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Meglio la buona educazione del bullismo di Stato

di | 2025-04-03T18:25:13+02:00 6-4-2025 0:20|Attualità, Sezione 5|0 Commenti

MILANO – “Molti rifiutan lo comune incarco;//ma il popol tuo solicito risponde//sanza chiamare, e grida: I’ mi sobbarco!”, è una delle più note terzine di Dante che, nei cosiddetti canti politici della Divina Commedia, stigmatizza la corruzione, il decadimento e la violenza dell’agire politico. Certo il sommo Poeta fa riferimento al contesto storico a lui coevo, ma la sua grandezza ed universalità stanno proprio nell’aver reso magistralmente quei temi, peraltro in una lingua volgare neo-nata, di perenne attualità con la grandezza della parola narrata e con la sua genialità letteraria. In specifico i versi citati si riferiscono al canto VI del Purgatorio e condannano la superficialità con cui i suoi concittadini si propongono, senza alcuna preparazione e rettezza morale, alla gestione della cosa pubblica.

Donald Trump, presidente Usa

Quanto tristemente riflettono la situazione attuale a livello mondiale! Non è rassicurante dover constatare, pur in tanti paesi democratici e di diverso orientamento politico, la presenza ai vertici governativi di rappresentanti dello Stato che spesso indulgono ad atteggiamenti, quando non addirittura a scelte politiche, improntate più al “bullismo” che al raggiungimento e consolidamento del bene pubblico. Questi nuovi manager della politica spesso sono affiancati da plutocrati che, grazie alle loro ricchezze, potrebbero decidere i destini del mondo, facendo vacillare tanti punti cardine ed irrinunciabili alla base stessa del sistema democrazia.

Ecco come appare Gaza dopo i bombardamenti

È, a ben guardare, la logica di tutti i populismi che per rendere grande/great il proprio Stato finiscono col legittimare tutto, dalla conquista di territori, alla rivendicazione dello sfruttamento delle ricchezze naturali altrui fino a guerre assurde ed ingiustificate o a proposte di pace lesive dei diritti, della dignità e della stessa sopravvivenza degli altri popoli. Tutto ciò è espressione del potere illimitato del danaro, che sta determinando una nuova modalità di relazione social-politica subordinata solo alla logica del consumo. Nei giorni scorsi girava sui social un video che, pur falso, è di una terribile ed agghiacciante volgarità: Gaza trasformata in riviera turistica extra-lusso, con bambini che corrono non già verso campi profughi – come avviene nella realtà – ma verso spiagge paradisiache ed invitanti drink, tra gigantografie dorate dei nuovi governanti. Qualche giornalista ha commentato che le immagini riflettevano solo il punto di vista imprenditoriale della ricostruzione; tempi passati ormai quelli in cui di fronte a qualsiasi scenario di guerra si abbassava la testa in segno di rispetto.

Ed ecco come Trump immagina Gaza…

Stessa logica, ma ancor più di devastante impatto, sulle parole e l’accezione con cui vengono recepite. Donald Trump, neo presidente democraticamente eletto degli USA, ha affermato in uno dei suoi primi discorsi “ho messo fine alla tirannia del politicamente corretto. Il nostro Paese non sarà più woke”, in riferimento soprattutto all’abolizione delle misure prese a tutela delle minoranze dall’amministrazione precedente di Biden nell’ambito del programma DEI (Diversity, Equality and Inclusion) che promuoveva l’assunzione di persone appartenenti a qualche minoranza sia nelle istituzioni federali che nelle aziende e società americana. “Tutto adesso seguirà semplicemente la logica del merito”, ha concluso Trump; ma forse sarebbe più opportuno augurarsi che si privilegi sì il merito, ma tra pari.

Scagliarsi contro la cultura woke (consapevole, alla lettera) ha comportato anche caldeggiare il free speech (libertà di parola) in contrapposizione al “politicamente corretto”. Peccato che secondo Trump e i suoi sodali la libertà di espressione consista nel dire qualsiasi cosa, senza preoccuparsi se sia vera o falsa o se possa offendere in qualche modo la persona a cui è indirizzata. Che confusione! Il free speech rivendicava, quando si diffuse nelle università americane negli anni sessanta, il diritto di esprimere idee basate su fatti e ragionamenti e di confrontarle con altre per cercare la verità.

La foto simbolo del massacro di Bucha, Ucraina

Il politicamente corretto, invece, nasce come espressione di un orientamento ideologico che persegue il rispetto nei confronti di ogni categoria, soprattutto di quelle più deboli. Si tratta di un semplice strumento che, come tale, può essere utilizzato bene o male; talvolta ha dato luogo a non condivisibili estremismi linguistici – per così dire – e censure immotivate, basti ricordare gli eccessi del Cancel Culture e tutti quei dibattiti sull’uso del maschile di alcuni sostantivi, tali solo per regole grammaticali.

È evidente che il problema vero sorga quando la libertà tende a soffocare ogni sensibilità e rispetto, negando ad alcuni i riconoscimenti di cui godono tutti gli altri; non vanno, pertanto, criminalizzate le parole, quanto le intenzioni che esse sottendono. Un tempo sarebbe bastato soltanto far ricorso ad un po’ di buon senso o semplicemente a tanta buona educazione.

Adele Reale

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