//Pensione dopo 4 mesi. E il Tfr? Dopo 4 anni

Pensione dopo 4 mesi. E il Tfr? Dopo 4 anni

di | 2020-08-02T09:42:17+02:00 2-8-2020 6:33|Punto e Virgola|0 Commenti

In Italia i cittadini molto spesso sono considerati sudditi. Ai quali tutto si può chiedere in tempi brevi e senza sconti. Il contrario accade quando è lo Stato a dover dare. L’ennesimo caso viene segnalato dalla rubrica “Danni collaterali”, curata per il settimanale ePolis (www.epolisbari.com) dal giornalista Pino Bruno. E’ una storia, purtroppo non isolata, per certi versi addirittura drammatica. Sicuramente emblematica dei rapporti esistenti tra Stato e cittadini, anzi sudditi.

Dunque, la signora Clara (nome di fantasia) a 62 anni il primo gennaio scorso va in pensione di anzianità, maturata dopo 42 anni di servizio nella pubblica amministrazione. Clara aveva cominciato a lavorare giovanissima, appena ventenne, quando ancora frequentava l’università, tanto che si pagava gli studi con supplenze e lavoretti precari. Già da allora, comunque, versava regolarmente i contributi e le quote di accantonamento per ottenere poi al termine della carriera l’agognata liquidazione. Il cosiddetto Tfr (Trattamento di fine rapporto) che però per i dipendenti pubblici si chiama Tfs (Trattamento di fine servizio): nella sostanza non c’è alcuna differenza, ma il sottile distinguo sembra invece fondamentale per l’ente che deve erogare la cifra. Una distinzione che solamente l’ottusa burocrazia italica poteva immaginare…

E qui sorgono i primi problemi. Clara ha commesso il gravissimo reato di lavorare nel corso del tempo per enti diversi e questo ha provocato una serie di inghippi quando si è trattato di unificare i contributi. Comunque alla fine, sia pure con fatica, la documentazione è stata completata e la pensione di anzianità accettata. Non solo, ma c’è un’ulteriore difficoltà: i contributi sono stati versati all’Inpdap che adesso non esiste più e che è confluito nell’Inps, precisamente nella cosiddetta Inps-gestione ex Inpdap. Inutile stare a sottilizzare su quanto queste complicazioni abbiano influenzato il corretto iter della pratica: come che sia dall’inizio del 2020 la nostra Clara è in pensione.

Ci si aspetta che uno Stato serio paghi subito le competenze alla ex lavoratrice, ma è un’attesa vana perché in realtà il primo assegno pensionistico arriva dopo 4 mesi. Non è affatto scontato che tutti abbiano risparmi sufficienti per andare avanti in un periodo che breve non è, ma tant’è: quando c’è da pagare bisogna farlo in fretta e nei tempi giusti (altrimenti le sanzioni sono pesanti e immediate), ma quando c’è da ricevere (non un regalo, sia ben chiaro) le cose vanno avanti con tempistiche inaccettabili…

Conquistata la pensione, Clara comincia a pensare al Tfr o Tfs che dir si voglia. La telefonata all’Inps è agghiacciante perché alla semplice domanda quanto mi spetta e quando me lo date, la risposta fa cadere le braccia: poiché la pensione è di anzianità, la liquidazione sarà pagata “decorso un anno dal raggiungimento del limite di età previsto per la pensione di vecchiaia”. In parole povere, quei soldi saranno effettivamente versati tra 4 anni, cioè al compimento del sessantaseiesimo anno di età. E perché mai questo nostro Stato così patrigno verso i suoi cittadini se la prende così comoda? Per una norma inserita nella legge di bilancio approvata a dicembre 2016 (governo Renzi). Un codicillo così complicato da costringere l’Inps ad emanare diverse circolari interpretative. Peraltro, una consuetudine non rara nella nostra Italia: molte leggi sono scritte così male e in burocratese così astruso che poi servono altre spiegazioni per chiarire come realmente vanno interpretati e applicati quei testi. Una vergogna tutta italica.

Signora Clara, si rassegni: si goda per ora la sua meritata pensione con l’augurio di arrivare in piena salute a godersi anche il suo strameritato e legittimo Tfr o Tfs o come diavolo avete deciso di chiamarlo.

Buona domenica.

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