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Perché oggi l’attesa diventa insopportabile?

di | 2025-02-11T12:56:41+01:00 2-2-2025 5:15|Attualità, Sezione 4|0 Commenti

VITERBO – Chi non ha mai sbuffato di fronte a un video che impiega più di tre secondi a caricarsi? Oppure, chi non ha abbandonato una serie TV perché la trama tardava a decollare? Se qualcuno si riconosce in questi piccoli segnali di impazienza, sappia di non essere solo. La verità è che viviamo in un’epoca in cui tutto accade a una velocità vertiginosa, e il nostro cervello si sta adattando a questo ritmo. Ma a quale prezzo?

L’attesa è diventata intollerabile Un tempo eravamo abituati ad aspettare. Le lettere impiegavano giorni per arrivare, le telefonate richiedevano di cercare un telefono fisso, le fotografie necessitavano di uno sviluppo in laboratorio. Oggi, invece, tutto è immediato: messaggi istantanei, risposte in tempo reale, consegne in giornata. Anche le informazioni che consumiamo sono sempre più rapide e frammentate. Leggiamo titoli invece che articoli, ascoltiamo riassunti invece di interviste, guardiamo reel da quindici secondi invece di documentari. Questa accelerazione ha reso la nostra soglia di attenzione sempre più corta. Secondo uno studio di Microsoft, la capacità di concentrazione media è passata da dodici secondi nel 2000 a circa otto secondi oggi, meno di quella di un pesce rosso (che, a quanto pare, si concentra per nove secondi). Insomma, siamo diventati campioni mondiali di “scroll compulsivo”.

Il cervello si adatta, ma non sempre in meglio Dal punto di vista neurologico, la nostra mente è plastica, cioè si modifica in base alle esperienze. Se abituiamo il cervello a risposte rapide, lui si adatta. Il problema? Perdiamo la capacità di tollerare la frustrazione dell’attesa e ci annoiamo più facilmente. E questo vale in ogni ambito della vita. Nelle relazioni, se qualcuno non risponde subito a un messaggio, ci innervosiamo. Nel lavoro, vogliamo risultati immediati e ci stressiamo quando le cose richiedono tempo. Nel tempo libero, se un film non ci cattura nei primi minuti, lo cambiamo senza pensarci due volte. La velocità ha reso tutto più accessibile, ma ci ha anche reso meno pazienti, meno disposti a impegnarci in qualcosa che richieda tempo ed energie.

L’effetto Netflix: tutto e subito, ma poi? Un esempio perfetto è il modo in cui consumiamo l’intrattenimento. Un tempo aspettavamo una settimana per il nuovo episodio della nostra serie preferita, oggi vogliamo l’intera stagione disponibile subito. Questo modello “tutto e subito” ci ha abituato a gratificazioni immediate, ma ha anche ridotto il piacere dell’attesa. Il paradosso? Quando finiamo una serie in due giorni, spesso ci sentiamo vuoti e insoddisfatti.

Cosa possiamo fare per rallentare? Se tutto questo suona familiare, non bisogna preoccuparsi: non siamo condannati a una vita di impazienza cronica. Possiamo allenarci a riabituare il cervello a ritmi più umani. Leggere articoli interi e non solo titoli è già un buon inizio. Spegnere le notifiche e rispondere ai messaggi con calma aiuta a recuperare il controllo del proprio tempo. Godersi l’attesa, che sia per una consegna, una risposta o un viaggio, può trasformare l’ansia in curiosità. Anche tornare a fare cose lente, come cucinare, dipingere o leggere un libro cartaceo, è un ottimo esercizio per ritrovare il piacere della concentrazione.

Viviamo in un’epoca straordinaria, in cui tutto è a portata di mano. Ma forse, di tanto in tanto, dovremmo ricordarci che alcune cose hanno bisogno di tempo per essere davvero apprezzate. E magari, la prossima volta che un video impiega tre secondi a caricarsi, potremmo approfittarne per prendere un bel respiro.

Alessia Latini

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