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Lavoro, l’insopportabile scia di morti bianche

di | 2021-05-15T17:33:46+02:00 16-5-2021 6:05|Attualità, Sezione 2|0 Commenti

PERUGIA – Un “macello quotidiano di corpi umani”: così lo ha definito il giornalista Michele Serra. Proprio ora che la pandemia, sotto attacco con i vaccini, il distanziamento fisico, le altre misure preventive e la stessa indispensabile prudenza dei cittadini, sembra allentare la sua crudele presa, torna ad allarmare il picco delle “morti bianche”. Gli omicidi nel mondo del lavoro, colposi, ma pur sempre omicidi.

Solamente nell’ultima settimana il bilancio risulta tanto incredibile, quanto sconcertante: sono morti, in modo orribile, Luana d’Orazio, 22 anni, la mammina di Montemurlo (ha lasciato il figlioletto di 5 anni ed un fidanzato, Alberto col quale progettava di sposarsi a breve), stritolata da una macchina tessitrice, un orditoio; Alberto Orlandi di 27 anni, di Quarrata, schiacciato in un materassificio; Cristian Martinelli, di 49 anni, terribilmente dilaniato da un tornio verticale per costruzioni meccaniche a Busto Arsizio nel Varesotto; Andrea Recchia, 37 anni, originario di Matera, travolto e soffocato da 14 quintali di mangime che gli sono crollati addosso in un mangimificio nel parmense; Samuel Cuffaro di 19 anni, appassionato di musica e teatro ed Elisabetta d’Innocenti di 52 anni (madre di due bambine), carbonizzati e sepolti tra le macerie di una esplosione in una azienda di produzione di cannabis terapeutico a Gubbio; il contadino Sandro Casarotto, 64 anni, investito a Brunico da una pressa di fieno di ben quattro quintali; il muratore Marco Oldati, 52 anni, caduto in un cantiere a Tradate (Varese) e deceduto nonostante indossasse il caschetto protettivo; ed un altro manovale, Mario Tracinà, 55 anni, precipitato al suolo da una impalcatura a Campomarino, in Molise.

Una morìa agghiacciante. Vite a perdere senza una ragione.

E pensare che la dignità del lavoro è al centro, anzi al primo posto della nostra Costituzione, addirittura all’articolo d’esordio, la pietra portante della Carta. Le cifre sconcertano: nel 2020 le vittime (nelle officine, nei campi, nei più disparati luoghi di impiego) sono state 1270, cioé più di 3 morti ogni giorno. Un decesso, per essere ancora più esaustivi, ogni otto ore… Ed ogni 15 secondi si registra, nel nostro Paese, un infortunio: un dito troncato, un occhio lesionato, un braccio tagliato… Numeri inaccettabili in una società che, per di più, ama definirsi civile. Cosa serve per uscire da questa terrificante contabilità? Per impedire che una ragazza come Luana venga agganciata, trascinata, inghiottita tra lame fredde e insensibili e tutti i suoi sogni, i suoi progetti, le sue passioni vengano risucchiati da una macchina senz’anima? E perché Samuel, solo ventenne, abbia visto sparire in un attimo, nell’orrendo boato di uno scoppio, le sue speranze, l’amore appena sbocciato o atteso, le sue aspettative? O che ancora un padre ed una madre non tornino più ai loro affetti, alle loro case?

Le leggi ed i controlli – così assicurano gli esperti – esistono, anzi sono stati varati da tempo. La domanda, tuttavia, è se le prime vengano attuate e rispettate alla lettera e se i secondi siano rigorosi, puntuali, continui. Il rischio zero non esiste: di questo aspetto dobbiamo tutti, dolorosamente, prendere atto. Basta un attimo di disattenzione, un piede messo in fallo, una catena che si spezza e la tragedia si consuma implacabile. Ma nella stragrande maggioranza delle “morti bianche” (che sempre omicidi restano) si scopre talvolta, spesso anzi, che i controlli non venivano effettuati da tempo; che la barriera di protezione non era stata rimontata al suo posto; che il trattore non era stato revisionato; che le ispezioni si erano rivelate fin troppo rare e sbrigative.

Impietosi, pure su questo versante, i numeri: su 3.000.000 di aziende debbono vegliare 3.000 ispettori (ognuno dei quali ne ha, pertanto, mille a carico…); sui 15.500 controlli eseguiti dall’Inail nel 2019 le irregolarità contestate, più o meno gravi, hanno riguardato circa 14.000 ditte… Alla fredda burocrazia, alle scartoffie siglate e controfirmate, bisogna affiancare una volta per tutte qualcosa di diverso: un pizzico di umanità in più. Prima che scatti il cordoglio e la commozione per una vita strappata, per una famiglia distrutta, per una comunità in lutto, per un bambino che non abbraccerà e bacerà più la sua mammina, rimane indispensabile la prevenzione vera non solo cartacea, ma piuttosto basata sull’attenzione e sulla solidarietà concreta, sul rispetto e sulla condivisione reale, sincera non di pura facciata. A partire dai datori di lavoro, dai sindacati, dalla politica.

Se si intende davvero superare l’amaro, dolente, tormentoso computo delle vittime, urge affrontare la problematica della sicurezza sui luoghi di lavoro con un approccio diverso e che travalichi, in modo netto, gli aspetti del guadagno, del profitto, dell’economia: l’Uomo prima e su tutto.

Elio Clero Bertoldi

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