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Quali provvedimenti in tempo di crisi?

di | 2023-02-03T13:22:45+01:00 5-2-2023 6:00|Cultura, Sezione 1|0 Commenti

TARANTO – Ai tempi dell’imperatore Nerone, Roma contava circa un milione di residenti: la più grande città del mondo.

L’incendio del 64 d.C., durato nove giorni, distrusse completamente 3 delle 14 circoscrizioni augustee (Regiones) e di 7, secondo Tacito, restarono solo ruderi rovinati ed abbruciacchiati: solo 4 circoscrizioni su 14 si salvarono dalle fiamme. Centinaia, forse migliaia, i morti e centinaia di migliaia gli sfollati; decine di migliaia gli esercizi produttivi e commerciali cancellati dal fuoco e dai crolli.

L’imperatore Nerone

Sedato l’incendio, gli interventi assunti dall’amministrazione neroniana furono tempestivi e molti di questi vennero garantiti dal Fiscus (il patrimonio personale dell’imperatore). Nerone, in particolare, provvide a calmierare il prezzo del grano, ponendone il tetto a 3 sesterzi/moggio (circa 2,5 €/Kg); a garantire l’immediato riapprovvigionamento di cereali, vestiti e utensili; ad ottimizzare l’utilizzo delle attrezzature fornite dal genio militare; a far rimuovere le macerie da personale specializzato, recuperando i materiali ignifughi e affondando nelle paludi di Ostia i detriti non riutilizzabili; a proteggere dall’emungimento abusivo e incontrollato le preziose riserve idriche.

Le risorse del Fiscus erano immense ma pur sempre limitate e le finanze statali (Aerarium) erano al lumicino, sicché i problemi veri arrivarono con la ricostruzione: serviva denaro, tantissimo denaro ed occorreva assumere provvedimenti urgenti che fossero il meno impopolari possibile e che garantissero di rimpinguare le casse dell’Erario. Quali decisioni vennero prese?

Per prima cosa Nerone istituì un tavolo tecnico: ne facevano di sicuro parte i prefetti Tito Flavio Sabino, Gaio Ofonio Tigellino e Claudio Atenodoro, poi il curator aquarum, il preafectus Vigilum, forse i consoli in carica, gli edili ed il praefectus Fabrum, ma soprattutto le archistar Severus e Celer, i Renzo Piano e Stefano Boeri di allora.

La mappa di Roma ai tempi di Nerone

Il risultato del lavoro del tavolo tecnico fu la definizione di precisi vincoli urbanistici (non più “grattacieli” interamente realizzati in legno e addossati gli uni agli altri, non più vicoletti malsani ma strade dall’ampia carreggiata con slarghi e “rotatorie”); disposizione a griglia delle vie cittadine, con formazione di isolati regolari (secondo lo schema ippodameo); ampliamento dell’Urbe in direzione sudovest; costruzione di due canali navigabili: dal lago di Averno ad Ostia (237 Km per una larghezza di 60 m) e da Ostia a Roma, al fine di favorire il continuo e sicuro  approvvigionamento di derrate; erezione di una nuova residenza imperiale, in sostituzione di quella (Domus Transitoria) distrutta nell’incendio. Di tutte queste opere solo l’ultima venne compiutamente realizzata, la Domus Aurea, ma non per responsabilità di Nerone.

E il denaro? Le misure economiche e finanziarie che furono assunte possono essere sintetizzate in: svalutazione monetaria, bonus edilizio e contributo di solidarietà, ma i loro effetti non sono sovrapponibili a quelli che provvedimenti apparentemente analoghi determinano oggi. Vedremo perché.

La svalutazione monetaria, che coinvolse solo aureus e denarius (monete d’oro e d’argento), oggi verrebbe chiamata “prelievo forzoso sui conti correnti”. Non c’erano banche all’epoca e il denaro contante veniva custodito in “banconote di grosso taglio” all’interno di pesanti casseforti domestiche: svalutare solo le monete realizzate con metalli nobili significava dunque colpire il patrimonio in valuta dei più abbienti.

Il “bonus edilizio” consisteva nel riconoscimento di premi nel caso di riedificazione di edifici distrutti: se si ricostruiva, a norma e in tempi rapidi, si veniva esentati, in tutto o in parte a seconda del valore dell’immobile, dal pagamento delle tasse o si provvedeva allo stralcio delle “cartelle esattoriali” giacenti. Veniva addirittura riconosciuta l’ambitissima cittadinanza romana a chi avesse riedificato un immobile del valore attualizzato di almeno mezzo milione di euro! Per contro, se si ritardava a ricostruire o non si intendeva farlo, l’area in proprietà veniva acquisita dall’Aerarium e posta all’asta. Anche questo provvedimento colpiva, ovviamente, il patrimonio delle classi più elevate.

Il “contributo di solidarietà”, come diremmo oggi, era una tassa straordinaria, un’una tantum che andava ad interessare i patrimoni di tutte le comunità dell’impero: un’altra patrimoniale.

Il malcontento suscitato da tali provvedimenti nelle classi più abbienti si tradusse nella “congiura”, ordita dal senato di Roma, che portò all’attribuzione dell’imperium a Servio Sulpicio Galba, l’uomo più ricco del mondo dopo l’imperatore, e al suicidio di Nerone.

Schierarsi apertamente contro “il Capitale” è assai pericoloso, se non si gode del pieno e sicuro sostegno popolare. Nerone cercò, per tutta la vita, di guadagnarsi il consenso della plebs ed in principio ci riuscì pure: purtroppo le masse sono incostanti e manipolabili, sicché l’incendio per qualcuno rappresentò, come accade anche oggi a seguito di altre tragedie, l’occasione propizia per sistemare (nello specifico diffondendo fake news sulle responsabilità dell’imperatore) i propri affari.

Bisogna scegliere da che parte stare: nei momenti di crisi, i provvedimenti da assumere sono sempre quelli, oggi come duemila anni fa, e l’unica opzione è decidere in quali tasche infilare la mano.

Riccardo Della Ricca

Nell’immagine di copertina, l’incendio che distrusse in gran parte Roma ai tempi di Nerone

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