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Medicina difensiva, manca la fiducia tra sanitari e pazienti

di | 2021-04-30T11:49:08+02:00 2-5-2021 6:20|Attualità, Sezione 5|0 Commenti

ROMA – Altro che effetto placebo! A giudicare dai costi e dal contenzioso in atto, tra medico e paziente in Italia non c’è un rapporto tale da far funzionare meglio la terapia. Anzi! La mancanza di fiducia reciproca tra questi due soggetti ha dato vita, negli ultimi anni, ad un fenomeno molto dannoso che, oltre a “inceppare” il servizio sanitario nazionale, rappresenta una spesa inutile e nuoce alla cura dei pazienti. Si tratta della cosiddetta “medicina difensiva”, meglio nota come “malasanità”, che è nata dal timore del medico di vedersi chiedere un risarcimento danni per una terapia o un’operazione risultata non efficace. Sono tanti gli episodi “strillati” su giornali e tv di casi in cui medici e sanitari vengono chiamati a rispondere di interventi non riusciti, cure non andate a buon fine e spesso anche di morti. E’ da lì che ha inizio il circolo vizioso da cui scaturisce la questione, che sembra senza fine.

Succede, infatti, che il sanitario, per evitare di farsi coinvolgere in liti legali con avvocati e giudici, una trafila umiliante e traumatica, svilente per la sua autostima e la professionalità, prima di prescrivere una cura o programmare un’operazione chieda una serie lunghissima di accertamenti, un po’ per delegare ad altri specialisti, un po’ per allungare i tempi e scoraggiare il malato. Questa prassi viene giustificata con la necessità di eliminare – diciamo così- ogni scrupolo. In realtà il medico in questo modo si astiene dalla cura del paziente e quindi elimina ogni possibilità di rischio per se stesso ma, purtroppo, non per la malattia. E così soldi su soldi che paghiamo tutti, naturalmente, perché molte spese mediche sono a carico del servizio nazionale. Poi si aggiungono i ritardi nelle cure, che il medico tarda a prescrivere in attesa dei referti. Lungaggini che tolgono credibilità e autorevolezza alla professione sanitaria. Una guerra psicologica, insomma, che sembra non avere fine nonostante alcune riforme di legge siano state adottate e grandi passi avanti siano stati fatti.

Sembra impossibile che questo sia realmente ciò che avviene, invece quello della medicina difensiva è ormai diventato un trend affermato se risulta che molti medici vedono nell’inattività l’unica soluzione per evitare denunce e starsene tranquilli. Che si tratti di un fenomeno vero e proprio lo dimostrano i dati, da capogiro.La medicina difensiva, infatti, ha un costo di 165 euro a testa su un totale di spesa sanitaria di 1.147 euro ad utente. Considerato che tale pratica è attuata dal 93% dei medici intervistati in uno studio effettuato da Il Sole 24ore nel 2017, la perdita per la spesa sanitaria nazionale si attesta intorno al 10%. Ma non è tutto. A questi costi si devono aggiungere quelli relativi alle spese legali che già nel 2018, secondo un sondaggio Demoskopika, erano già arrivati a 190 milioni di euro che erano aumentati dell’8 per cento rispetto all’anno precedente. Che dire? C’è forse qualcosa che non va? E che cosa è che mina il rapporto medico-paziente snaturandolo addirittura?

La sfiducia verso la professione medica nasce sicuramente da certi comportamenti malsani della sanità, materia su cui è ancora la legge a dover intervenire. E’ auspicabile quindi che vengano adottate norme che scoraggino da una parte il contenzioso dei pazienti e dall’altra l’atteggiamento difensivo dei medici che crea sfiducia verso tutta la categoria. L’informazione, dal canto suo, può fare molto spiegando meglio in cosa consiste quella generica e scandalosa “malasanità” di cui si parla tanto. Ma il problema c’è. E’ psicologico, oltre che economico e sanitario, e per eliminarlo dovrà essere rimosso tutto ciò che ha alzato un muro tra due soggetti che condividono, ognuno con il proprio ruolo, la malattia, argomento su cui non dovrebbero sussistere battaglie.

Medico e paziente per natura non possono esistere l’uno senza l’altro. Il primo non può prescindere dal secondo che è suo dovere etico curare, non evitare. Entrambi sono parte dello stesso obiettivo, che è la guarigione e non la sopraffazione dell’uno sull’altro. Infine c’è da dire – per cercare di comprendere le ragioni di entrambe le parti – che chi nella malattia si è sentito accolto e curato in ogni modo possibile dal medico non sentirà il bisogno di vendicarsi con una richiesta di risarcimento in caso di un evento inatteso. Spesso è una questione di atteggiamento. Ed è questo il nodo su cui dovrà lavorare, al più presto possibile per non fare altri danni, il legislatore.

Gloria Zarletti

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