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L’eredità di Durov sarà divisa fra 106 figli

di | 2025-06-29T01:12:48+02:00 29-6-2025 0:35|Attualità, Sezione 8|0 Commenti

MILANO – Pavel Durov, fondatore e CEO dell’app di messaggistica Telegram, ha annunciato che l’intera sua fortuna, stimata in circa 14 miliardi di dollari, sarà destinata ai più di cento figli che ha generato nel corso della sua vita. Una notizia che ha fatto il giro del mondo, sollevando interrogativi, stupore e riflessioni sulle implicazioni di un simile gesto in un’epoca in cui il concetto di ricchezza, responsabilità e famiglia sta subendo profonde trasformazioni.

Pavel Durov, fondatore di Telegram

Se distribuito equamente, ciascuno degli oltre cento figli di Durov riceverebbe circa 132 milioni di dollari. Una cifra che li colloca, già in tenera età, tra i membri più privilegiati della Generation Alpha, la generazione dei nati tra il 2010 e il 2025. Un vero e proprio club dei baby miliardari, destinato a entrare nella storia della dinastia digitale.

Pavel Durov non è mai stato un personaggio convenzionale. Nato nel 1984 a San Pietroburgo, è noto al grande pubblico come il “Mark Zuckerberg russo” per aver fondato VKontakte (VK), il più grande social network dell’Europa orientale, da cui fu però estromesso nel 2014 a seguito di pressioni governative. È in quell’anno che Durov abbandona la Russia, si dichiara apolide e lancia Telegram, un’applicazione focalizzata sulla crittografia end-to-end e sulla difesa della privacy degli utenti. La sua figura ha sempre incarnato un’idea di libertà digitale radicale, spesso in contrasto con governi e normative, ma al tempo stesso ispiratrice per milioni di utenti in tutto il mondo.

Pur essendo un imprenditore celebre, Durov ha mantenuto un profilo personale estremamente riservato. Non ha mai parlato pubblicamente di relazioni stabili né di una famiglia nel senso tradizionale. È quindi con comprensibile sorpresa che il pubblico ha accolto la notizia dell’esistenza di oltre cento figli, di cui sei naturali e oltre cento concepiti attraverso donazioni di sperma. Un mosaico familiare frammentato, ma che oggi viene unificato sotto il segno di un testamento spettacolare. Secondo alcuni esperti, l’eredità potrebbe essere strutturata tramite trust offshore, veicoli giuridici capaci di garantire una distribuzione controllata e scalabile nel tempo. Ma le complessità rimangono notevoli, soprattutto se si considera l’eventualità di contenziosi tra gli eredi o i tutori legali.

La vastità della famiglia rende il testamento di Durov non solo un documento patrimoniale, ma anche un affare diplomatico e culturale. I figli di Durov, quasi tutti ancora minorenni, cresceranno in un mondo dove la sicurezza economica sarà data per scontata. Psicologi ed economisti si interrogano sugli effetti che una tale disponibilità economica potrebbe avere sullo sviluppo personale di ciascun bambino. Da un lato, la possibilità di dedicarsi liberamente a studi, viaggi, passioni e imprenditoria. Dall’altro, il rischio di alienazione, isolamento, e di vivere in una realtà distorta, priva di stimoli per l’autonomia e la resilienza. Al tempo stesso, la disponibilità immediata di capitali potrebbe facilitare percorsi di innovazione, imprenditorialità e impatto sociale. In uno scenario ottimistico, questa eredità potrebbe favorire una nuova generazione di filantropi digitali, in grado di coniugare risorse e visione.

Molti sociologi parlano già di “nuova aristocrazia digitale”, una classe di eredi nati non da casati nobiliari ma da imperi tecnologici. In assenza di modelli educativi capaci di preparare questi ragazzi alla gestione etica e responsabile del denaro, però, il rischio è che questa ricchezza finisca per schiacciarli sotto il peso delle aspettative e delle opportunità mancate. La scelta di Durov si contrappone in modo netto alla filosofia abbracciata da altri magnati della Silicon Valley. Mentre figure come Bill Gates, Warren Buffett e Mark Zuckerberg hanno aderito al Giving Pledge, promettendo di devolvere la maggior parte della propria ricchezza in beneficenza, Durov opta per un trasferimento interamente dinastico. Una decisione che ha sollevato critiche e riflessioni.

Alcuni vedono in essa un gesto elusivo nei confronti della responsabilità sociale, altri la leggono come un’affermazione radicale del diritto individuale a disporre del proprio patrimonio. Va anche sottolineato che Durov non ha mai fatto mistero della sua diffidenza verso le grandi istituzioni — statali o filantropiche — preferendo strutture decentralizzate e modelli anti-burocratici. In questa luce, la scelta di investire nei suoi figli, pur in modo atipico, può essere letta come coerente con la sua visione libertaria.

Tra le incognite principali c’è anche il destino dell’applicazione Telegram, oggi utilizzata da oltre 900 milioni di utenti e cruciale in contesti dove la libertà di espressione è limitata. Non è chiaro se la proprietà o il controllo dell’azienda sarà trasmesso agli eredi o mantenuto separato dall’eredità finanziaria. L’eventuale frammentazione delle quote potrebbe compromettere la stabilità gestionale della piattaforma, o viceversa, aprire scenari di rinnovamento guidati da una nuova generazione di digital heirs. In assenza di una figura designata come successore operativo, la governance dell’azienda potrebbe dover essere delegata a fondazioni o consigli fiduciari. Un modello che implicherebbe la separazione tra proprietà e direzione strategica, già adottato da altri colossi del tech.

Nel mondo dell’economia digitale, dove il valore può accumularsi in tempi rapidissimi e scomparire altrettanto velocemente, la scelta di Pavel Durov riscrive i paradigmi di ciò che intendiamo per successione, paternità e responsabilità. Con un gesto che ha del mitologico — il miliardario che lascia tutto a una stirpe diffusa in ogni angolo del pianeta — Durov ci obbliga a interrogarci su cosa significhi davvero “lasciare qualcosa”. Quali valori, oltre al denaro, verranno consegnati alle generazioni future? È una storia che ha il sapore del romanzo postmoderno, un racconto che intreccia tecnologia, individualismo, utopia e provocazione. E se il mondo guarderà con curiosità alle vite di questi giovanissimi milionari, la vera eredità potrebbe non essere solo economica, ma anche simbolica: un monito sul potere della ricchezza, sulla fragilità delle scelte e sulla responsabilità che ogni lascito — materiale o ideale — porta con sé.

Ivana Tuzi

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