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Notte di solidarietà per e con gli ultimi

di | 2022-12-25T13:02:00+01:00 25-12-2022 6:00|Attualità, Sezione 1|0 Commenti

MILANO – Anime sospese. Visi con volti che nessuno guarda. Mani che si allungano e stringono. Gratitudine e dignità. Paura, terrore, inquietudine. Silenzio e voglia di parlare. Segni di storie di violenza e magari di dipendenza.

I senzatetto di Milano, nelle freddi notti di una città distratta o troppo attenta a provare fastidio per tutto ciò che appare “sporco”, inorridita da ciò che non abbellisce ma disturba un clima di campanelle e luci colorate. I senzatetto, i clochard, i barboni, i… Quante parole per descrivere chi per scelta o per destino si ritrova a dormire sotto un ponte alla buona, all’addiaccio del gelido capoluogo lombardo. Ma se la moltitudine schifata nemmeno abbassa lo sguardo per vederli o peggio chiama le forze dell’ordine per cacciarli dalle vicinanze di case che profumano di candele e di presepi, c’è chi dopo ore di viaggio o dopo una giornata di lavoro, abbandona gli abiti da “civile” per indossarne altri più caldi. Quelli che scaldano al di là del tessuto: il talare della solidarietà.

E il 21 dicembre alle 21 si leggeva “Magia” in un post Facebook di Milano Sospesa. E magia è stata. Tre donne, tre “normalissime” donne, si sono trasformate nella notte, in messaggeri, portatori di bene unendosi, nei pressi della stazione di Rogoredo, all’iniziativa della Cisom (Corpo Italiano di soccorso dell’Ordine di Malta) “Una messa per i senzatetto di Rogoredo”: momento spontaneo, durante il quale sono state donate scatole e un pasto frugale, ma caldo, agli ultimi della periferia. Anime sospese in una delle zone considerate più a rischio di Milano. E come anime che arrivano da un altro mondo durante la messa accorata e cantata, illuminata dalle fiaccole della speranza, gli ultimi dimenticati sono tornati al mondo, attraverso un muretto e una recinzione che sembra un portale, per raccontare con parole e silenzi e per accettare quei gesti spontanei.

Le anime sospese, tornati uomini e donne di ogni età con storie difficili, si avvicinano sentendo un abbraccio e il pifferaio che intona un canto, che sembra guidare la folla, è Simone Feder, ben noto per l’impegno efficace, diretto, pragmatico, penna in mano e soluzione in tasca. L’uomo di cui gli ultimi si fidano (e si percepisce). Accanto alle casacche arancioni dell’Ordine di Malta, attente e puntali nell’aiutare chi versa nelle difficoltà, un sacerdote celebra messa e una chitarra intona “Tu scendi dalle stelle”. E poi: Cristina, Michela e Lara di Milano Sospesa. Sono in fondo al cerchio che si è spontaneamente creato. Quasi nascoste, ma le scatole e le coperte donate numerose sono anche le loro che raccolgono instancabili aiuti per chi chiede, senza fare domande.

Hanno portato la filosofia del “sospeso” (ben nota al Sud) nella città meneghina. Il donare a prescindere. La filosofia del gesto senza un ritorno. E tutte le volte che Milano e non solo, chiama, queste donne riescono a fare miracoli riuscendo a raccogliere e distribuire aiuti, giunti fino all’Ucraina. Tutto è partito da un grattacielo in fiamme in via Antonini, si sono incontrate, volevano fare qualcosa di concreto e senza troppi giri di parole, ma attraverso una catena sociale di vero aiuto, appoggiandosi anche ad altre associazioni, sono riuscite a dare un contributo tangibile. La gente di Milano e non solo, le conosce e le apprezza, ispirano un sentimento raro: fiducia. E arrivano meritati riconoscimenti come il premio 2022 di “Mi impegno” per l’assistenza e la solidarietà al motto“Restiamo solidali”, oltre che la partecipazione alla rete il “Bene Comune”.

