VITERBO – Si tratta di un esercizio molto semplice, ma estremamente interessante, che invita a esplorare il potere della mente e delle emozioni. Bisogna immaginare e osservare, come semplici spettatori, una scena tratta delle strofe di una poesia, come se fosse un filmato. Lo scopo è provare a cogliere e a comprendere lo stato d’animo del poeta nel momento stesso in cui ha scritto quei versi.

Giuseppe Ungaretti
La poesia infatti, come ben sappiamo, è l’espressione più profonda e intima del pensiero e delle emozioni dell’autore, raccontata in versi attraverso le sue parole. Provate a immaginare di trovarvi in piena notte in una radura deserta, immersi nel buio più completo. Il silenzio è profondo e l’unico suono che interrompe questa quiete è quello di rumori lontani, vagamente minacciosi. Non c’è luce né colori, nessuna città nelle vicinanze, solo l’oscurità che avvolge tutto. Poi pian piano, quando gli interminabili minuti della notte stanno scivolando via, i primi chiarori dell’alba iniziano a diffondersi nell’aria, portando con sé nuovi colori e i contorni dell’ambiente circostante.
Le forme cominciano a delinearsi e, con esse, il buio svanisce lentamente. Infine, quasi improvvisamente, il sole sorge dalle alture, imponendosi con la sua maestosa potenza e illuminando l’ambiente circostante in ogni sua parte, fin dove lo sguardo riesce ad arrivare e anche oltre, fino all’infinito. Il buio delle tenebre si dissolve all’istante lasciando spazio alla luce che dà vita a una nuova giornata. Ed è proprio in questo preciso momento che attraverso le sue parole, Giuseppe Ungaretti nella poesia Mattina, riesce a trasmettere con estrema sintesi la sua straordinaria forza emotiva: “M’illumino d’immenso”.
Così, con sole quattro parole, il poeta riesce a comunicare, in modo meraviglioso l’intensità dell’emozione provata in quell’attimo. Di certo non poteva usare parole più belle per esprimere con tale potenza le proprie sensazioni. È davvero straordinario come una frase così breve possa contenere questa smisurata energia.

Giacomo Leopardi
Proviamo ancora per una volta a entrare nel mondo della poesia, magari soffermandoci soltanto sui versi iniziali di un componimento poetico. Immaginate ora una nuova scena, con tutt’altra ambientazione, e di trovarvi un po’ in disparte, come spettatori silenziosi, mentre osservate una giovane ragazza che, mentre il sole inizia a tramontare, fa ritorno dai campi e si avvia verso il centro del paese. Con sé porta un fascio d’erba, e nella mano tiene un mazzolino di rose e viole: fiori che utilizzerà il giorno seguente, domenica, per adornare con grazia il suo abito e i suoi capelli. Poco distante, seduta sui gradini insieme alle vicine, una donna anziana filando la lana volge lo sguardo verso l’orizzonte, verso il crepuscolo. Nel suo sguardo e nelle sue parole affiora il ricordo della giovinezza, quando anche lei, giovane e bella, si preparava per la domenica ed era solita andare a danzare con coloro che, come lei, erano allora nel pieno della gioventù.
Il sabato del villaggio di Giacomo Leopardi prosegue oltre questi versi, ma soffermiamoci per un momento su questa prima parte, al fine di cogliere con quanta eleganza emotiva e sensibilità espressiva il celebre poeta abbia saputo descrivere un momento semplice, ma profondamente vissuto, della quotidianità che un tempo animava la vita dei nostri borghi: “La donzelletta vien dalla campagna, in sul calar del sole, col suo fascio dell’erba; e reca in mano un mazzolin di rose e di viole, onde, siccome suole, ornare ella si appresta dimani, al dì di festa, il petto e il crine. Siede con le vicine su la scala a filar la vecchiarella, incontro là dove si perde il giorno; e novellando vien del suo buon tempo, quando ai dì della festa ella si ornava, ed ancor sana e snella solea danzar la sera intra di quei ch’ebbe compagni dell’età più bella”.
Emozioni profonde, sentimenti intimi, frammenti di intensa sensibilità dell’esistenza vissuta: forse è in tutto questo che si cela il vero senso della vita. Chissà se questo segreto è custodito nei versi dei grandi poeti. C’è un solo modo per scoprirlo: continuare a leggere poesie.
Paolo Paglialunga
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