RIETI – Quando la pasta diventa un dolce: in superficie un intreccio di tagliatelle sottilissime, tirate a mano, disposte a formare un nido che in cottura si dora e diventa croccante. Prima di infornare una spennellata di burro fuso e zucchero vanigliato. La farcia è a base di mandorle tritate, zucchero, burro e uova, arricchito con aromi a seconda delle tradizioni locali e delle famiglie (amaretti, rum, maraschino, liquore Sassolino), cedri e arance candite. Nel modenese, si arricchisce anche con cacao o cioccolato tritato. E’ la torta di tagliatelle o torta ricciolina, ricetta della tradizione emiliana, di cui scriveva già Pellegrino Artusi nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, riportandone due versioni: una senza la base di pasta frolla e con la farcia racchiusa tra due stati di tagliatelle, una con la base di pasta frolla. Era il dolce della tradizione, in alcune zone dell’Emilia compariva anche tra i dolci delle celebrazioni più sentite, non solo matrimoni, comunioni, ma anche festa del raccolto, di un’alleanza.
A Bologna non era considerato un dolce di “riciclo”, ma per mostrare che il sapere domestico aveva una grammatica precisa e che la festa passava da ciò che richiedeva tempo, dedizione, tecnica e, soprattutto, da ciò che sapeva di casa. La tradizione si era estesa fino a Mantova e parte della Lombardia. Oggi la rivista Gambero Rosso lancia l’allarme titolando: “A Bologna c’è un dolce fatto con le tagliatelle che sta scomparendo. Certe cose non spariscono di colpo. Svaniscono piano, discretamente, non fanno tendenza. Alla torta di tagliatelle è successo così: senza scandalo o clamore” e indica alcuni forni a Bologna che ancora la preparano: Paolo Atti & Figli, Forno Pasticceria Pallotti, Gino Fabbri Pasticcere.

Il Forno Pasticceria Pallotti a Bologna
Gambero Rosso definisce la Torta di Tagliatelle “un patrimonio riconosciuto che rischia di scomparire”. Il suo valore culturale sta nel fatto che la ricetta originale è stata depositata dall’Accademia Italiana della Cucina presso la Camera di Commercio di Bologna nel 2005 ed è oggi annoverata tra i prodotti agroalimentari tradizionali dell’Emilia-Romagna. A Molinella, nel bolognese e a San Benedetto Po, nel mantovano, ha ottenuto il marchio De.Co. (Denominazione Comunale d’Origine). C’era una volta un tempo in cui il cibo era prima di tutto forma e rito e purtroppo, con lo scomparire della civiltà contadina, l’abbandono delle aree interne, anche i riti stanno via via scomparendo, prima dalle tavole e dalle vetrine e poi, cosa più grave, dalle parole, cioè dalla nostra vita quotidiana, insieme agli odori e ai sapori.

Le madeleines di Proust
Come le madeleines di Proust ne “La ricerca del tempo perduto” (ognuno di noi ha le sue madeleines): rappresentano un concetto letterario e psicologico che indica un oggetto, un gesto, un colore, sapore, profumo (e anche una melodia) che evoca in modo involontario e intenso un ricordo del passato. Questa torta non è stata dimenticata del tutto, nelle vetrine citate dal Gambero Rosso è ancora in mostra e anche i dolci della tradizione meritano la stessa attenzione riservata all’alta pasticceria. L’appello della nota rivista culinaria merita di essere menzioanto e sostenuto, per ricordare questo dolce e soprattutto farlo riscoprire.
Da Bologna un volo nel cuore di Catania per scoprire il mercato ottocentesco la Piscaria, antica zona commerciale. Altro che supermercati, acquisti on line, la vita e la qualità dei prodotti sono qui, nei mercati rionali, tra le chiacchiere, gli odori, gli assaggi. Il mercato si trova dall’Ottocento sotto il tunnel cinquecentesco intorno a piazza Alonzo Di Benedetto. La sua bellezza è nei banchi dei pescatori e dei macellai che “vucìano” più forte degli altri reclamizzando i prodotti, i colori dei frutti di mare da mangiare lì per lì, con una spruzzatina di limone, i cipollotti avvolti da una fettina di pancetta di suino fresca arrostiti sulla brace, le polpette di carne di cavallo spennellate con il salmoriglio (olio, aceto di vino rosso, aglio e prezzemolo).

Il mercato la Piscaria a Catania
Nel tempo si è aggiunta qualche insegna moderna, cucina di strada semplice come quella di Friggitoria Popolare (collaborazione tra il pizzaiolo Lele Scandurra e l’imprenditore Marco Timpanaro), con arancini (alla norma, al ragù, al pistacchio, al nero di seppia, pesce spada e melanzane), frittatine di pasta, crocchette, mozzarelle in carrozza, pizza fritta. In chiusura cannolo o raviola di ricotta per chiudere in dolcezza. Da Scirocco Sicilian Fish Lab, tramezzini, insalate, arancini e frittatine di pasta, caponata di pesce spada e frittura di paranza, insalata di polpo e cous cous di pesce. Sugli scaffali anche conserve fatte in casa: olive ripiene di pomodori secchi, caponata di carciofi, patè di tonno.
Una meta da non trascurare per le vacanze estive.
Francesca Sammarco
Nell’immagine di copertina, la torta di tagliatelle, pietanza tipica di Bologna
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