E il 21 dicembre, dopo gli ultimi di Rogoredo, gli ultimi che ti raccontano, come Franco, della loro dipendenza e del loro desiderio di esserci e di ritornare alla vita, che prendono delle scatole, mangiano un boccone, racimolano quel che possono, tornando due e tre volte, incastrano quei beni con mezzi di fortuna come una vecchia bici, con sacchi di Ikea blu e chiedono anche cose semplici, come una saponetta, un paio di guanti, loro cosa fanno? Prendono le macchine e vanno in giro verso altri bisognosi. Il tutto dopo avere caricato per giorni, pesanti coperte e scatole di varie misure recuperate in giro. Tutto su quelle, solo all’apparenza, spalle e braccia di donna. E servono ancora oggi, per chi volesse donare attraverso Milano Sospesa, coperte in buono stato e sacchi a pelo.

Ma in mezzo alle anime infreddolite di chi chiede e di chi dona, c’è anche un fotografo di fama non solo nazionale, Paolo Liaci, insignito per il suo impegno e per il lustro alla città con l’Ambrogino d’oro, artista che racconta vari universi dai più terreni a quelli scientifici e del sentimento. Anche lui c’è e, in una serata di dicembre, ritrae e immortala, rendendoli eterni, gli attimi di pura solidarietà umana e segue le donne di Milano Sospesa, dopo Rogoredo, in giro per le vie della povertà.

C’è una realtà sommersa e immersa in questi giorni di Natale e non solo, che va oltre il ricevere e partecipare alla mondanità offerta dalla città della moda, un mondo del fare che si sente.

Il tour la cui prima tappa è Rogoredo continua. Si viaggia in macchina e in moto verso Corvetto, dove tre uomini croati, trascorrono le feste natalizie per terra ma sorridono e fermi accolgono quei doni, parlando lingue miste, mentre le macchine sfrecciano e poco più in là, corre una processione: Shabat, Zoran e Assad.

Ma normalmente sotto quel ponte c’è un’altra donna che oggi non si vede, una ragazza che giorni fa camminava in pigiama con una stampella e che Michela cerca per darle dei vestiti. Le lasciano un pacco sotto il giaciglio nella speranza di incontrarla nei giorni successivi.

Poi ci si sposta ancora e ancora, in alcuni angoli della città dove non si trovano più alcuni volti noti, qualcuno infastidito li avrà fatti cacciare. Cristina fa notare come sotto le rientranze delle banche e dei negozi abbiano messo dei blocchi di cemento per evitare che possano ripararsi i senzatetto.

Da sinistra, Michela, Lara e Cristina, di Milano Sospesa

Infine, nei pressi di via Montenegro, si trovano altri due uomini: un bulgaro e un afgano; colpisce che sotto quel ponte si percepisca oltre al “bisogno” di aiuto, anche la paura. Il ragazzo afgano, sembra giovane, ed è spaventato forse è stato aggredito, parla poco, ha uno sguardo perso. Le parole sono un miscuglio di lingue. Dice di non avere bisogno di nulla e che un altro senzatetto è stato portato via. Chiede solo una sigaretta. Il giaciglio dell’uomo bulgaro invece è ordinatissimo, ha anche una sorta di comodino e una sedia, le coperte ben piegate. Quasi surreale osservare il contrasto tra l’ordine di quel letto improvvisato con un materasso alla buona sotto un murales e il  vuoto dato dalla mancanza delle pareti che, se si focalizza lo sguardo solo su quell’angolo, sembra uno scorcio di una stanza.

Mentre le tre volontarie chiedono di cosa hanno bisogno, dopo avere esordito con un caldo “Buon Natale”, passa una donna distinta e si ferma, dubbiosa di ciò che vede. Si ferma per chiedere alle volontarie se hanno bisogno di aiuto, se in pratica, fossero state importunate. La scena sembra quasi un fermo immagine di un film. Un mondo capovolto dove le apparenze ingannano.

Per le donne di Milano Sospesa, portare direttamente gli aiuti è consuetudine e mentre il giro tra i gironi di una gelida Milano sta per finire si ascoltano racconti straordinari. Di donne straordinarie sospese tra i due volti del capoluogo lombardo.

Alessia Orlando

 

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