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Perché ogni pratica digitale ci manda in tilt

di | 2025-04-11T18:12:38+02:00 13-4-2025 0:10|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

VITERBO – C’era una volta il modulo cartaceo. Si andava in Comune, si prendeva, si compilava a penna e si riportava firmato. Magari si sbuffava, magari mancava una fotocopia, ma alla fine – tra un timbro e una chiacchiera – ci si riusciva. Poi è arrivata la digitalizzazione e, con essa, la sensazione – sempre più diffusa – che compilare un modulo online sia un test di resistenza psicologica mascherato da innovazione.

Il portale, questo sconosciuto Il punto non è la tecnologia in sé. È che spesso i siti istituzionali sembrano progettati per mettere alla prova la tua pazienza. Cerchi un modulo? Lo trovi. Lo scarichi. Ti accorgi che servono altri due documenti che non sapevi nemmeno esistessero. Ritorni indietro. Il sito si blocca. Ricarichi. Ti chiede l’accesso SPID. Lo SPID non funziona. L’app si è aggiornata. La password è scaduta. Intanto il tempo passa, la fila si allunga, e la pratica resta lì: incompiuta, parcheggiata tra i buoni propositi e la frustrazione. E quando finalmente tutto sembra risolto… Compare lui, l’immancabile messaggio: “Errore temporaneo, riprovare più tardi”. Tradotto: hai perso un’ora per niente.

Sigle, sigle ovunque: SPID, PEC, CIE, CNS… È il nuovo vocabolario della cittadinanza digitale. E anche chi lavora quotidianamente con la tecnologia inizia ad arrancare. Perché il problema non è solo sapere cosa significano queste sigle: è ricordarsi come accedervi, in quale sito, con quale PIN, su quale dispositivo. E soprattutto, dove hai scritto la password. Nel frattempo, l’obiettivo iniziale era solo quello di iscrivere tuo figlio alla mensa scolastica. O richiedere un certificato. O pagare una multa. Nulla di impossibile, in teoria. Ma nella pratica, tra browser che non si aprono e codici OTP che non arrivano, si finisce col rimpiangere carta e penna.

La solitudine dell’utente digitale Il vero paradosso è che l’era del “tutto online” ci fa sentire spesso più soli. Ci si muove tra piattaforme diverse, login infiniti, tutorial contraddittori e modulistica scritta in burocratese. La tecnologia, anziché semplificare, rischia di creare nuove barriere, soprattutto per chi non ha familiarità con il digitale o semplicemente ha poco tempo (e pazienza) da dedicare a queste trafile. E così si rinuncia. Si lascia perdere. Si accumulano le cose da fare in una lista mentale chiamata “poi ci penso”. Ma a volte “poi” significa troppo tardi.

Una risposta concreta (e umana) La buona notizia è che una soluzione esiste. E non arriva da un software, né da un aggiornamento del sistema operativo. Arriva dalle persone. In molti comuni italiani stanno nascendo sportelli pubblici, coworking civici e spazi condivisi dove è possibile ricevere supporto gratuito per affrontare le pratiche digitali. Non call center o FAQ automatiche, ma persone vere, che ti aiutano davvero. Un esempio concreto è lo Sportello Disbrigo Pratiche del CoWo di Caprarola, nel cuore della Tuscia, dove ogni settimana cittadini di tutte le età ricevono assistenza per attivare lo SPID, inviare una PEC, gestire modulistica scolastica, compilare un curriculum o semplicemente orientarsi tra firme digitali, portali e password. E non è un caso isolato. In diverse realtà locali, piccoli sportelli comunali, biblioteche civiche o centri di aggregazione stanno diventando punti di riferimento per chi si sente escluso o disorientato dal mondo digitale. Chiedere aiuto è normale C’è ancora chi prova imbarazzo a dire “non ci riesco”, come se ammettere una difficoltà significasse essere “indietro”.

Ma la verità è che orientarsi nel labirinto della burocrazia digitale richiede tempo, strumenti e – soprattutto – un po’ di allenamento. Chiedere aiuto non è un segno di ignoranza, ma un atto di lucidità. Perché se la tecnologia non è davvero accessibile a tutti, allora non è una vera soluzione. In un’Italia che punta alla digitalizzazione totale, è fondamentale che accanto agli strumenti ci siano anche le persone giuste per accompagnare il cambiamento. Non tutti alla stessa velocità, ma ciascuno con i suoi tempi. La tecnologia è un mezzo, non un fine. Sì, i moduli online possono farci andare in tilt. Ma sapere che esiste qualcuno pronto ad aiutarti a rimettere insieme i pezzi fa già tutta la differenza. E forse, nel mezzo di tutta questa trasformazione digitale, è proprio questo il passaggio più importante da non dimenticare: la tecnologia è un mezzo, non un fine. E un buon mezzo funziona solo quando non lascia nessuno indietro.

Alessia Latini

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