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La storia di Sara tra bullismo e terremoto

di | 2025-05-29T22:14:00+02:00 18-5-2025 0:10|Sezione 3, Spettacolo|0 Commenti

MONTEGALLO (Ascoli Piceno) – Ricordi, dejà vu, suoni, sapori e odori. In sintesi, c’è la storia che si svolge, nel film “La voce e il volto”, di Gabriele Ogiva che con questa sua quarta fatica ha voluto risarcire un territorio devastato dal terremoto ma anche intrecciarci una riflessione sul senso generale della vita che, per alcuni e in alcuni momenti, può smarrirsi. Come è accaduto, per esempio, all’adolescente protagonista, Sara, vittima di bullismo a scuola, una delle tante di oggi.

Il regista Gabriele Ogiva con l’attrice Elena Schiavoni

L’inizio della narrazione è in medias res: la violenta scossa con epicentro ad Accumoli che nella notte del 24 agosto 2016 sconvolse, tra tanti altri, anche il comune di Montegallo, scelto come scenografia, con le sue 32 frazioni. La popolazione fu costretta ad un esodo doloroso, ad abbandonare case, oggetti, progetti, sogni. Quindi la scossa del 30 ottobre, e ancora, quella del 18 gennaio, pochi mesi dopo. E poi, e poi… Il segno di quel ribollire nel ventre della terra, oggi – e nel film – è evidente nella montagna ferita, il Vettore, re dei Sibillini, che da allora ha una spaccatura spaventosa sulle sue pendici. Da quella prima scossa il Vettore ha assunto una nuova fisionomia, un nuovo volto. Le immagini del film – si tratta di documenti originali – riportano a quel momento drammatico aprendo una pellicola destinata a rimanere nella storia di Montegallo, ameno comune dell’ascolano finora mai comparso nelle sale di un cinema.

Uno scorcio di Montegallo

Gabriele Ogiva, 50 anni, di Senigallia, per 25 anni direttore del locale museo del giocattolo antico, regista indipendente ma anche molto intraprendente, spiega la scelta con una questione personale: “Sono innamorato – dice – di questo territorio meraviglioso che spero di far conoscere con questa mia opera e alla cui rinascita mi sono proposto di contribuire”. Montegallo, infatti, di cui immediatamente dopo il terremoto si parlò troppo poco a favore di centri più conosciuti e grandi, che oggi sta a fatica rinascendo grazie ad un escursionismo d’elite mai scomparso del tutto e all’avvio da parte dell’amministrazione di molti progetti per la ricostruzione, sarà il destinatario di una parte dei proventi del film che uscirà nelle sale questa estate. Tutto è stato possibile grazie al patrocinio dei comuni di Ascoli Piceno, Montegallo, Montemonaco e Castignano, oltre al contributo della Fondazione Carisap. “Una grande occasione – dichiara il sindaco di Montegallo, Sante Capanna – per far conoscere questo territorio con la sua splendida natura, la sua storia, l’arte e le tradizioni che rappresentano l’attrattiva giusta per il turismo e anche un volano economico non indifferente”.

Iole Mazzone, nipote del sor Carletto

Di motivi per interessare, nel film ce ne sono tanti: a cominciare dalla presenza nel cast della bella Iole Mazzone, nipote di quel “sor Carletto”, noto nel mondo calcistico come giocatore e allenatore. E’ lei nei panni di Sara, la protagonista da adulta. E’ lei che ricorda, è lei che “ricostruisce” dentro di sé ma anche fuori, con la sua promessa finale dedicata a Montegallo. Da ragazzina, invece, il ruolo della protagonista è stato affidato alla bravissima Elena Schiavoni, la cui depressione legata al bullismo, nella finzione ambientato nella terza G del liceo artistico “Osvaldo Licini” di Ascoli Piceno, si pone come storia collaterale per innestarsi sulla tragedia del terremoto e diventare spunto per la narrazione di una catarsi familiare e personale. Per una rinascita umana, anche, e civile, che solo la visione del film può far rivivere.

Montegallo

Sulla commozione grande suscitata dalla pellicola, giocano un ruolo fondamentale le citazioni colte cui ha attinto Ogiva, “tutte – precisa il regista – rigorosamente marchigiane, quando non addirittura montegallesi”. E qui spiccano le parole in apertura di Leopardi che, a proposito di bullismo, descrive il suo recanatese “natìo borgo selvaggio”. Non manca Emidio Cagnucci, poeta ascolano. E poi le musiche (che sono del montegallese Marco Pietrzela) suonate, nel teatro Ventidio Basso, al piano da Maria Vittoria Tranquilli. Tra i riferimenti all’amato Piceno, Ogiva inserisce anche il ritratto di se stesso nei panni di un venditore di oggetti antichi nel chiostro di San Francesco, nella stupenda Ascoli che riceve altri tributi con panoramiche della piazza del Popolo e dello storico bar Meletti.

Suggestioni a mani piene: discorsi in dialetto, volti noti in paese divenuti attori per l’occasione, la chiesa di Propezzano, Colle Luce, i monti Sibillini visti da Montemonaco e tra questi proprio lei, la Sibilla con i suoi simboli, una presenza ispiratrice e fascinatrice cui è affidato, non a caso, il finale. Il quale è inaspettato ma anche liberatorio, rasserenante, portatore di equilibrio e saggezza. Un vero augurio per lo splendido comune che si prepara a rinascere. La regola, però, al cinema, è non spoilerare mai e questo è solo uno dei motivi per i quali il film va assolutamente visto.

Gloria Zarletti

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