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Progetto per ridar vita all’antica via del sale

di | 2021-12-12T07:25:05+01:00 12-12-2021 6:35|Cultura, Sezione 8|0 Commenti

SCANDRIGLIA (Rieti) – “L’archeologia dell’antica via del sale”, un progetto dell’archeologo Carlo Virili per l’Università Agraria di Ponticelli, che coinvolge i comuni sabini di Frasso, Poggio Moiano, Scandriglia, la Soprintendenza archeologica del Lazio e dell’Etruria Meridionale, l’Università La Sapienza (dipartimento scienze dell’antichità), il Parco Regionale dei Monti Lucretili, l’area protetta Gole del Farfa, aperto ad aziende locali che vorranno aderire e società attive nel settore della gestione del turismo culturale, siglando un accordo di programma. Il progetto coinvolge un territorio in cui sono diffuse, anche se in modo “parcellizzato”, realtà archeologiche legate all’antico tracciato della via Salaria, per costituire un’area tematica con diffuse “tracce di vita millenaria”, itinerari e cammini che rivestono aspetti sociali-economici-politici-militari e religiosi.

Vengono presi in esame siti di interesse archeologico, soprattutto del periodo romano, per creare un circuito di interesse tematico locale, incentrato sui grandi attrattori culturali lungo l’antica via Salaria, principalmente su sette siti archeologici già conosciuti, mettendoli in sicurezza e migliorandone l’accessibilità, creando sentieri per passeggiate a piedi, in bicicletta, a cavallo, con spazi connettivi e di attrazione. Filo conduttore l’età romana, la vicinanza di una grande arteria stradale come la nuova via Salaria che, oggi come allora, collega Roma con la Sabina. Lo scopo è ricostruire e valorizzare il circuito tematico di un paesaggio antico, creando un museo diffuso dell’antico itinerario della via del sale. Il principio ispiratore è quello di stimolare una nuova sensibilità politica nazionale ed europea, a tutela e sostegno del territorio attraverso una migliore gestione dei flussi turistici, seguendo il filone storico-archeologico, vero nostro “made in Italy”, con strategie di promozione e comunicazione che rientrino nel catalogo delle “buone pratiche del turismo culturale”, per sviluppare un nuovo modello di coesione sociale, creare occupazione e migliorare il benessere nella comunità territoriale. Sarà necessaria l’imprenditoria privata per la gestione del’ museo diffuso’ attraverso un partenariato pubblico/privato. Nella progettazione saranno importanti i materiali, gli spazi liberi, i dettagli costruttivi, la valorizzazione delle caratteristiche naturalistiche, per la tutela ambientale e paesaggistica.

L’intera area conserva omogeneità paesaggistica, ma è degradata e abbandonata, con il rischio di diventare luogo di sviluppo incondizionato, con introduzione di elementi estranei, frammentazione e destrutturazione. Da rimuovere piante inselvatichite, discariche che rendono di difficile la fruizione di importanti siti archeologici. Oltre alla villa romana di rango imperiale appartenente alla nobile famiglia dei Brutii Presentes (I sec. a.C/III sec. d.C.), vengono presi in esame il viadotto monumentale chiamato “Ponte del Diavolo”, monumenti funerari, sepolcri a torre e un mausoleo a tamburo cilindrico, sepolcri dei Torracci, grotta e sepolcri dei Massacci, edifici di culto di età paleocristiana come la chiesa della Madonna dei Colori, i resti dell’antico tratto della via del sale.

Bruttius Praesens è il più importante personaggio della famiglia dei Brutti Praesentes, vissuto tra il principato di Domiziano e quello di Adriano. La sua ascesa politica venne favorita dalle nozze con la figlia di un personaggio molto ricco, ma fu anche un valoroso guerriero raffigurato nella Colonna Traiana a Roma. Di sua moglie si conosce un’iscrizione murata nelle fondamenta della chiesa di Santa Vittoria a Monteleone Sabino, che la indica come autrice di grandi munificenze per la città di Trebula Mutuesca (altro sito archeologico molto importante). A Ponte del Diavolo esiste un poderoso muraglione in opera quadrata per sostegno del piano stradale, alto circa 13 metri e lungo quasi 20, con chiavicotto in alto per lo scolo dell’acqua. Il sepolcro romano detto Li Massacci si compone di un basamento in opera quadrata di circa 20 metri di lato con una cella coperta da una volta a crocera, altri avanzi di sepolcri mostrano il percorso esatto della via poco lontano.

La villa della Madonna dei Colori fu scavata la prima volta nel 1824 da due antiquari romani interessati al mercato delle sculture romane (80 statue di varie dimensioni e frammenti) ma il controllo dello Stato Pontificio impedì che fossero vendute all’estero. Gran parte del materiale venne acquistato dal principe Francesco Borghese e restò nella villa Borghese fino al 1897, poi furono vendute in gran parte alla Ny Carlsberg Glyptotheke di Copenaghen, dove sono tuttora esposte (da qui è tornato a casa il carro di Eretum). Restò in Italia soltanto il Fauno Danzante, mentre un altro gruppo non precisato di sculture, andò ad abbellire l’Achelleion di Corfù, la celebre villa di Elisabetta d’Austria, moglie dell’imperatore d’Austria, Francesco Giuseppe.

L’origine della via Salaria, che conduceva da Roma a Martinsicuro (Castrum Truentinum) è ignota, ma era importante, perché destinata ad agevolare il trasporto del sale dal Mare Adriatico (per le popolazioni del versante orientale dell’Appennino), dal Mar Tirreno (per quelli della bassa Sabina), la cui ultima meta doveva essere il litorale presso la foce del Tevere, dove, dal tempo dei re, esistevano vaste saline. Valicava l’Appennino sotto il Monte Terminillo attraversando i territori dei Sabini e dei Piceni, tra i quali, racconta Plinio, esisteva un trattato per il libero commercio del sale prodotto nelle saline. In molti punti il tracciato vecchio corrisponde a quello della nuova via Salaria che usciva da Roma dalla Porta delle Mura serviane e dalla Porta Salaria dalle Mura di Aureliano, rasentava il Tevere fino a Passo Corese, addentrandosi in Sabina fino a Rieti, che era la prima meta importante e forse il tronco più antico attraverso la Sabina. Nell’immediato suburbio di Roma esistevano due vie Salaria una detta Salaria Vetus (seguiva l’attuale via di Porta Pinciana), che attraversando i Parioli si ricongiungeva a Ponte Salario sull’Aniene con la Salaria Nova, costruita più tardi. Ponte salario fu più volte distrutto (nel 1867 fu addirittura fatto saltare per impedire la marcia di Garibaldi su Roma).

Una strada importante dunque, ricca di storia, immersa tra gli ulivi e il verde della Sabina, non ci resta che augurare che il progetto si possa realizzare quanto prima e che non resti un sogno nel cassetto, come spesso accade e che vengano attuate tutte le strategie di collaborazione e coinvolgimento delle istituzioni necessarie.

Francesca Sammarco

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