/, Sezione 6/L’ara di Iside, il culto egizio che affascinò l’impero romano

L’ara di Iside, il culto egizio che affascinò l’impero romano

di | 2021-02-19T18:41:19+01:00 21-2-2021 6:25|Cultura, Sezione 6|0 Commenti

AMELIA (Terni) – Otto anni fa in località San Pancrazio fu scoperta un’ara con la scritta “SACR(UM) ISIDI”, cioé “sacro a Iside”. Una bella rarità, perché il culto della dea egizia si sapeva soprattutto coltivato a Roma in epoca repubblicana e rilanciato dopo l’arrivo nell’Urbe di Cleopatra, alla quale Cesare concesse di costruire un tempio alla divinità addirittura nel Campo Marzio (240 metri di lunghezza – più del doppio di un terreno da gioco del calcio – e 60 metri di larghezza). L’ara di Amelia – rinvenuta nel 2012 fra Montenero ed il bivio di Penna – testimonia quindi una presenza folta e attiva di fedeli dei misteri isiaci nell’Umbria meridionale e nella Media Valle del Tevere.

Amelia, antichissima città dell’Umbria, si segnala pertanto anche per questa curiosità storica, culturale e religiosa. Iside, il cui simbolo caratteristico era rappresentato dal fiore di loto, veniva considerata nella cosmogonia egizia, protettrice della maternità e della fertilità. Figlia di Nut (il firmamento) e di Seb (la terra) aveva per fratelli, tra gli altri, Seth e Osiride. Da quest’ultimo concepì, pur restando vergine, il figlio Horus. Chiamata “la dea dai molti nomi” – ma anche l’immortale, l’ineffabile, la donatrice di vita, la regina del cielo e tante altre definizioni – vantava templi a lei dedicati a Pompei, Ercolano, Firenze, Roma (numerosi, il più importante, l’Iseo), Benevento, ma anche in Sicilia e Sardegna. Quali attributi le venivano riconosciuti il serpente, il sistro, l’anfora, le rose, lo scorpione, l’avvoltoio, la mucca, il canopo, il nodo di Iside, la luna, le stelle, la sfinge, il gatto.

A Roma in epoca repubblicana ed anche in età imperiale non erano mancati problemi per i sacerdoti e le sacerdotesse di questa divinità “straniera”: più volte nel decennio 58-48 aC gli altari e le statue della dea vennero distrutti; dopo la battaglia di Azio, dove Cleopatra e Marco Antonio vennero sconfitti, sacerdoti e fedeli subirono pesanti persecuzioni, con punte particolari sotto Augusto e Tiberio (la statua di Iside gettata nel Tevere, i suoi sacerdoti crocifissi). Quando salì al trono Caligola, invece, l’imperatore organizzò perfino le Isia, festività in onore della dea, fissate tra fine ottobre ed inizi di novembre, che si svolgevano al Campo Marzio. Un’altra festa importante (se ne contavano anche di minori) cadeva a marzo e durava tre giorni: il “Navigium Isidis”, detto così in quanto, la divinità veniva considerata pure protettrice dei naviganti.

Anche i successori di Caligola si dimostrarono favorevoli al culto (Claudio e Nerone), tanto da farlo entrare ufficialmente nel panteon romano. Vespasiano, addirittura, appena tornato vittorioso dalla Guerra Giudaica, si ritirò in preghiera, pubblicamente, nel tempio della dea (fonte: Flavio Giuseppe). A quel punto i devoti della dea egizia aumentarono in tutte le classi sociali (dagli schiavi ai liberti fino alla famiglia imperiale) con Traiano, Adriano, fino a Settimio Severo, la cui moglie, Giulia Domna, si disse fosse iniziata ai misteri isiaci. Con l’avvento di Costantino e del cristianesimo come religione di stato, il culto perse gran parte del suo “appeal”.

Sparì completamente con Teodosio I che proibì tutti i riti pagani. Di questa religione trattano il papiro di Ossirinco (II sec. aC) ed in modo particolareggiato le Metamorfosi di Apuleio (Lucio Apuleio, nord africano di Madaura centro dell’attuale Algeria, nato nel 125 dC e morto dopo il 170 dC), che mette in bocca alla dea l’incipit “Io sono la genitrice dell’universo, la sovrana di tutti gli elementi, l’origine prima dei secoli…”.

I sacerdoti di Iside (chiamati pastophori, perché sfilavano in processioni innalzando piccole edicole con le immagini della “regina del cielo”) si presentavano con la testa completamente rasata ed una veste di lino bianca, lunga e senza maniche; le sacerdotesse, anche loro vestite di bianco, ma ornate di fiori, si distinguevano, al contrario, per le chiome fluenti. Le feste e le processioni, a parte il sacrificio cruento di un bue o di altri animali, risultavano di tipo festoso, allegro, gioioso, ulteriormente allietato da musiche, danze e canti, in quanto Iside rappresentava la celebrazione della vita (era venerata come dominatrice dei tre mondi: sotterraneo, terrestre, celeste).

Elio Clero Bertoldi

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi