ROMA – È il ponte per eccellenza, primato che gli spetta per dimensioni, virtuosismo tecnico, età, fascino, potenza. Alto 30 metri e lungo 80, Ponte Lupo (in una lingua di terra incuneata tra Poli e Tivoli ma ancora nel Comune di Roma) è uno dei tanti viadotti costruiti dai romani tra i monti Tiburtini e i Prenestini. Queste strutture dovevano permettere all’acquedotto realizzato dal pretore Quinto Marcio re (quello dell’acqua Marcia, per intendersi), tra il III e il II secolo a.C., di scavalcare le valli di un vasto territorio portando a Roma l’acqua del fiume Aniene.

Il principe Urbano Barberini

Su di sé, come un dipinto più volte restaurato, ha tutti i segni del tempo, leggibilissimi nei rifacimenti avvenuti in due millenni, ascrivibili alle varie epoche a seconda dei materiali utilizzati. L’archeologo inglese Thomas Ashby, che lo scoprì e lo studiò nell’800, ne parló come del ponte di acquedotto romano “più interessante di tutti”. La sua veneranda età e il luogo dove sorge, in una natura primordiale, ne hanno fatto il muto testimone del tempo, tanto da rappresentare, per dirla con la guida Luigi Plos che qui accompagna i suoi seguaci, “un impero, quello romano, che spicca per la sua durata e per l’impatto sull’immaginario collettivo da sempre”.

Luigi Plos
Barberini, che ha all’attivo diverse battaglie ambientaliste e prima fra tutte quella contro l’ipotesi di una discarica dietro la villa dell’imperatore Adriano, nella vicina Tivoli, ricorda che l’impegno deve essere di tutti. “E la consapevolezza, nonché il senso di responsabilità – ha detto ai visitatori seduti davanti al ponte – si costruiscono in luoghi come questo, per i quali dobbiamo impegnarci e, se necessario, protestare”. L’invito del principe è quello di combattere affinché i luoghi come questo, molti dei quali versano in condizioni di pericolo o di abbandono, “non rischino di diventare discariche ma attrazioni turistiche e volani economici”.
Con lui, durante l’incontro, oltre all’amico Luigi Plos che continua far conoscere i luoghi segreti di Roma a migliaia di persone, altri operatori nel campo escursionistico, ormai divenuto un viatico di esperienza e formazione personale e politica. Tra questi, Francesco Senator di Federtrek che ha parlato dell’importanza dei “cammini” a piedi per scoprire e comprendere il nostro paese Un grande progetto, quello del festival, che con incontri, laboratori e spettacoli, vuole proporre i cosiddetti “giganti dell’acqua” ( i numerosi acquedotti di questa zona, appunto), come chiave di lettura di uno splendido passato cui da tutto il mondo si guarda con grande interesse ma che è ancora tutto da scoprire, capire, raccontare, inspiegabilmente, proprio qui da noi.
Gloria Zarletti
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