica di Cameri, presso Novara, ha proseguito la costruzione dei cacciabombardieri F–35 e a Domusnovas gli stabilimenti della Rwm hanno continuato a produrre ordigni esplosivi.

Nemmeno la sospensione di 18 mesi della produzione di bombe e missili destinate alla coalizione saudita per la guerra in Yemen, decisa a luglio 2019 dal governo, ha fermato per un istante la fabbrica sarda. Dai dati Istat sul commercio estero si evince che nel 2019 il governo ha autorizzato produzioni di armi per 63,7 milioni di euro e sono stati effettivamente già consegnati armamenti per 338,2 milioni. Solo nei primi sei mesi del 2020 sono state consegnate armi per 59,99 milioni. Un record storico che non si vedeva dal lontano dal 1991. Fortunatamente la fabbrica che produce materiale bellico ha drasticamente ridotto la sua attività a partire dal 29 luglio dell’anno scorso, quando il Governo ha sospeso l’esportazione delle bombe d’aereo verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi e ora ha ricevuto lo stop definitivo da parte del governo Conte con la revoca delle licenze per la fornitura di bombe e munizioni pesanti ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

La multinazionale RWM -Rheinmetall ha fatto grossi investimenti nell’industria bellica sarda, raddoppiando i suoi impianti nell’isola, e nonostante tutte le lotte degli ultimi anni c’è il rischio che l’azienda tedesca nel 2021 riprenda a Domusnovas la sua produzione di micidiali ordigni. In questi anni le voci fuori dal coro non sono rimaste in silenzio e gli attivisti sardi hanno cercato di frenare l’espansione di questo business di morte con sit in, ricorsi amministrativi, esposti alla procura, ma con pochi risultati. Anzi, solo per sostenere il contenzioso legale hanno già speso circa 8000 euro in due anni. La pace va costruita, per questo l’associazione “Sardegna pulita” chiede una riconversione che valorizzi la vocazione agropastorale dell’area affinché la fabbrica diventi un centro caseario regionale.

Si prospetta pertanto l’idea di un’industria lattiera sperimentale, che valorizzi il latte dei 4 milioni di ovini della regione, usato prevalentemente per produrre il pecorino romano pagato a prezzi irrisori. Diversificare la produzione renderebbe remunerativo l’allevamento e creerebbe occupazione. I lavoratori che ad oggi lavorano per la Rwm, circa 200 persone, verrebbero impiegati nel nuovo stabilimento nella produzione di formaggi di qualità che farebbero leale concorrenza alla produzione del pecorino romano. Se vogliamo costruire un mondo dove regni la pace dobbiamo cambiare le nostre priorità. La guerra comincia dove si fabbricano le armi. La pace è un’esigenza universale, ma non nasce da sola. Il valore immenso della pace viene compreso dagli uomini quasi sempre quando questi l’hanno irrimediabilmente perduta, ma allora diventa anche più difficile vincere l’odio che la spirale della violenza ha generato.

Virginia Mariane

Amante del buon cibo, di un libro, della storia, dell’archeologia, dei viaggi e della musica

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