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Omicidio di Kennedy senza più segreti

di | 2025-03-28T13:16:47+01:00 30-3-2025 0:10|Sezione 3, Storie|0 Commenti

PERUGIA – Donald J. Trump ha mantenuto la promessa: sbloccate le 80.000 pagine (1.123 documenti tra testi, foto, registrazioni audio e video) ancora sotto segreto sull’omicidio forse più misterioso e sconvolgente del XX secolo: l’assassinio del 35esimo presidente degli Usa, John Fitzgerald Kennedy (1917-1963). Quasi tutti i documenti potranno essere consultati anche on line sul sito degli Archivi Nazionali Americani. Il New York Times e alcuni quotidiani italiani hanno già pubblicato qualche indiscrezione sulle prime analisi dei documenti. Spigolature di contorno, nulla di nuovo sull’assassinio.

Per quanto riguarda l’Italia sarebbe saltato fuori un documento dal quale emergerebbe che alcuni iscritti del Pci dell’epoca, tra cui un giornalista e uno scrittore avrebbero partecipato ad una riunione a Roma (una dozzina di persone) nel corso della quale un americano, un complottista di nome Mark Lane, avrebbe sostenuto la tesi del coinvolgimento dei servizi segreti Usa nel delitto. Un modo – sosteneva la comunicazione a Langley – per deviare l’attenzione dai rapporti che Oswald avrebbe allacciato con il KGB. Tra le carte anche i nomi degli agenti statunitensi coinvolti nel complotto che condusse alla morte Ramon Leonidas Trujillo Molina (1891-1961), dittatore di Santo Domingo, detto la “Tigre dei Caraibi” per la sua crudeltà, centrato da un colpo di fucile, in piena notte, mentre in auto – il 30 maggio del 1961 – si stava spostando dalla capitale Santo Domingo (che aveva ribattezzato Ciudad Trujillo) a San Cristobal, sua città natale.

Intorno all’agghiacciante delitto di Dallas – ripreso in diretta televisiva – sono girate, negli anni, molte teorie di macchinazioni e trame. Oggi quasi tutti – storici, investigatori, giornalisti – convengono che ad uccidere il presidente sia stato, e da solo, proprio Lee Harwey Oswald (1939-1963), arrestato sul posto e pochi giorni dopo ammazzato con un colpo di pistola, mentre si trovava sotto scorta della polizia di Dallas, da Jack Leon Ruby (1911-1967), un discusso gestore di locali malfamati. Sul delitto sono stati girati quattro film (JFK: un caso ancora aperto di Oliver Stone nel 1991); Parkland di Per Landersman nel 2013 ; Jakie di Pablo Larrain nel 2016 e 22.11.63 di Kevin Macdonald nel 2016) ed una serie televisiva (JFK: Destiny Betrayed di Oliver Stone nel 2021).

Il nodo fondamentale ruotava intorno ad un interrogativo: fu il solo Oswald, 24 anni all’epoca, attivista castrista ed ex marines, l’ideatore e l’autore dell’attentato (tesi sostenuta da FBI e dalla Commissione guidata dal giudice Earl Warren, nel 1963) o il sicario fu semplicemente l’anello finale di una cospirazione (ipotesi avanzata dalla HSCA, cioè dalla “United States House Select Commitee on assassination”, negli anni Settanta)? È sempre rimasto senza risposta, se fosse attendibile la seconda ipotesi (ormai negletta), il chi avesse organizzato l’attentato di Dallas: JFK, infatti, pur popolare ed amato, si era fatto molti e potenti nemici sia interni (dai petrolieri ai razzisti, fino alla mafia; è stato ipotizzato perfino un colpo di stato dietro al delitto), sia esterni. Certa, invece, l’arma, prodotta in Umbria.

Lee Oswald

La carabina che Oswald lasciò appoggiata alla finestra del sesto piano, da cui sparò sul corteo presidenziale, del Deposito Libri della Texas School, risultò infatti fabbricata in Italia e precisamente a Terni. Dalla Règia Fabbrica d’Armi della Conca ternana il fucile, un Mannlicher-Carcano mod. 91/38, matricola C2766, era uscito nel 1940, destinato all’Esercito Italiano. Nel 1958 lo Stato si era disfatto dello stock di fucili, finiti attraverso un’asta pubblica alla Western Cartridge co. negli Usa. L’attentatore, a sua volte, aveva acquistato la carabina con la falsa identità di Alex James Hidell, pagando 19,95 dollari, il 20 marzo 1963 e se l’era fatta spedire alla casella postale 2915 di Dallas, intestata al suo vero nome. Sull’arma aveva fatto montare un mirino telescopico (della Ordinance Optics, un 4×18), mentre il munizionamento “parlava” ancora italiano: cartucce calibro 6,5x52mm a punta tonda e dal peso di 10,37 grammi, fabbricate a Pistoia.

Jack Ruby

Quel mattino il corteo presidenziale avanzava lentamente lungo le strade di Dallas. Tantissima la gente festante. Sulla limousine scappottata del presidente (una Lincoln Continental, modello SS100X del 1961), con alla guida l’agente Bill Greer, viaggiavano l’agente Roy Kellerman, la signora Idanell Brill, detta Nelly e suo marito John Connally, governatore del Texas, mentre sul sedile posteriore si erano accomodati il presidente e sua moglie, Jacqueline Bouvier. I colpi – almeno tre o forse quattro – vennero esplosi in rapida successione alle 12.30, ora locale, di quel venerdì 22 novembre 1963, mentre l’auto stava svoltando a destra, alla velocità di 18 km/h, tra Houston Street e Elm Street.

Ruby uccide Oswald sotto gli occhi degli agenti

Due colpi attinsero il presidente (alla gola ed alla testa, con spappolamento del cervello) ed una delle due pallottole, deviata, ferì seriamente il governatore. Quest’ultimo sopravvisse; Kennedy (che indossava un busto ortopedico per le ferite riportate in guerra), pur condotto prontamente in ospedale (al Parkland Medical Hospital) si spense poco dopo. La scheggia di uno dei proiettili esplosi arrivò alla guancia anche di un passante, James Teague, causandogli una leggera ferita. Nel frattempo Oswald, che nella fuga dal deposito aveva freddato il poliziotto J.D. Tippit, a colpi di pistola (due al petto, uno alla tempia), si era nascosto in una sala cinematografica, ma invano: segnalato dalla cassiera (era sgaiattolato all’interno senza pagare il biglietto) era finito bloccato ed arrestato da 26 agenti, mobilitati dopo il brutale omicidio del collega.

Jacqueline cerca di soccorrere il marito

Due giorni più tardi l’ex marines, mentre attraversava i sotterranei della Centrale di polizia di Dallas, con tanto di scorta per il trasferimento al carcere della contea, venne ammazzato, con un proiettile di colt all’addome, da Jack Leon Ruby, nato Jacobs Rubenstein, 54 anni, polacco di origine e gestore del “Carousel Club”, locale di spogliarelliste, piuttosto malfamato. Ruby, che sostenne di aver ucciso Oswald per vendicare il presidente, sfuggì alla condanna a morte, ma si beccò l’ergastolo. Morì in carcere nel 1967 per un tumore ai polmoni. Dalle carte non più secretate emergeranno particolari interessanti? Studiosi e giornalisti si sono già attivati per consultarle. Un lavoro per nulla facile né breve.

Elio Clero Bertoldi

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