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Quando finì lo Stato Pontificio e Roma divenne capitale

di | 2022-10-13T11:56:28+02:00 9-10-2022 6:45|Cultura, Sezione10|0 Commenti

FIRENZE – Intorno alle 9 del mattino del 20 settembre 1870, l’artiglieria dell’esercito italiano al comando del generale Raffaele Cadorna aprì una breccia larga trenta metri nelle mura di Roma, a pochi passi da Porta Pia, dopo quattro ore di cannoneggiamento. Entrarono in città un battaglione di fanteria e uno dei bersaglieri. Alle 10,35 lo Stato Pontificio annunciò la resa e sventolò bandiere bianche dalla cupola della Basilica di San Pietro e dalle mura di Castel Sant’Angelo. La data della conquista di Roma, uno degli ultimi capitoli del Risorgimento, è stata celebrata ribattezzando la via principale in via XX Settembre in molte città italiane; fu anche dichiarata festa nazionale prima di essere abolita nel 1929, con i Patti Lateranensi tra l’Italia fascista e la Santa Sede.

Già nel 1860 Camillo Benso, conte di Cavour, allora presidente del Consiglio dei Ministri del Regno di Sardegna, diceva in un discorso: «La nostra stella, o Signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la città eterna, sulla quale 25 secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventi la splendida capitale del Regno italico».

Nel 1860, a seguito della Guerra d’Indipendenza e del referendum, gran parte del territorio della penisola fu annesso militarmente.

Il neocostituito regno da un lato, e la restante parte dello Stato Pontificio dall’altro, per circa mille anni il potere secolare del papa aveva controllato gran parte dell’Italia centrale come se fosse un sovrano comune. nella progressiva perdita dei territori pontifici, che, all’epoca della proclamazione del Regno d’Italia, comprendevano solo una parte del Lazio. Attraverso canali diplomatici e contatti fidati a Roma, Cavour propose al Papa la completa indipendenza dei cattolici. All’inizio papa Pio IX sembrava disposto ad accettare l’offerta, ma le trattative per i mesi successivi fallirono e non portarono a nulla.

I problemi di Roma furono complicati dalla presenza delle truppe francesi sul territorio pontificio, dove fornirono aiuto e protezione al papa. Cavour fece pressioni sull’imperatore francese Napoleone III affinché promettesse di eliminare la guarnigione. I negoziati sfociarono in un progetto di accordo in cui la Francia si impegnava a ritirare la sua guarnigione se le truppe italiane non avessero attaccato lo Stato Pontificio. Ma la morte di Cavour nel giugno 1861 fece deragliare il progetto.

Papa Pio IX

L’attività diplomatica continuò negli anni successivi, e nel 1863 si giunse con la Francia ad un accordo simile a quello stipulato con Cavour attraverso il “Patto di settembre”. La Francia si sarebbe ritirata in cambio della promessa dell’Italia di non invadere lo Stato Pontificio. Tuttavia, il riconoscimento da parte dell’imperatore del diritto dell’Italia di intervenire a Roma in caso di rivoluzione sancì di fatto il Regno d’Italia con molteplici diritti sulla futura capitale.

Le cose si complicarono nel 1867. Di fronte a una situazione di stallo diplomatico, i volontari di Giuseppe Garibaldi avevano tentato di invadere il Lazio a novembre. I francesi risposero sbarcando a Civitavecchia e unendosi alle forze pontificie contro i Garibaldini. I francesi, in violazione del Patto di settembre, decisero di mantenere la guarnigione. L’occupazione francese rallentò la diplomazia e portò a un nuovo periodo di stallo, con l’Italia che cercava di portare la questione di Roma all’attenzione delle potenze europee.

Il generale Raffaele Cadorna

Nell’agosto del 1870 fu completata la spedizione militare nell’Italia centrale. L’obiettivo ufficiale era quello di mantenere inviolabile il confine tra il suolo italiano e lo Stato Pontificio, ma c’era anche la possibilità di un intervento militare a Roma in caso di rivolta per impedirne l’allargamento nel territorio italiano. Un pretesto diplomatico che permise di fatto all’esercito di sfondare le mura. L’8 settembre Vittorio Emanuele II inviò una lettera a Pio IX, esprimendo la sua intenzione di entrare nello Stato Pontificio.

Il 20 settembre si apre la spaccatura di Porta Pia a nord-est della città. Dopo i primi momenti di esitazione, le persone si impegnarono con entusiasmo, come raccontano le cronache dell’epoca:

“Molti cittadini romani cominciano a girare per le strade armati alla meglio e con bandiere tricolori. Una folla considerevole s’avvia alle Quattro Fontane (strada di Porta Pia); accoglie ed accompagna con entusiasmo indescrivibile, con plausi e canti e lacrime di gioia l’esercito liberatore che occupando gli sbocchi delle vie traverse si dirige sulla gran piazza di Monte Cavallo dirimpetto al palazzo del Quirinale”. (Gazzetta del Popolo, 25 settembre 1870)

La capitale d’Italia fu trasferita da Torino a Firenze nel 1864, diventando infine Roma: la legge fu promulgata il 3 febbraio 1871. La proclamazione di Roma come capitale pone fine al potere secolare del papa. Pio IX si ritrova effettivamente confinato tra le mura leonine e si dichiara prigioniero del Vaticano, innescando una lunga disputa diplomatica – la cosiddetta Questione Romana – che durerà 59 anni. Pio IX preparò anche il “Non Expedit”, un duro documento di orientamento in cui invitava i cattolici italiani a smettere di partecipare alla vita politica. L’anno successivo, il governo italiano tentò di riconciliarsi con il papa, ma con scarso successo.

Fu solo nel 1929, con la firma del Trattato di Rutland, che le cose si calmarono. Il regime di Benito Mussolini fu molto generoso con il Vaticano, offrendo esenzioni dal servizio militare per clero, leggi sul matrimonio e sul divorzio e 1,75 miliardi di lire in riparazioni, secondo la Chiesa. L’accordo riconosceva l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede e istituiva lo Stato della Città del Vaticano. Solo nel 1984 il presidente del Consiglio Bettino Craxi e il cardinale Agostino Casaroli firmarono un emendamento per eliminare la clausola che definiva il cattolicesimo religione di stato.

Boris Zarcone

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